cianciulliCome sapeva fare il sapone Leonarda Cianciulli non lo sapeva fare nessuno.

Potrebbe riassumersi un questa frase  il senso della storia che sto per raccontarvi, per presentarvi la storia di una donna, Leonarda, nota ai più come la saponificatrice di Correggio.

La storia di Leonarda Cianciulli è triste già ancora prima di cominciare. Sua madre, Emilia di Nolfi, viveva a Montella, Avellino. Nel 1893 subì lo stupro da parte di un ragazzo del suo stesso paese, e da quello stupro Emilio si ritrovò incinta. I genitori delle due famiglie, per evitare che in paese scoppiasse uno scandalo ancora più grosso (impensabile che una ragazza di buona famiglia come Emilia fosse rimasta incinta, senza essere sposata!, e impensabile che la ragazza fosse stata violentata da un ragazzo di buona famiglia!), combinarono in fretta e in furia un matrimonio riparatore, più che altro per evitare allo stupratore il carcere, e obbligarono i due giovani a vivere sotto lo stesso tetto. Emilia avrebbe tanto voluto abortire quel bambino non desiderato e frutto di violenza, ma il 14 aprile 1894 nacque Leonarda.

La piccola, figlia di un amore malato, era odiata non solo dai genitori, ma anche dalle famiglie d’origine dei genitori, che la ritenevano la prova vivente di uno scandalo che doveva essere nascosto, a tutti i costi. A peggiorare ulteriormente la sua situazione, Leonarda crebbe piuttosto gracilina, si ammalava costantemente e soprattutto soffriva di crisi epilettiche. I genitori la trattavano male, picchiandola per sciocchezze.

Poi, il padre biologico di Leonarda Cianciulli morì quando la bambina era molto piccola, e poco tempo dopo la madre Emilia sposò Mariano Cianciulli, un allevatore di bestiame. Dalla nuova unione nacquero altri 5 figli, e ciò peggiorò notevolmente la situazione di Leonarda, che si sentiva sempre più come un’estranea in famiglia, nonostante fosse la più vecchia, e veniva trattata male da tutti, ma soprattutto dalla madre, che vedeva in lei il frutto della violenza subita da giovane.

Leonarda veniva lasciata sempre da sola, i fratelli non giocavano con lei, anche perchè i genitori avevavano insegnato loro a ignorarla completamente, e a trattarla come se fosse una serva. Questo clima familiare sfociò nella bambina con una serie di disturbi della personalità, e Leonarda iniziò a isolarsi sempre più spesso, passando tutto il tempo a giocare, chiusa nella sua stanza, in compagnia di amici immaginari.

Fino all’età di 10-12 anni la sua vita era un inferno e Leonarda, stanca di questa non-vita, tentò più volte di porre fine alla sua esistenza suicidandosi, senza però mai riuscirvi: le due volte che tentò di impiccarsi, una volta si spezzò la fune, un’altra volta arrivarono in tempo per salvarla. In un’occasione Leonarda tentò di ingoiare dei cocci di vetro, ma non accadde nulla, così come non accadde nulla quando s’infilò in gola due stecche del busto di sua madre.

Poi, Leonarda Cianciulli dovette andare a scuola, e finalmente per lei le cose cambiarono. Il suo aspetto (non era bellissima ma neppure sgradevole, e si sviluppò molto precocemente) le permise di farsi molti amici e amiche (amici maschi soprattutto) che iniziarono ad ammirarla per le precoci esperienze sessuali che Leonarda ebbe con uomini molto più grandi di lei, che evidentemente volevano solo approfittarsi dell’inesperienza della ragazzina.

Tuttavia, a casa la situazione non migliorò affatto, e anzi, le angherie dei fratelli e della madre aumentarono.

A vent’anni si verificò lo strappo definitivo con la famiglia: Leonarda sposò infatti un impiegato comunale, Raffaele Pansardi, e il gesto fu considerato un affronto da parte della madre, che da tempo meditava di farla sposare con un lontano cugino.

La madre Emilia non accettò quest’affronto da parte di Leonarda, e il giorno del matrimonio si presentò alle nozze della figlia, le prese la mano prima che Leonarda entrasse in chiesa e le disse: “Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti i figli tuoi moriranno. Vedo nella tua mano destra il carcere e nella sinistra il manicomio”. Poi non entrò in chiesa e se ne andò, completando quindi la “punizione” nei confronti della figlia ribelle.

Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti i figli tuoi moriranno

Leonarda Cianciulli sembrò non badare alla maledizione lanciatale contro dalla madre: col marito andò a vivere ad Ariano Irpino, e restò subito incinta, ma perse il bambino. Fu allora che Leonarda iniziò a ripensare alle parole della madre, e ammise che la maledizione aveva avuto effetto quando, delle 17 gravidanze che ebbe, 10 si conclusero con un aborto spontaneo e tre bambini, nati, morirono nella culla.

Sopravvissero solamente 4 figli: Giuseppe, il figlio maggiore e il prediletto di Leonarda, Bernardo, Biagio e Norma. I bambini divennero un’ossessione per Leonarda, che voleva salvare loro la vita, a tutti i costi.

Poi, nel 1930, ci fu il tragico terremoto dell’Irpinia, la loro casa venne distrutta e i coniugi Pansardi caddero in rovina. Furono costretti a trasferirsi a Correggio, una frazione di Reggio Emilia, dove Raffaele Pansardi aveva dei parenti.

Ma la maledizione di Emilia li seguì fin a Correggio: i rapporti tra Leonarda Cianciulli e il marito Raffaele iniziarono a incrinarsi, poichè l’uomo, basandosi sul proprio status di terremotato, era convinto che lo Stato gli avrebbe passato dei cospicui sussidi per continuare a vivere. Così non cercò lavoro, e continuò a vivere dei sussidi stanziati dallo Stato. Ma anzichè spendere quei pochi soldi per la famiglia, passava il suo tempo al bar con gli amici, a ubriacarsi, e alla moglie che gli rimproverava di non fare abbastanza per trovarsi un nuovo lavoro, Raffaele rispondeva che ci avrebbe pensato l’indomani.

Così, fu Leonarda a doversi impegnare a cercare un’occupazione, e iniziò a vendere abiti usati al mercato. E poi si trovò un’attività ancora più redditizia, iniziando a leggere la mano e le carte a chiunque glielo chiedesse. E la gente, affascinata dal suo aspetto e credendola una sorta di strega, si rivolgeva a lei sempre con più frequenza. Così, molto denaro iniziò a circolare a casa Pansardi, ed era tutto merito di Leonarda. La donna, con i soldi guadagnati, prese a servizio una collaboratrice domenstica che doveva aiutarla a gestire la casa e i quattro figli, mentre lei si dedicava al commercio e alla cartomazia, e buttò fuori di casa il marito fannullone e ubriacone.

Arrivò così il 1939, anno terribile in cui si paventava lo spettro di una grande guerra alle porte…e Giuseppe, il figlio prediletto di Leonarda, dovette partire per il servizio militare. Bernardo e Biagio, invece, frequentavano il ginnasio e Norma, l’ultima figlia, andava ancora all’asilo.

Fu allora che Leonarda fu tormentata da incubi sempre più frequenti, in cui risentiva le atroci parole della madre. A peggiorare la situazione, aveva avuto una visione: la Madonna con Gesù bambino in braccio, tutto nero, che le disse che avrebbe potuto scongiurare la maledizione solo se avesse sacrificato una vita umana per ciascusa delle persone che desiderata proteggere. 4 vite umane in cambio della vita dei suoi 4 figli.

Vedo nella tua mano destra il carcere e nella sinistra il manicomio

cianciulli vittime
Le tre vittime di Leonarda Cianciulli

Leonarda Cianciulli, così, iniziò a cercare le vittime per i suoi sacrifici, convinta di doverlo fare anche a causa di alcune letture che aveva fatto, libri sulla magia nera e sul malocchio, e trovò le sue vittime sacrificali in tre amiche, che frequentavano assiduamente casa di Leonarda per per consulti di cartomanzia.

Ermelinda Faustina Setti, ingredienti di prima scelta

La prima vittima fu Ermelinda Faustina Setti, 73 anni: nella primavera del 1940, la Cianciulli le disse di aver contattato un uomo di Pola, che si era detto interessato a lei e disposto a sposarla. Leonarda consigliò Faustina di vendere tutto, senza farne parola con nessuno, al fine di evitare invidie e maldicenze da parte delle amiche, e di partire per Pola immediatamente. Faustina la ascoltò e fece esattamente quanto Leonarda le aveva detto, anche perchè la donna le leggeva le lettere d’amore che l’uomo di Pola le inviava…ma Faustina era analfabeta, e quelle lettere le aveva scritte Leonarda stessa, al fine di carpire la totale fiducia della donna. Poi, arrivò il giorno in cui Faustina avrebbe dovuto partire per Pola per raggiungere il suo amato, ma prima di andarsene si recò da Leonarda per salutarla… ma la cartomante l’aspettava con una scure in mano, e la povera Faustina non ebbe neanche il tempo di accorgersi della presenza dell’arma che si ritrovò a terra, morta, col cranio spaccato.

Leonarda trascinò il cadavere nella cantina, la fece a pezzi e raccolse il sangue in un catino. E poi s’ingegnò su come far sparire i pezzi del corpo di Faustina.

Gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica che avevo comperato per fare il sapone e rimescolai il tutto finché tutto si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa che vuotai in un vicino pozzo nero. Aspettai che il sangue si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina e mescolai il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io…

Questo che avete appena letto è il resoconto fatto dalla stessa Leonarda, e contenuto nel suo Memoriale, intitolato Confessioni di un’anima amareggiata (sul quale però sono stati avanzati molti dubbi, in primis sull’autenticità) che raccoglie dettagliatamente tutte le notizie sulla sua vita e il suo operato.

Leonarda fece mangiare i biscotti ai figli, perchè in questo modo avrebbero assimilato il sangue della vittima sacrificale, e questo, nelle credenze della donna, li avrebbe tenuti in vita. Il tuo sangue per il mio sangue.

Qualche giorno dopo, per non destare sospetti, mandò il figlio Giuseppe a Pola, col compito di imbucare le lettere che Leonarda aveva scritto, a nome dell’uomo amato da Faustina, e indirizzate ai parenti della donna, per far sì che la storia reggesse. Poi mise in vendita gli indumenti che Faustina indossava, al momento della scomparsa, e tornò a fare la vita di sempre, vendendo abiti, leggendo le carte, ma ora era un po’ più ricca, grazie ai risparmi che faustina aveva portato con sè, per la sua fuga a Pola, e che Leonarda aveva preso per sè.

Francesca Soavi, soavemente maestra

La pentola usata per la saponificazione delle vittime e gli strumenti usati per tagliare i cadaveri

La seconda vittima si chiamava Francesca Clementina Soavi, 55 anni, e anche lei sognava di lasciare Correggio per andare altrove a cercare fortuna. Leonarda iniziò a pensare, e alla fine raccontò a Francesca che a Piacenza c’era un collegio femminile, gestito da un suo parente, che neanche afarlo apposta cercava nuova forza lavoro. Francesca sembrava proprio la persona perfetta per quel collegio, e Leonarda la convinse, come aveva fatto con Faustina, a trasferirsi subito a Piacenza, vendendo tutto quello che aveva, per iniziare a lavorare già nel settembre 1940. Le raccomandò, come sempre, di non farne parola con nessuno, o avrebbe attirato su di sè il malocchio e avrebbe perso il lavoro.
Francesca fece come Leonarda le aveva detto, e la mattina del 5 settembre 1940, con tutti i suoi risparmi chiusi in borsa, andò a Leonarda per ringraziarla e salutarla, prima di iniziare la nuova avventura. Leonarda le suggerì di scrivere due cartoline, che avrebbe spedito direttamente da Piacenza una volta arrivata, per annunciare ai parenti la sua partenza. Francesca forse le chiese il motivo di tanto anticipo: meglio fare le cose per tempo, una volta a Piacenza la nuova vita avrebbe assorbito totalmente Francesca, e la donna non avrebbe avuto certo il tempo per scrivere ai parenti. Meglio farlo subito, per guadagnare tempo… inviare le cartoline avrebbe richiesto solo pochi attimi.
Francesca evidentemente le credette, e scrisse le due cartoline. Non appena ebbe finito, Leonarda si avventò su di lei e la uccise. E poi fece sparire il suo corpo con la stessa tecnica usata con Faustina.

Da quel secondo omicidio guadagnò appena 3000 lire, poichè Francesca aveva portato con sè solo i suoi risparmi liquidi. Non aveva venduto nulla dei suoi possedimenti, contravvenendo alle indicazioni di Leonarda, ma la donna non si perse d’animo. Attese qualche giorno dopo che il figlio Giuseppe, inviato a Piacenza per spedire le cartoline, fosse tornato, e quindi andò dai parenti di Francesca, raccontando loro che la donna l’aveva incaricata di vendere tutti i suoi beni e i mobili. I parenti della donna non batterono ciglio, e con questa truffa Leonarda riuscì a guadagnare un discreto gruzzoletto.

Virginia Cacioppo, grassa e saporita

La terza e ultima vittima fu Virginia Cacioppo, una ex cantante lirica di 50 anni, che non attraversava un buon periodo, e cercava non l’amore, ma una nuova occasione, forse l’ultima, per risalire sul palco e dimostrare a tutti che la sua voce era ancora quella di quando, giovane, aveva avuto onori e gloria. E Leonarda Cianciulli s’inventò di conoscere un dirigente teatrale, che ben conoscendo le doti canore della Cacioppo, le offriva un incarico a Firenze come segretaria, e che le avrebbe anche dato la possibilità di risalire su un palco come soprano.

Virginia era una donna molto chiacchierona, avezza ai pettegolezzi, e anche questa volta Leonarda le raccomandò di non dire nulla, e le rivelò che l’uomo era stata un suo vecchio amante, e che non voleva si sapesse che i due si frequentavano ancora.

Virginia, entusiasta della proposta, in fretta e in furia si preparò per andare a Firenze, ma come vedremo non ascoltò le raccomandazioni di Leonarda, e quando si recò a salutare la cartomante, anche lei finiì nella cantina della donna, fatta a pezzi e messa a cuocere nel calderone.

La sua carne era grassa e bianca; quando si fu sciolta aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili.
Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente saporita.

Leonarda aveva quindi salvato tre dei suoi quattro figli. Restava un’ultima cosa da fare, versare il sangue del quarto innocente per salvare la quarta vita, quella di Norma.

E Leonarda avrebbe forse commesso il suo quarto e ultimo omicidio se non fosse che la cognata di Virginia Cacioppo, Albertina Fanti, era stata informata della proposta di lavoro che Virginia aveva ottenuto e accettato. Albertina fu incaricata dalla famiglia della cugina di occuparsi delle proprietà della donna, che dovevano essere parecchie, visto che a suo tempo Virginia era davvero una cantante famosa, e fu incaricata di vendere la casa della cantante. Albertina si mise in contatto più volte con Virginia, ma non ricevendo risposta, andò personalmente a Correggio.

Non trovando Virginia, ne denunciò la scomparsa. Poi, dal momento che le autorità non si occuparono della vicenda, dimostrando scarso interesse, risalì all’indirizzo del teatro nel quale Virginia aveva detto che sarebbe andata a alavorare, e si recò personalmente a Firenze. Ma giunta a Firenze, l’amara scoperta. Il teatro non esisteva nemmeno.

Allora Albertina Fanti si rivolse al comando dei carabinieri di Reggio Emilia, dove incontrò il maresciallo Serrao, che ascoltò con interesse la storia narrata da Albertina e iniziò a indagare. Subito i sospetti ricaddero su Leonarda Cianciulli, che la chiacchierona Virginia aveva nominato più volte, indicandola come la benefattrice che le aveva trovato il lavoro.

Ad aggravare ulteriormente il quadro, intervenne un caso fortuito: il parroco della chiesa di S. Giorgio a Correggio aveva appena depositato in banca un Buono del Tesoro che apparteneva a Virginia, e disse di averlo ricevuto da un amico della Cianciulli, che a sua volta lo aveva ricevuto dalla cantante come saldo di un debito. Una matassa decisamente intricata, troppi passaggi, troppe persone coinvolte…troppi dubbi.

Leonarda Cianciulli, la saponificatrice

cianciulliE infatti il maresciallo indagò anche su questo Buono, e le tracce portarono a Leonarda. Ma come avrebbe potuto quella donna bassa, grassottella, simpatica, sempre sorridente e amata da tutti, aver commesso un omicidio? Però Leonarda alla fine confessò, quando il figlio prediletto, Giuseppe fu accusato dagli inquirenti di essere l’esecutore materiale degli omicidi.

E poi, durante il processo, Leonarda Cianciulli ricevette la “visita” della Madonna col bambino nero tra le braccia, che le suggeriva di costituirsi. Il processo fu rimandato a dopo la guerra e nel 1946 Leonarda Cianciulli dichiarò di aver operato da sola, senza che i figli sapessero nulla e che Giuseppe l’aveva aiutata a spedire le lettere restando però all’oscuro sia del contenuto delle stesse sia del motivo per cui doveva spedirle.

Gli inquirenti però continuavano a nutrire dubbi sul coinvolgimento di Giuseppe: troppo pesanti i cadaveri, com’era possibile che una donna come Leonarda, con la sua età, fosse riuscita a sollevare i cadaveri, sezionarli e poi fabbricare le saponette?

Leonarda, in tribunale, chiese di poter effetturae una dimostrazione pratica, e davanti agli occhi esterrefatti dei magistrati e degli avvicati, chiese che le fosse portato un cadavere (un vagabondo morto in ospedale), e lo sezionò, procedendo poi alla saponificazione. Il tutto in 12 minuti netti e senza l’aiuto di nessuno.

Quella prova fece scagionare il figlio Giuseppe e Leonarda Cianciulli fu riconosciuta colpevole di tre omicidi, condannata a 30 anni di reclusione e a tre anni di manicomio giudiziario.

In carcere scrisse il suo memoriale, intitolato Confessioni di un’anima amareggiata, che contiene il resoconto di tutte le atrocità vissute, e commesse. Morì il 15 ottobre 1970, nel manicomio giudiziario femminile di Pozzuoli, per un’apoplessia cerebrale che non le lasciò scampo.

e così ebbe luogo anche la seconda parte della profezia-maledizione della madre: «…Vedo nella tua mano destra il carcere e nella sinistra il manicomio…».

 

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