screenshot.935Se vi piace navigare, e magari possedete il brevetto nautico, sperate con tutte le forze di non fare mai naufragio nella costa occidentale dell’Australia. Non fareste mai ritorno in patria. Perchè questo arcipelago di isolette basse, che territorialmente appartengono all’Australia, e si affacciano sull’oceano Indiano, sono, da sempre, considerate maledette.

Non solo per le sciagure che vi sono avvenute, come vedremo, ma anche perchè probabilmente nelle loro sabbie più profonde è sepolto un amuleto che, appartenuto a una principessa maori, avrebbe il potere di attirare la sventura su chiunque lo possieda.

Molti lo hanno cercato, ma nessuno l’ha trovato. Eppure tutti quelli che naufragano qui hanno subito, chi più chi meno, terribili sventure.

Avete mai sentito parlare di Houtman Abrolhos, la laguna dei mille cadaveri? è uno dei luoghi più infestati al mondo


OLYMPUS DIGITAL CAMERANessuno conosceva queste isolette orlati di scogli, situate quaranta miglia al largo dell’Australia occidentale, fino a quando la Batavia, nave che batteva bandiera Olandese delle Indie orientali, che faceva rotta verso Giava, il 4 giugno 1629 vi si schiantò contro. A bordo c’erano 320 persone. Alcuni dei marinai e dei passeggeri annegarono nelle acque australiane tentando di arrivare a riva, ma la sorte della Batavia non è rosea come ci si potrebbe immaginare.

A bordo della nave, infatti, il capitano Ariaen Jacobsz decise di allontanarsi a bordo di una scialuppa, assieme al rappresentante della Compagnia delle Indie, Francis Pelsaert, e a una quarantina di membri dell’equipaggio, per andare a cercare soccorsi, lasciando la nave nelle mani dell’intendente aggiunto della Batavia, Jeronimus Cornelisz. Credeva forse il capitano che questo ex farmacista, uomo apparentemente tranquillo e fidato, potesse essere di grande aiuto ai superstiti, ma si sbagliava, e molto. Cornelisz infatti non era solo un gran farabutto, interessato al carico economico che la Batavia trasportava, più che al carico umano, e mise in atto con una decina di marinai suoi fedelissimi, un piano a dir poco macabro.

Persuadendo i fedelissimi dell’impossibilità di nutrire tutti i superstiti del naufragio, ordinò l’eliminazione metodica di una parte dei passeggeri: trasferì gruppi di naufraghi su isolotti che sapeva essere sprovvisti di riserve d’acqua dolce; annegò i più deboli; mise a bordo di scialuppe sgangherate altri naufraghi, vedendoli scomparire nelle acqua dell’Oceano quando le scialuppe si ruppero, incapaci di sopportare tanto peso; avvelenò altri naufraghi. A poco a poco, però, i superstiti iniziarono a comprendere il disegno di Cornelisz, e a quel punto i sicari dell’uomo non esitarono a metterli a tacere con la spada, dando vita a una battaglia. Furono inizialmente salve solo le donne, considerate “merce” preziosa, e di cui Cornelisz e la sua banda voleva ora volentieri disporre, dopo mesi passati in mare senza mai vedere una donna… ma anche queste ben presto, dopo giorni di violenze e sevizie, morirono, chi proprio per le violenze patite, chi per suicidio: meglio la morte che venir violentate ripetutamente da decine di marinai.

Rat_Island_(Houtman_Abrolhos)_photo_2La mattanza di Cornelisz, che nel frattempo aveva ucciso quasi tutti i superstiti, ebbe fine quando giunse sul posto la nave Saerdam, allertata dal comandante che nel frattempo era riuscito ad arrivare a Giava. Di fronte a quella carneficina, gli ufficiali della Saerdam organizzano un processo sul posto, al termine del quale Cornelisz e i suoi sei fedelissimi sono condannati a morte per impiccagione, per aver provocato la morte di 200, tra uomini e donne.

Ma non è tutto: il 9 giugno 1727 un’altra nave olandese, la Zeewijk, in rotta verso Giacarta, naufraga sugli stessi scogli. Per fortuna non ci fu nessun combattimento a terra, ma ciononostante altre 126 persone trovarono la morte in quest’arcipelago.

E che dire, poi, dei 160 schiavi che si trovavano a bordo dell‘Utile, nave della Compagnia francese delle Indie Orientali, che naufragò nei pressi dell’isola nel 1761? I membri superstiti dell’equipaggio riuscirono a ripartire due mesi dopo il naufragio con la scialuppa Provvidenza, ricavata dal relitto dell’Utile, ma la stessa benevole sorte non toccò agli schiavi, che furono lasciati nell’isola di Tromelin (che significa “isola di sabbia”) in attesa di essere recuperati… un’attesa durata 14 anni (!!!): solo nel 1776, infatti, arrivò a Tromelin la nave La Dauphine, che accolsero i superstiti di quel naufragio: 8 persone, sette donne e un bambino.

E Houtman Abrolhos continua a mietere vittime…forse tutti alla ricerca dell’amuleto della principessa maori?

 

FONTE: https://anmm.wordpress.com/tag/houtman-abrolhos/

 

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4 pensiero su “Houtman Abrolhos, la laguna più infestata al mondo”
  1. E’ sempre un piacere poterti rileggere.
    Senti, a proposito, tu che un tempo cercavi notizie sui misteri veneti, hai mai sentito parlare della “Valle dei 7 Morti”?
    Ci volevo scrivere un post sopra, ma se vuoi ti lascio volentieri l’argomento.

    1. ciao zio NIck, sì la conosco bene quella leggenda, e difatti, tanto per restare in tema di lagune infestate, sarebbe stato il prossimo post…ma fai pure, coi mille impegni che ho chissà quando e se riuscirò a scriverla…ti linkerò! ciao

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