Come ve la cavate in geografia? Se vi chiedessi quanti sono i continenti sono certa mi direste che sono 5: Europa, Asia, Africa, America e Oceania. E se io vi dicessi che in realtà potrebbero essere stati 7, perché esistevano anche Mu e Lemuria? Sicuramente molti di voi mi suggerirebbero di tornare a studiare, ma fino al secolo scorso, in verità, erano in tanti quelli che credevano che i continenti fossero, appunto, sette, e aggiungevano quelli che ho appena citato, Mu e Lemuria, al conto dei già conosciuti 5. Mu e Lemuria sono i cosiddetti “continenti perduti”.

Entrambi furono “scoperti” (o meglio, fu ipotizzata la loro esistenza) nel 19° secolo e continuano ad avere alcuni credenti anche al giorno d’oggi. I due continenti perduti sono simili per alcuni aspetti a quelli conosciuti, mentre per altri aspetti sarebbero profondamente diversi, ma tutto questo non fa altro che aumentare i dubbi su una storia davvero controversa.

Come tutti i continenti perduti, si dice che Mu e Lemuria siano stati distrutti e affondati sotto l’oceano. Nel caso di Lemuria, si diceva che alcune parti fossero affondate mentre altre rimasero in superficie, per inabissarsi in seguito. Nel caso di Mu, si diceva che il continente fosse scomparso letteralmente nello spazio di un giorno e una notte. Vi suona familiare? Certo, s consideriamo che la teoria esistenzialistica ha identificato Mu proprio in… Atlantide, anch’essa scomparsa in un giorno e una notte di catastrofe.

Lemuria

Mappa di James Churchward raffigurante Lemuria e Atlantide

Lemuria

Talvolta si dice che la Lemuria si trovasse nel Pacifico; talvolta viene collocata nell’Atlantico e talvolta nell’Oceano Indiano. Tutto iniziò all’incirca a metà del XIX secolo, quando i naturalisti cominciarono a spiegare alcune somiglianze che avevano rilevato fra specie animali e vegetali provenienti da territori separati da grandi distese d’acqua. Avevano preso come esempio il lemure, che solitamente vive in zone dell’Africa e dell’Asia che costeggiano l’Oceano Indiano. Fu Philip Sclater a ipotizzare per primo l’esistenza di questo continente: si era trovato tra le mani alcuni fossili di lemuri provenienti dal Madagascar e altri provenienti dall’India, e non capiva come questo fosse possibile, essendo i due territori separati da una lunga distesa d’acqua, e supponendo che il Madagascar fosse una parte dell’Africa.

Sclater concluse che l’habitat originario dei lemuri dovesse trovarsi in un territorio sconfinato, non più esistente, che collegava quelle aree. E così nacque il termine Lemuria. La sua teoria si è diffusa e altri ricercatori hanno trovato altre presunte ragioni per cui questa ipotesi dovesse essere vera. Dopo di lui, la teosofa Elena Blavatskij rigirò la teoria di Sclater adattandola al genere umano, sostenendo che la Lemuria fosse abitata dai “lemuriani”, ritenuti addirittura il ceppo originario del genere umano. Secondo la Blavatskij, questi uomini erano alti 4 metri e mezzo, si riproducevano come gli uccelli, ossia deponendo uova (!), avevano poteri psichici, quattro braccia, occhi molto distanziati simili a quelli dei pesci, faccia piatta con muso sporgente simile a quello d’un lupo e strani piedi, la cui conformazione permetteva di camminare avanti e indietro. Ipotesi alquanto originale, non c’è che dire.
Nonostante la teoria di Sclater sia ancora molto popolare, anche al giorno d’oggi, specie tra gli occultisti, era semplicemente errata.

Non esiste alcun continente sommerso in quella zona, ma Sclater, con i mezzi dell’epoca, certo non poteva saperlo, e basava le sue teorie su semplici supposizioni. In realtà, la tettonica a placche spiega benissimo cosa è successo in quelle zone. Non esiste alcun continente sommerso, poiché le placche della Terra muovono i continenti in direzione opposta l’una dell’altra, spiegando in tal modo perché vi sono resti di animali terrestri simili in due aree di terra separate da uno specchio d’acqua, anche enorme come un oceano. E, se anche vi fosse stato un “ponte” di terra a collegare i due continenti, che poi affondò sotto l’oceano, saremmo probabilmente in grado di vederlo con tecniche di mappatura avanzate utilizzate oggi per scandagliare il fondo oceanico. E sappiamo bene cosa c’è in quella zona. Il nulla.

Mu

Mu differisce da Lemuria in quanto la sua (presunta) esistenza si basava su supposizioni che non avevano nulla a che fare con la scienza. Si tratterebbe di un ipotetico continente scomparso che si sarebbe trovato nel Pacifico. Viene descritto dall’angloamericano James Churchward (1851-1936), che si basò su una traduzione, in seguito rivelatasi errata, di una composizione risalente al XIX secolo attribuita all’abate fiammingo Charles Étienne Brasseur de Bourbourg, che aveva tradotto un manoscritto Maya, il Codice Troano (facente parte del codice Tro-Cortesiano o di Madrid).  Brasseur tradusse il Codice Troano utilizzando un particolare alfabeto, e già in questo commise il suo primo fatidico errore. Brasseur infatti usò per la sua traduzione il metodo inventato nel Cinquecento da Diego de Landa, un monaco spagnolo che attraversò fasi diametralmente opposte di interesse per la cultura Maya: se in un primo momento aveva fatto bruciare tutti i testi maya che gli capitavano tra le mani, ritenendoli “superstizioni e menzogne diaboliche”, in un secondo tempo quella cultura suscitò in lui un interesse pseudo-scientifico, e iniziò ad apprenderne la scrittura, desideroso di studiare i testi di quei popoli…o almeno quelli che erano sopravvissuti ai suoi roghi. De Landa tuttavia basò i suoi studi su un presupposto errato già in partenza, ritenendo che la lingua maya fosse scritta con un alfabeto fonetico, mentre in realtà era basata su logogrammi. Sulla base di questa teoria, stilò una tavola comparativa che metteva in relazione le lettere dell’alfabeto latino e i caratteri maya, ma era una tavola del tutto errata.
Basandosi su questo alfabeto di de Landa, Brasseur tradusse il Codice Troano producendo quindi un testo incoerente e molto lontano dalla realtà, in cui descriveva l’esistenza di una terra che era sprofondata in seguito ad un cataclisma. Solo in seguito si scoprì che il codice trattava in realtà di tutt’altro argomento, cioè di astrologia, e che non veniva mai menzionata una terra scomparsa.

Trovando nel testo un paio di simboli dei quali ignorava il significato, Brasseur li confrontò con l’alfabeto stilato da di Landa, e ne trovò due che si avvicinavano a quelli del suo testo, ottenendo così la parola MU, che egli pensò si riferisse alla misteriosa terra emersa e poi scomparsa.
Tuttavia, nonostante fosse fondata su basi davvero poco solide, l’interpretazione di Brasseur venne successivamente ripresa, ampliata e resa popolare da James Churchward, colonnello di Sua Maestà in pensione, che nei suoi viaggi in Oriente compiuti verso la fine dell’Ottocento, si trovò a studiare una remota civiltà scomparsa nella notte dei tempi, Mu, nota anche come l’Impero del Sole, da cui sembravano provenire tutte le antiche civiltà del pianeta. Ad avergliene parlato per la prima volta fu un sacerdote di un tempio indiano, che gli riferì dell’esistenza di una serie di tavolette di terracotta, le tavolette dei Naacal. I Naacal erano una confraternita di “saggi” che provenivano, guarda caso, proprio da Mu, e proprio di Mu avevano scritto in quelle tavolette, descrivendo la bellezza rigogliosa di quella terra e il suo successivo catastrofico inabissamento.
Churchward riportò nei suoi scritti una trascrizione dell’alfabeto di Mu, ma purtroppo gli originali delle tavolette sparirono dopo che Churchward li trascrisse, quindi non c’è alcuna prova che possa in qualche modo suffragare la loro esistenza…posto che siano davvero mai esistite.
Tuttavia, dopo avere trascritto le tavolette, Churchward decise di cercare altre prove, inconfutabili, dell’esistenza di Mu, e iniziò una serie di viaggi in tutto il mondo, allo scopo di trovare i resti di quell’antica civiltà perduta e, soprattutto, del continente che l’aveva ospitata. Tutte le sue ricerche confluirono nel libro Mu, il continente perduto (Mu: The Lost Continent), pubblicato nel 1926 e aggiornato successivamente nel 1931. Secondo le descrizioni di Churchward, il continente Mu, che si trovava nel bel mezzo dell’oceano Pacifico, era un vasto territorio ondulato, avente come confine settentrionale le isole Hawaii e come confine meridionale una sorta di linea immaginaria che andava dall’isola di Pasqua alle isole Figi. Da est a ovest misurava circa 8000 km, mentre in latitudine 5000 km. Era un territorio ricco di vegetazione tropicale, solcato da grandi fiumi e con diversi laghi. Un luogo lussureggiante, abitato da sessantaquattro milioni di abitanti, divisi in dieci tribù e governati da un re, il cui nome era Ra-Mu. Molto egizia, come cosa. E difatti la religione di Mu era monoteista: esisteva una sola divinità, chiamata “Ra il Sole”, nome di comodo in quanto il suo nome non poteva mai essere pronunciato. I Muani, così si chiamavano gli abitanti di Mu, erano persone pacifiche, tranquille, credevano nell’immortalità dell’anima e del suo ritorno a Dio.

Mu viveva in prosperità e abbondanza, ma poi, proprio nel periodo di massimo sviluppo per gli abitanti di Mu, la parte a sud del continente fu sconvolta da catastrofi vulcaniche e da maremoti, che però non minarono la civiltà: una volta ripresasi da questo periodo d’instabilità geologica, la vita su Mu riprese e vennero ricostruite le città e i templi. Era però una calma apparente, poiché dopo il primo sconvolgimento, un secondo, di portata ben maggior, rase completamente al suolo ogni costruzione di Mu. Non solo: il cataclisma fu così forte che nulla sopravvisse, a Mu, e il continente s’inabissò, sprofondando e sparendo completamente. A seguito dello sprofondamento di Mu, un maremoto di proporzioni gigantesche sconvolse tutto il pianeta, e i pochi che sopravvissero a questo disastro si salvarono raggiungendo le odierne isole del Pacifico. A poco a poco i superstiti diventarono tutt’uno con le popolazioni gi residenti in quei luoghi, le tradizioni e la cultura che fu si persero e ben presto Mu rimase solo un ricordo sbiadito.

E se Mu fosse davvero esistita?

Eppure, c’è ancora chi pensa che Mu possa davvero essere esistita: molto probabilmente non ospitò mai nessuna civiltà antica andata perduta, ma, secondo uno studio pubblicato su Nature Geoscience, nelle acque dell’Oceano Indiano un tempo poteva davvero essere esistito un continente, che scomparve, milioni di anni fa, inabissandosi sotto l’attuale fondale oceanico.

Su cosa si basa questa teoria? Secondo Bjørn Jamtveit, geologo dell’Università di Oslo, la soluzione del mistero si troverebbe nelle isole Mauritius, dove ci sarebbero tracce di una crosta continentale scomparsa. In quel luogo infatti il basalto, che si trova alla base di un continente, ha un’età di circa 8,9 milioni di anni. Ma, analizzando la sabbia di alcune spiagge dell’isola principale delle Mauritus, gli scienziati hanno individuato la presenza di 20 piccoli cristalli di zircone, minerale del gruppo dei neosilicati noto per la sua durezza e per essere molto resistente all’erosione del tempo. I dati hanno dimostrato che lo zircone analizzato sarebbe molto più vecchio del basalto delle Mauritius, e la sua età oscillerebbe tra i 660milioni e i 2 miliaridi di anni fa… decisamente molto più vecchio del basalto delle Isole Mauritius.
Questi cristalli potrebbero provenire quindi dall’antichissima crosta continentale che si troverebbe sotto il fondale delle Mauritius. A portarle in superficie, potrebbero essere state delle eruzioni vulcaniche recenti, che hanno fatto emergere queste rocce dal fondale oceanico.
A dimostrazione di questa teoria, le analisi del campo gravitazionale terrestre, realizzate negli ultimi anni dal satellite spaziale GOCE, dimostrano che l’Oceano indiano è disseminato di aree in cui la crosta del fondale oceanico appare molto più spessa del normale: circa 25-30 chilometri di spessore rispetto ai normali 5-10 chilometri.
E se lì sotto si nascondesse ciò che resta di un’antica massa terrestre, battezzata “Mauritia”, finita sommersa a causa dei grandi stravolgimenti che mutarono l’aspetto dell’area dell’Oceano indiano, milioni di anni fa?
Gli stessi sconvolgimenti che hanno spinto verso nordest il subcontinente indiano, dando vita alla catena dell’Himalaya, potrebbero essere stati responsabili della scomparsa di Mu?

 

FONTE

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Un pensiero su “Non solo Atlantide: il mistero di Mu e Lemuria”
  1. Interessante il particolare su MU che potrebbe essere davvero esistito. Inutile dire che molti -me compreso- spesso fanno confusione tra Mu e Lemuria considerandoli la stessa cosa.

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