screenshot.994Forse non tutti i miei lettori sanno che ho una laurea in filologia medievale, e che la mia passione sono i manoscritti antichi, specie se appartenenti al Medioevo. Non poteva quindi esimermi di raccontarvi, in poche parole, del manoscritto medievale più grande al mondo.

Il Codex Gigas, conservato presso la Biblioteca Nazionale di Stoccolma, infatti, deve il tuo nome alle sue immense proporzioni: 92 centimetri di altezza, 50 di larghezza e un peso di 75 chilogrammi.

Inizialmente contava 320 carte (cioè pagine), ma 8 di queste sono andate perdute nel corso del tempo.
Ma non è famoso solo per le sue proporzioni, quanto per contenere una miniatura a tutta pagina che rappresenta il committente di quel manoscritto: il diavolo.

L’autore del manoscritto resta avvolto nel mistero: il copista, che ne è anche miniatore, sarebbe tale Herman il Recluso.

Ci sono due diverse versioni sulla genesi del Codex gigas:

  1. Herman rimase recluso per ben 20 anni a finire quest’opera mastodontica;
  2. Herman rimase recluso una sola notte per scrivere tutto il libro, per colpa di un patto con il diavolo che avrebbe fatto, secondo cui avrebbe avuta salva l’anima se fosse riuscito a terminare di scrivere in una sola notte l’intera genesi del genere umano.
Heavenly City, 289v
rappresentazione della Gerusalemme Celeste

Il libro contiene cinque testi lunghi e una Bibbia completa: si apre con l’Antico Testamento, ed è seguito da due opere storiche,  le Antichità e Guerra giudaica, di Giuseppe Flavio, vissuto nel primo secolo dopo Cristo.

Ci sono anche alcuni brevi testi nel manoscritto. Il primo, prima dell’immagine della Città celeste, è un trattato sulla penitenza. Il secondo, dopo il ritratto del diavolo, è un manuale per esorcizzare gli spiriti maligni.

 

310r
il calendario del Codex Gigas

L’ultimo importante testo contenuto nel codice è un calendario, che contiene un elenco di santi della Boemia con l’indicazione dei giorni in cui sono commemorati.

Il calendario nel Codex Gigas è insolito per la sua datazione: non ci sono infatti i giorni del mese. I numeri nella prima colonna e le lettere nel secondo sono una guida per la data della Pasqua, che varia di anno in anno. Nella quinta colonna ci sono i nomi dei santi commemorati in giorni particolari, scritti in maiuscolo, mentre i nomi in minuscolo sono quelli che ricordano santi boemi o personaggi famosi di quella regione, alcuni dei quali erano probabilmente benefattori al monastero in cui è stato scritto il Codex Gigas, e tra questi infatti si leggono i nomi di monaci e monache.

E dall’indice si può appurare che sui fogli perduti del manoscritto fosse contenuta la Regola di San Benedetto, guida essenziale alla vita monastica scritta nel VI secolo.

Ci sono due elemente però che rendono il codice davvero particolare.

  1. Non ci sono variazioni di calligrafia all’interno delle pagine, che sembrano essere state scritte dalla stessa persona (è stata riscontrata una sola mano nel manoscritto). Il che però sarebbe impossibile, visto che una persona sola non potrebbe mai mantenere inalterato il suo modo di scrivere per una tempo così lungo;
  2. a carta 290, una miniatura di Lucifero a tutta pagina, motivo per cui il Codex Gigas viene anche chiamato “Bibbia del Diavolo”.

Devil Portrait, 290rIl ritratto del diavolo è l’ immagine più famosa nel Codex Gigas e si trova nel f. 290R.

Il Diavolo è mostrato solo, in un paesaggio vuoto, all’interno di una cornice formata da due grandi torri. Egli è accovacciato con le braccia tese verso l’alto (ha solo quattro dita delle mani e dei piedi) e indossa un perizoma di ermellino, tessuto di solito associato alla regalità, e il suo uso in questo contesto è quello di sottolineare la posizione del Diavolo inteso come il principe delle tenebre .

Il ritratto è stato destinato a ricordare allo spettatore del peccato e del male. Ritratti del Diavolo sono comuni nell’arte medievale, ma questo nel Codex Gigas è uno dei rarissimi casi in cui è ritratto da solo e in una pagina intera.

 

Se volete avere maggiori informazioni, ecco il sito dedicato al Codex Gigas: http://www.kb.se/codex-gigas/eng/

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15 pensiero su “Il Codex Gigas, il manoscritto del diavolo”
  1. felice di essere approdato su questo blog davvero ben fatto… con calma me lo spulcierò 🙂
    sembra condividiamo gli stessi interessi storici per “certa” tematica
    ps: in qualche “bella” storia di fantasmi mi ci sono ritrovato come attore… ahahahah

    Claudio
    senzafilo.wordpress.com

  2. Non trovo così strano, in un caso come questo, che la stessa mano possa avere mantenuto la stessa calligrafia per venti anni. La nostra scrittura varia con il variare della situazione di vita e della condizione psicologica. Un monaco, per il particolare tipo di vita che conduce, può benissimo avere mantenute entrambi immutate per tutto quel tempo.
    Nella Certosa della mia città, Firenze, esiste una porta intagliata con un numero spaventoso di dettagli minuti, alla cui realizzazione un monaco ha dedicato tutta la sua vita monastica.

    1. grazie! sì è uno dei codici più interessanti che ho avuto modo di vedere, ma ce ne sono moltissimi altri, tra cui uno che sembra essere stato il libro da cui si sono originati i Tarocchi, ma ne parlerò prossimamente, spero!

      1. Non vedo di leggere il post allora! In autunno uscirà un mio libro dedicato ai Tarocchi, mi interessa molto avere altre informazioni al riguardo. 🙂

      1. Per i lupi mannari nello specifico ti spammo questo articolo (vedi il paragrafo “Caratteristiche”):
        http://insidetheobsidianmirror.blogspot.it/2015/01/ore-dorrore-il-lupo-mannaro-pt1.html

        Per quanto riguarda il 6, non sei la prima a fare questa affermazione, influenzata sicuramente dal 666, ma il 6 da solo non ha connotazioni diaboliche, anzi.
        “Dio ha creato il mondo in sei giorni perché questo numero è perfetto, e rimarrebbe perfetto anche se l’opera dei sei giorni non fosse esistita.” (Sant’Agostino da Ippona)
        Ma è anche vero che secondo lo psichiatra e studioso di misticismo Rene Allendy, il sei è simbolo dell’opposizione della creatura al Creatore (insomma: sarebbe il numero di Frankenstein!), origine di tutte le ambivalenze a esso legate e del suo pendolarismo fra bene e male.
        Infine, il 6 è il numero “magico” della Chimica. 😉

  3. La genesi di questo libro ricorda tanto le leggende attorno ai numeri “ponti del diavolo” che si trovano un po’ ovunque in Italia. Non sapevo della tua laurea in filologia medioevale… deve essere interessantissimo… Immagino avrai già parlato del Voynich… o no?
    P.S.: Non ti pare che il diavolo raffigurato nel Codex assomiglia in maniera preoccupante a Moz? ^_^

    1. ghghgghh povero moz!
      sì ho già parlato del Voynich, così come del liber monstrorum…in questo post 😉
      sì la mia laurea mi ha permesso, in effetti, di studiare manoscritti fantastici, di leggerli, tradurli, e capire il loro messaggio nascosto. e non a caso parlo di messaggio nascosto, perchè non immagini quante cose, i monaci soprattutto più colti, scrivessero sui dorsi di questi libri, magari usando pezzi di pergamena di altri manoscritti così vecchi da non poter esser più usati, ma che ancora, grazie a questo stratagemma, tramandano i loro misteriosi segreti 🙂

    1. potrebbe essere, ma non credo, lì c’è un manoscritto per aprire la porta dell’inferno, forse alla lontana c’era questa ispirazione, ma non credo, sinceramente 🙂

    1. sì sarebebe indubbiamente bello, ma…forse troppo costoso! nel sito che ho linkato cmq c’è la possibilità di scorrere le immagini in pdf di tutto il manoscritto…

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