albert fish
Albert Fish
Albert Fish, il Cannibale di Brooklyn

Albert Fish, il più spietato serial killer che gli Stati Uniti abbiano mai conosciuto. Il suo curriculum da assassino è in grado di far impallidire quelli di Ted Bundy, Robert Berdella, e perfino Richard Chase. Soprannominato talvolta il Vampiro di Brooklyn, talvolta il cannibale, diffuse il terrore in tutti gli Stati Uniti all’inizio del XX secolo, soprattutto per il suo terrificante modus operandi: Albert Fish infatti uccideva mutilando, torturando e mangiando le sue giovani vittime…

Albert, il cui vero nome è Hamilton Howard Fish, nasce il 19 maggio 1870 a Washington, in una famiglia fortemente disagiata e malata: la zia paterna era completamente pazza e soffriva di manie suicide; lo zio paterno e un fratello soffrivano di una psicosi religiosa e morirono in ospedale, completamente pazzi. Anche una sorella di Albert era affetta da una malattia mentale, ma visse fino a tarda età. Il fratello più giovane soffriva di idrocefalea e morì in poco tempo. Un altro fratello era affetto da alcolismo cronico, mentre la madre soffriva di allucinazioni. Solo il padre sembrava non essere affetto da alcuna malattia mentale, e difatti Albert individuò nel genitore l’unico punto di riferimento, fino a quando l’uomo morì e Albert, vista la famiglia in cui viveva, viene affidato a un orfanotrofio.

Lo stesso Albert era fortemente instabile di mente, come si vedrà in seguito. Il giovane Hamilton, che in famiglia viene chiamato semplicemente Albert, cresce in un ambiente decisamente poco sano, e proprio a causa di questa instabilità inizia le sue ossessioni per il peccato e per l’espiazione mediante il dolore.
I crimini di cui si macchierà nel corso della vita sono infatti da vedersi in un’ottica di deviazione religiosa: Albert infatti asserì più volte che come un angelo aveva fermato la mano di Abramo un attimo prima che uccidesse suo figlio Isacco, allo stesso modo qualcuno avrebbe dovuto fermare lui mentre commetteva gli omicidi, e se non c’era stato alcun intervento, nè umano né divino, era solo perchè le sue azioni erano ben volute dal Signore, che forse l’aveva inviato sulla terra proprio come un nuovo Messia.

Dopo la morte del padre, Albert, come detto, finì in un orfanotrofio, nella speranza che qualcuno lo adottasse: ma quando tutte le famiglie che si mostravano interessate a lui vengono a sapere i precedenti della sua famiglia, si allontanano tutti, ipotizzando (giustamente) che anche il piccolo Albert possa essere affetto da simili pazzie e turbe psichiche. In orfanotrofio venne sottoposto a ogni tipo di sevizia da parte degli altri bambini: viene picchiato e frustato, ma anzichè piangere, Albert ne gode (letteralmente), e inizia a scoprire che, in fondo, gli piace provare dolore fisico.

Nel 1879 sua madre ottenne un impiego pubblico e fu in grado di prendersi nuovamente cura di Albert. Il ragazzo iniziò, all’età di 12 anni, una relazione con un giovane telegrafista e scoprì di essere omosessuale. Iniziò a frequentare i bagni pubblici, dove può passare il tempo (e passa intere giornate) a guardare i ragazzi svestiti.

Albert rimase in orfanotrofio fino alla maggiore età, dopodichè fu in grado di mantenersi con lavoretti saltuari (tra i quali anche il gigolò, quando si offrì a uomini più grandi di lui, facendosi violentare, e violentando lui stesso i ragazzini che trova in giro). Poi, nel 1898 la madre combinò il suo matrimonio con una ragazza di nove anni più giovane di lui, con la quale ebbe sei figli. Il matrimonio sembrò andare tutto sommato bene, ma poi Albert viene arrestato nel 1903 per appropriazione indebita e condannato alla detenzione nel carcere di Sing Sing. In prigione, ebbe frequenti rapporti sessuali con altri detenuti, e sperimenta di nuovo sul suo corpo la tortura. Non la subisce, la cerca attivamente e a un certo punto inizia a sperimentare una nuova pratica, infilandosi nell’an diversi spilloni, gli stessi che verranno ritrovati più tardi quando verrà eseguita l’autopsia sul suo cadavere.

Quando esce dal carcere, nel 1917, la moglie decise di abbandonarlo, per fuggire con un ragazzo più giovane, e Albert restò da solo con i sei figli. E da questo momento Albert Fish si trasforma in uno spietato assassino….di bambini.

Il 25 maggio 1928 un giovane di 18 anni, Edward Budd, pubblicò un annuncio di lavoro sul New York World, per cercare un’occupazione e aiutare la sua famiglia, che in quel momento sta attraversando un difficile momento economico. L’annuncio venne pubblicato la domenica, e il lunedì immediatamente successivo a casa Budd si presentò un uomo anziano, distinto, che disse di chiamarsi Frank Howard. L’uomo sembra interessato ad assumere Edward ai suoi servigi. In realtà ciò che vuole Frank (che in realtà è Albert) è portarlo in un luogo isolato e ucciderlo castrandolo e lasciandolo morire dissanguato.

Questa della castrazione è qualcosa che interessò Albert fin da tempi remoti: tutto è cominciato quando un suo amante lo condusse a un museo di storia naturale, dove Fish rimase affascinato dal plastico raffigurante la sezione longitudinale di un pene. Da qui, inizia a sviluppare un morboso interesse per la castrazione, tanto che nel corso di una sua relazione un uomo mentalmente ritardato, tentò di castrarlo dopo averlo legato, ma l’uomo riuscì a fuggire.

Grace Budd

Grace Budd

Il giorno previsto per l’incontro tra Edward e Frank, però, qualcosa va storto: Frank ha un contrattempo e non riesce ad arrivare in tempo a casa Budd. Mandò una lettera per scusarsi dell’imprevisto, dando al giovane un nuovo appuntamento per il giorno seguente. Il giorno dopo, verso le undici di mattina, Frank Howard giunse a casa di Edward portando un cesto di fragole e del formaggio per scusarsi dell’imprevisto del giorno prima. Delia Budd, impressionata dai modi gentili di Frank, lo invitò a fermarsi per pranzo: voleva che il marito, Albert Budd, avesse l’opportunità di conoscere l’uomo che intendeva assumere il figlio Edward. Frank accettò l’invito e rimase in casa Budd.

 

L’anziano signore fece un’ottima impressione ai Budd, che rimasero colpiti dal suo portamento elegante, dai modi gentili e garbati, dal suo linguaggio forbito ed educato. Poi, a metà circa del pranzo, entrò in sala la figlia minore dei Budd, Grace, di dieci anni. Frank Howard si lasciò sfuggire qualche complimento, ammirando la bellezza della bambina, e le donò un dollaro per comprarsi delle caramelle.
Quindi, la invitò alla festa di compleanno che si sarebbe tenuta di lì a qualche giorno: la festeggiata era coetanea di Grace, ed era la nipotina di Frank.

I genitori della bambina non ci videro nulla di male: vollero solo informarsi sul luogo in cui Grace sarebbe andata, e Frank comunicò l’indirizzo, promettendo che avrebbe riportato a casa la bambina entro le 6 di sera. I Budd non ci videro nulla di male, e affidarono Grace a Frank.

Peccato che l’uomo non avesse alcuna nipotina, e che l’invito alla festa di compleanno era solo un pretesto per portar via la bambina… e farne ciò che aveva in mente fin dal primo momento in cui i suoi occhi si furono posati su di lei.

Dopo che Grace venne affidata a Frank, di lei non ebbero più notizie. Perchè Frank Howard, in realtà, era Albert Fish. E il sadismo dell’uomo si può condensare nella lettera che in seguito venne recapitata alla povera signora Budd sette anni più tardi la sparizione della figlia, nel novembre del 1934.

«Cara Signora Budd. Nel 1894 un mio amico, John Davis, s’imbarcò come marinaio sulla Steamer Tacoma. La nave salpò da San Francisco per Hong Kong, Cina, e quando arrivarono, lui e altri due uomini sbarcarono e andarono a bere. Quando ritornarono la nave era partita. A quell’epoca c’era la carestia in Cina. La carne, di ogni tipo, costava da 1 a 3 dollari a libbra. Talmente era grande la sofferenza tra le persone povere che tutti i bambini sotto i dodici anni venivano venduti come cibo allo scopo di evitare che gli altri morissero di fame. Un ragazzo o una ragazza sotto i quattordici anni non era al sicuro per strada. Potevate andare in qualsiasi negozio e chiedere una bistecca, delle braciole o della carne stufata. Parti del corpo nudo di un ragazzo o di una ragazza sarebbero state tirate fuori e il pezzo che volevate sarebbe stato tagliato. Il sedere di un ragazzo o di una ragazza, che è la parte più dolce del corpo, veniva venduta come costoletta di agnello e data via al prezzo più alto. John rimase lì così a lungo che iniziò ad apprezzare il gusto della carne umana. Al suo ritorno a New York rapì due bambini, di 7 e 11 anni. Li portò a casa sua, li spogliò e li legò nudi in un ripostiglio. Poi bruciò ogni cosa avessero addosso. Molte volte, giorno e notte, li sculacciava e li torturava, per rendere la loro carne buona e tenera. Per primo uccise il ragazzo di undici anni, perché aveva il sedere più grasso e ovviamente con più carne. Ogni parte del suo corpo fu cucinata e mangiata eccetto la testa, le ossa e le budella. Fu arrostito nel forno, bollito, grigliato, fritto e stufato. Il ragazzino più piccolo fu il prossimo, andò allo stesso modo. All’epoca, vivevo al 409 E 100 St., lato destro. Lui mi disse così spesso quanto era buona la carne umana che decisi di provarla. La domenica del 3 giugno 1928 vi chiamai al 406 W 15 St. Vi portai del formaggio fresco e delle fragole. Pranzammo. Grace si sedette sul mio grembo e mi baciò. Fu allora che decisi che l’avrei mangiata. Con la scusa di portarla a una festa, e voi le deste il permesso, la portai in una casa vuota a Westchester che avevo già scelto. Quando arrivammo lì, le dissi di rimanere fuori. Si mise a raccogliere fiori di campo. Andai al piano di sopra e mi strappai tutti i vestiti di dosso. Sapevo che se non l’avessi fatto si sarebbero macchiati del suo sangue. Quando tutto fu pronto andai alla finestra e la chiamai. Allora mi nascosi in un ripostiglio fino a che non fu nella stanza. Quando mi vide tutto nudo cominciò a piangere e provò a correre giù per le scale. L’afferrai e lei disse che l’avrebbe detto alla sua mamma. Per prima cosa la spogliai. Lei scalciava, mordeva e graffiava. La soffocai fino ad ucciderla, poi la tagliai in piccoli pezzi così avrei potuto portare la mia carne a casa. La cucinai e la mangiai. Come era dolce e tenero il suo piccolo sederino, arrostito nel forno. Mi ci vollero nove giorni per mangiarne l’intero corpo. Non l’ho violentata anche se avrei potuto se lo avessi voluto. Morì vergine»

Fu proprio grazie a quella lettera che Albert Fish venne catturato: la lettera infatti fu consegnata chiusa in una busta che aveva impresso un piccolo emblema esagonale con le lettere “N.Y.P.C.B.A.”, acronimo di “New York Private Chauffeur’s Benevolent Association”. La polizia si recò nella sede della società e un portinaio disse che aveva preso alcune buste con l’intestazione della società dai pacchi di forniture per ufficio, e di averle portate nel suo precedente appartamento, al 200 East 52nd Street, l’allora casa di Albert Fish. La polizia si nascose nell’abitazione, riuscendo così a catturare l’artefice di quei crimini mostruosi, per cui Fish non si pentì mai.

Albert infatti ammise di aver compiuto violenza su oltre 100 bambini, e disse anche che dopo l’assassinio di Grace Budd aveva l’intenzione di tornare in quella casa per uccidere Edward Budd, il fratello di Grace.

Billy Gaffney

Come se non bastasse, aggiunse orrore all’orrore, raccontando come aveva svolto alcune delle uccisioni per le quali era stato accusato, tra cui quella del piccolo Billy Gaffney, un ragazzino di 5 anni che sparì dalla sua casa di Brooklyn. Il corpo di Gaffney non fu mai recuperato dalla fossa nel fiume nel quale Fish disse di averlo gettato, dopo essersene in parte cibato. Quando la madre di Billy fece visita ad Albert, rinchiuso nel carcere di Sing Sing, volle a tutti i costi sapere in che modo fosse morto il suo bambino, e Fish, con una freddezza impressionante, le raccontò nel dettaglio in che modo aveva frustato il bambino, di come gli avesse tagliato le orecchie e il naso, di come avesse bevuto il suo sangue e di come avesse cotto e mangiato parti del suo corpo… Per poi seppellire ciò che restava del corpo di Billy negli stagni di acqua melmosa che si trovano lungo la strada che porta a North Beach. I resti del bambino non vennero mai ritrovati.

Francis McDonnell

E non è tutto: Fish confessò anche l’assassinio di Francis X. McDonnell, 8 anni, scomparso da Staten Island il 15 luglio 1924. Il bambino stava giocando sul portico della sua casa vicino a Richmond, Staten Island, tenuto d’occhio dalla madre. La donna si accorse di un anziano signore che camminava avanti e indetro, davanti casa, stringendo e rilassando i pugni, ma non ci fece molto caso, nemmeno quando si accorse che l’uomo stava osservando suo figlio giocare con gli amichetti. Poi, il vuoto. Francis sparì senza lasciar traccia, e un vicino di casa riferì, sicuramente troppo tardi, di aver visto il bambino allontanarsi in direzione del bosco, accompagnato da un signore anziano e distinto. Le ricerche della polizia partirono subito, ma non servirono a nulla, se non a ritrovare il corpo del piccolo Francis, che era stato strangolato con le sue stesse bretelle. Non c’era stato tempo per sezionarlo e mangiarlo, anche se durante il processo Albert ammise di aver desiderato farlo.

Quindi, furono tre gli omicidi confessati da Albert Fish, e almeno altrettanti gli furono imputati… in tutto, però, si sospetta che l’uomo possa aver molestato almeno un centinaio di altri bambini e solo la fortuna ha impedito che il numero delle vittime fosse più elevato.

Il processo di Albert Fish per l’omicidio di Grace Budd iniziò lunedì 11 marzo 1935, a White Plains (New York). Il tutto durò dieci giorni. Fish disse di aver agito così perchè aveva ascoltato delle voci provenienti da Dio che gli dicevano di uccidere bambini. Affermava inoltre che quella violenza che lui esercitava sui bambini era volta a purificare l’anima ed era convinto che se Dio fosse stato contrario ai suoi omicidi, avrebbe già mandato un angelo a fermarmi la mano, come fece con il profeta Abramo.

Alla fine, nonostante le rispste che aveva fornito, la giuria lo giudicò sano di mente e colpevole e il giudice espresse la sentenza di morte. Fu giustiziato il 16 gennaio 1936 sulla sedia elettrica. Poco prima di morire, Albert Fish disse al boia, con una freddezza disarmante, che non vedeva l’ora di trovare quella tortura, l’unica che non aveva ancora provato, e che giudicava l’elettroesecuzione come “la suprema emozione della sua vita”.

 

Fonte: wikipedia

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4 pensiero su “Serial killer: Hamilton Howard “Albert” Fish, il vampiro di Brooklyn”
  1. Niente domiciliari solo carcere e castrazione chimica era il cancro che accompagnava mia figlia a ginnastica bisogna tenerlo in carcere e basta

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