Orario per me inconsueto per pubblicare un post, ma ho scoperto una nuova storia che desidero proporre ai miei amici del blog.
È una storia-leggenda che ho scovato su internet, e facendo alcune ricerche nella Rete ho trovato alcuni dettagli che nella versione online non erano riportati, e in più ho potuto interpellare un’amica che per mia fortuna abita nella zona in cui si sarebbero svolti i fatti, la quale mi ha confermato non solo la fondatezza della leggenda, ma ha anche aggiunto una curiosa e simpatica variante alla storia.
Parliamo di un luogo meraviglioso, rigoglioso e perfetto per compiere lunghe passeggiate rilassanti e rinfrancanti nel bel mezzo della natura, in uno dei luoghi più suggestivi. Ci troviamo alle sorgenti del fiume Sile, nel cosiddetto “Fontanasso dea Coa Longa”.

Il termine, in dialetto veneto, significa “fontanazzo della coda lunga”, e indica il luogo in cui l’acqua nasce dalla terra zampillando, formando quella “coda lunga” che è il fiume Sile. Altra spiegazione del termine sarebbe quella secondo la quale il nome derivi dal vortice di vapor acqueo, simile a una gigantesca coda, che in occasione dei temporali usciva dalla sorgente fino a congiungersi con le nuvole che sovrastavano la palude.

L’acqua in questo fontanazzo sgorga senza sosta dalle polle, ma non si vede subito, perchè le sorgenti sono nascoste tra le piante e i rovi…riesci a sentire che c’è solo per il rumore dolce che fa, gorgogliando… vedi il ruscello uscire dalla terra, e lo vedi mentre si fa largo tra le erbe di palude, creando un rigagnolo limpidissimo. Il luogo, un tempo assolutamente selvaggio, mantiene il suo antico mistero, e lo si può assaporare ogni istante. Le risorgive abbondano di storie paurose: venerate dagli antichi, la loro storia si mescola di leggende pagane e cristiane. Si racconta che interi villlaggi siano stati inghiottiti dalle polle, e addirittura che eserciti numerosissimi abbiano trovato la loro fine tra queste acque, placide ma nello stesso tempo traditrici, se non le si conosce.
Il Fontanasso dea Coa Longa nasconde una di queste leggende, che non attende altro che essere portata alla luce e raccontata. Ed è quello che intendo fare.

Siamo all’incirca nella seconda metà del 1600, in una località del territorio di Piombino Dese identificata nell’attuale Torreselle. Qui, una nobildonna della potente famiglia Cornaro stava transitando sulla sua carrozza, dirigendosi verso la villa di famiglia che ancor oggi si trova a Piombino Dese. Alcune versioni della leggenda identificano questa dama come la regina Caterina Cornaro, altre ancora come la potente Fiorenza Cornaro, vedova di Giorgio Cornaro fratello della regina, ma la versione che adotto è quella che identificherebbe la Cornaro in Maria Vittoria, figlia di Elena e Giorgio Cornaro, i signori di villa Cornaro, la principesca dimora di Piombino Dese.

Maria Vittoria era malvagia e avara, ben consapevole dell’immensità dei possedimenti della sua famiglia, che si estendevano, all’epoca, a tutta l’area dell’alto Sile. Ricchissima e scontrosa, la donna non perdeva occasione per manifestare agli altri la sua superiorità. Una sera, mentre era a tavola a cenare, un mendicante bussò al portone di villa Cornaro, chiedendo ospitalità per la notte e un po’ di cibo.

Sprezzante, la donna gli rispose che per dormire poteva accomodarsi sulle braci del camino, così almeno sarebbe stato al caldo, mentre per il cibo gli disse che avrebbe dovuto accontentarsi di rosicchiare l’osso del pollo che stava gustando. Il mendicante la maledisse, dicendole che avrebbe pagato cara la sua cattiveria e la sua avarizia.

Il giorno seguente la signora, mentre passava vicino a un “fontanazzo” con la sua bella carrozza, incontrò sul suo cammino un sacerdote che andava a portare la Comunione a un moribondo. Il prete camminava nel fango, seguito da due chierichetti. Il cocchiere fermò subito la carrozza, e comunicò alla signora che dovevano attendere il passaggio del Signore del cielo. Maria Vittoria, sprezzante come sempre, rispose che aveva una certa fretta, e non aveva tempo di attendere il passaggio del sacerdote. Ordinò al cocchiere di proseguire nel cammino, perché lei era la Signora della terra, e sulla terra si trovavano, non nel cielo. Per ribadire la sua volontà, si sporse dalla carrozza e schiaffeggiò il sacerdote che intralciava il suo cammino. Il prete perse l’equilibrio e l’ostia benedetta cadde a terra, nel fango. Subito la terra si aprì con un boato e inghiottì la signora con tutta la carrozza.

Solo il cocchiere si salvò, e dal buco nel terreno che aveva inghiottito la carrozza con la padrona, vide uscire una cagna brutta e spelacchiata, che al collo portava una collana di perle: da questo elemento il cocchiere riconobbe nella cagna la sua padrona, che era solita portare spesso collane di perle per sfoggiare la sua ricchezza.
Da quel giorno la cagna, soprannominata “Cornara”, continuò a vagare abbaiando di notte, ricordo perpetuo dell’avarizia della sua padrona che l’aveva trasformata in cane.

Ancor oggi chi si reca a passeggiare nei pressi del “fontanasso dea Coa Longa” afferma di udire in lontananza un cane abbaiare furiosamente, ma per quanto scruti nel folto dei canneti e dei rovi che ricoprono l’acqua, non vede nessun cane all’orizzonte…

La leggenda, che come abbiamo visto risale al ‘600, periodo in cui la nobile famiglia veneziana Corner era effettivamente proprietaria dei terreni di Torreselle e Levada (appezzamenti che un tempo appartenevano alla comunità), forse fu narrata proprio dai contadini del luogo, che vedevano nella punizione della signora presuntuosa la giusta rivincita contro i potenti Corner.

Ho però scovato un’interessate variante di questa leggenda, meno crudele. Si racconta infatti che proprio nei pressi del fontanazzo si oda guaire disperatamente un cane, e si scorga talvolta una sagoma diafana ferma ai bordi del fontanazzo.

Tale sagoma apparterebbe a Gilda, un cane che sacrificò la sua vita per salvare quella di un bambino che era caduto nell’acqua e rischiava di annegare. Il cane riuscì a portare in salvo il bambino, ma lo sforzo compiuto gli fu fatale, e morì annegato nel fontanazzo, che, ricordiamo, è pur sempre una conca abbastanza profonda colma d’acqua zampillante, che sgorga dale profondità della terra, quindi con una temperatura molto bassa.

Da allora si dice che le persone che si avvicinano pericolosamente all’acqua, desiderose di ammirare più da vicino lo spettacolo dell’acqua zampillante dal fontanazzo, vengano avvisate del pericolo dal premuroso fantasma del cane Gilda.

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6 pensiero su “Il "Fontanasso dea Coa Longa"”
  1. Lavorando nelle scuole, proprio ieri 9/5/2018 alcune classi sono andati alla “coa longa”
    E li la guida ha raccontato un altra leggenda.
    Nel 1918 una maestra decise di portare i suoi alunni alle sorgive, benché tirasse vento e pioggia incessante.
    Arrivati davanti la sorgiva, si alzò ancora di più il vento spazzando via bambini e maestra e tutt’oggi si possono vedere i cappellini dei ragazzini appese agli alberi.

    1. Wow!! beh, grazie di questa tua testimonianza, davvero preziosa! è un’esempio di come le leggende del nostro bel Veneto non muoiano mai, anzi, continuano a crescere! Grazie ancora!

      1. Ne avevo sentito parlare di questa storia, grazie , questa é una confirmazione chiara, testimonianza apprezziata, ancora grazie . ciao.

  2. Che bellissima storia! Ma dove l’hai scovata? Per me il Sile equivale a natura e… anatre da fotografare! Non sospettavo esistesse una leggenda simile. Un’unica osservazione: la variante del cane che salva il bambino e muore a me sembra molto molto più crudele! Preferisco la punizione di un malvagio al sacrificio di un innocente. Meglio un cane vivo!

    Anatrella

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