NataVi auguro Buon Natale con questo mio raccontino…

Nino odiava il Natale. Nino aveva solo 8 anni e odiava il Natale. Nino si divertiva a fare scherzi ai bambini del villaggio la notte del 24 dicembre. Entrava nelle case calde e accoglienti e buttava all’aria i giocattoli per i bimbi che in quella casa vivevano. Nino distruggeva tutto, rompeva i pacchetti regalo e sparpagliava i calzettoni degli uomini e le sciarpe di seta colorata delle donne nella neve fresca. Spingeva i regali tra le fiamme del caminetto lasciato acceso per la notte e godeva nel vederli andare in fiamme, crepitanti, la carta lucida e colorata che s’arricciava, divenendo nera. Spalancava porte e finestre e lasciava entrare turbini ghiacciati che lasciavano i soggiorni nella più totale desolazione. Nino rovesciava gli alberi di Natale con le loro lucine colorate e osservava le preziose palline di vetro soffiato andare in mille pezzi. Nino faceva le boccacce ai cani e rideva nel vederli scappare terrorizzati, mentre nella loro fuga precipitosa rovesciavano quanto ancora aveva resistito alla sua furia. Nino si divertiva a vedere la gente spaventata da quel clamore, da quell’improvvisa devastazione, rideva nel vedere che nessuno poteva arginare la sua collera, perché nessuno poteva vederlo. Perché Nino, 8 anni, era un fantasma.

Era morto proprio la vigilia di Natale di tanti, tanti anni prima, assiderato sui gradini della scala di casa, dove si era addormentato dopo che la mamma l’aveva cacciato per averlo scoperto a frugare tra i regali già posti sotto l’albero. Nino voleva solo vedere se Babbo Natale avesse esaudito la sua richiesta, e si era messo a scartare tutti i pacchetti alla ricerca del suo regalo, ma così facendo aveva aperto anche quelli destinati al fratellino.

«Sei un bambino cattivo! – aveva detto la mamma a Nino – Non avrai i tuoi regali, quest’anno! Babbo Natale tornerà e se li porterà via!».

Thomas, il fratellino di Nino, che aveva 3 anni, era sceso, spaventato dal grande rumore.

«Babbo Natale non esiste. Non ha portato il mio regalo…» aveva detto Nino. Il fratellino aveva già le lacrime agli occhi.

«Si sarà dimenticato. A Thomas li ha portati, perché è stato più bravo e ubbidiente di te. Babbo Natale non porta i regali ai bambini cattivi» disse la mamma a Nino.

Thomas aveva peso dal mucchio dei giocattoli un orsetto di pelouche e un camioncino di legno. «Sono proprio quelli che avevo chiesto!» aveva esclamato, felice.

Nino aveva guardato il piccolo con gli occhi pieni di rabbia: «Li ha messi lì la mamma!».

«Non è vero – aveva risposto la mamma – È stato Babbo Natale».
Nino aveva riso: «Babbo Natale non esiste. Non ha portato il mio regalo, lì ci sono solo quelli che ha chiesto Thomas, perché io avevo chiesto una cosa difficile, volevo vedere se davvero può esaudire i desideri di tutti i bambini e il mio non l’ha esaudito, Babbo Natale non esiste…» e aveva fatto per strappare il camioncino dalle mani del fratellino, che era subito scoppiato a piangere.

La mamma aveva afferrato Nino per l’orecchio: «Adesso basta. Babbo Natale non ti ha portato niente perché sei cattivo e tuo fratello invece è buono. Non ci sono regali per te, non ci saranno mai! Babbo Natale è appena andato via con la sua slitta e le renne magiche…» ed era andata a consolare il piccino che piangeva disperato.

Nino era corso fuori, a vedere la slitta, i piedini nudi sulla neve, ma non aveva visto niente. E quando era tornato alla porta di casa per rientrare, aveva scoperto con orrore che la porta si era chiusa dietro di lui, e il campanello era troppo in alto per poterlo suonare e farsi aprire dalla mamma. Inoltre, per quanto bussasse alla porta, le sue manine erano troppo piccole per far sì che qualcuno udisse i colpi. Così Nino, impaurito e infreddolito, si era accoccolato sui gradini della scala, aspettando paziente che la mamma venisse ad aprirlo. Ma la mamma non era venuta.

Lo trovarono all’alba del giorno di Natale. Morto assiderato, sui gradini della sua casa. La mamma disse che era arrabbiata con lui, ma aveva pensato che il bambino fosse andato a letto dopo la sgridata…Non avrebbe mai potuto immaginare invece che fosse uscito…e che fosse morto, lì da solo, piangendo e chiamando la mamma.

Avevano sepolto Nino nel piccolo cimitero davanti la chiesetta del villaggio.

Nino però non se n’era mai andato da lì, e anzi aveva cercato inutilmente di attirare l’attenzione della mamma e del fratellino, dicendo loro che lui non era affatto morto, che era lì, con loro, ma la mamma non sembrava accorgersi della sua presenza. Solo Thomas sembrava vederlo, e una volta l’aveva detto alla mamma, ma lei gli aveva dato uno schiaffo dicendogli di non raccontare bugie, perché Nino non c’era più. Nino aveva continuato a seguire la mamma e il fratellino nella sua vecchia casa, e cercava di attirare la loro attenzione spostando oggetti e muovendo le tende, ma così facendo era riuscito solo a spaventare terribilmente la mamma e soprattutto Thomas, che ormai piangeva disperato ogni volta che Nino gli appariva. In più occasioni la mamma gli aveva urlato di lasciarli in pace, di andarsene per sempre da quella casa. La mamma aveva anche chiamato il reverendo, il quale aveva recitato alcune speciali preghiere, e da allora Nino non era più riuscito ad avvicinarsi alla sua famiglia.

Così Nino aveva intuito che alla mamma non importasse più nulla di lui e che avesse chiamato il reverendo apposta per impedirgli di tornare con loro.

E in quel momento la sua collera era aumentata.

Aveva smesso di tormentare la sua famiglia, ma aveva iniziato a fare i dispetti a tutto il vicinato. Diventava più irrequieto proprio all’avvicinarsi delle feste natalizie. Quando vedeva che la gente incominciava a tirar fuori dalle cantine gli addobbi colorati per la casa, Nino diventava davvero cattivo, e faceva di tutto per mandare all’aria i preparativi delle persone. Si divertiva nel vedere la gente spaventata dagli improvvisi mulinelli di vento che sparpagliavano la neve nei giardini. Rideva nel tirare la coda ai gatti o ai cani che, disperati, travolgevano i padroni nelle loro corse. Distruggeva alberi di Natale e presepi e ne andava fiero.
Tutti ormai, all’avvicinarsi delle feste, speravano che il “fantasma del Natale” non si facesse più vedere. Ma Nino agiva indisturbato, fino a quando, una sera, il reverendo non gli fece un bel discorsetto, intimandogli di lasciar tranquilli gli abitanti del villaggio e di andarsene in pace. Nino però spiegò al reverendo che non se ne sarebbe andato fino a quando non avesse ricevuto il regalo di Natale che era stato, indirettamente, la causa della sua morte.

ice-574933_1280Tanti anni erano passati dalla morte del piccolo Nino, e la mamma e il fratello Thomas si erano trasferiti lontano. Nino però era rimasto a gironzolare attorno alla sua vecchia casa. Tante famiglie l’avevano abitata, ma nessuna vi era rimasta più a lungo di una stagione, e comunque tutte l’avevano abbandonata in fretta e in furia appena passate le feste di Natale.

Tutto a causa del “fantasma del Natale” che continuava a fare i dispetti.

In un freddo mese di marzo la famiglia Smith comprò la casa che era stata di Nino. Papà, mamma e una bambina di nome Stella. Subito Nino iniziò a fare i soliti dispetti, aprendo e chiudendo i rubinetti dell’acqua, facendo cadere gli oggetti, spalancando porte e finestre, muovendo tende e spegnendo le luci. Gli adulti come sempre ne furono spaventati, ma non così la piccola Stella. Allora Nino focalizzò la sua attenzione sulla bambina, concentrando su di lei i suoi dispetti, ma stranamente la piccola non ne ebbe mai paura. Un giorno, di fronte a un ennesimo sgarbo di Nino che aveva spostato la seggiola dove Stella stava per sedersi, la bambina gli domandò, adirata, perché si comportasse così. Nino si nascose dentro la lavatrice, spaventato da quell’improvvisa confidenza.

Però continuò a gironzolare vicino a Stella e la bambina, mentre giocava, gli rivolgeva spesso la parola, coinvolgendolo nei suoi giochi. Un giorno la mamma le chiese con chi stesse parlando. La bimba le rispose candidamente: «Con il bambino che odia il Natale». La mamma di Stella, spaventata da quell’amico immaginario della figlia, interrogò il reverendo, e questi raccontò tutta la storia di quella casa e del bambino che vi era morto. Gli Smith andarono a visitare la tomba di Nino, al cimitero. Stella vi pose sopra un fiore di campo.

Si avvicinò nel frattempo il Natale, e Nino, come sempre, aumentò la sua collera e, proporzionalmente, i suoi dispetti. Ma per la prima volta, non ricavò alcun piacere nel fare quegli sgarbi. Anche perché Stella si era improvvisamente ammalata. Aveva una forte tosse e faticava a respirare. Polmonite, aveva detto il medico che tante volte era venuto a visitarla. Di colpo, la cattiveria di Nino aveva lasciato il posto a una forte tristezza. Era preoccupato per quella bambina. Lei non gli era antipatica come gli altri bambini con cui aveva avuto a che fare, non provava gusto nello spaventarla, anche perché la bambina, di fronte ai suoi scherzi, spesso lo guardava fisso con i suoi occhi scuri e lo rimproverava, dicendogli: «Vieni a giocare con me, invece di rompere tutte le mie bambole! Dove hai messo la testa del mio orsacchiotto?» e Nino, colpevole, le indicava il mucchio di foglie secche sotto cui aveva nascosto il macabro trofeo. Così, più passava il tempo, più Nino si era affezionato a Stella.

Il giorno in cui Nino aveva fatto rotolare giù dalla scala un intero scatolone di palline di vetro per decorare l’albero di Natale degli Smith, Stella, spazientita, gli aveva chiesto: «Perché fai tutti questi dispetti?» e Nino le aveva detto: «Perché io odio il Natale. Sono morto a causa del Natale. Babbo Natale non è vero che esaudisce tutti i desideri dei bambini…non mi ha portato quello che volevo…e così sono morto».

«E che cosa desideravi?» chiese Stella.

«Volevo…volevo un amico. Un amico vero» aveva risposto Nino. Stella l’aveva guardato dritto negli occhi (come riuscisse la bambina a vederlo come se fosse una persona reale a Nino non era mai stato chiaro!) e gli aveva detto: «Babbo Natale il tuo regalo te l’ha portato, anche se in ritardo: io sono una tua amica vera».

Nino aveva scosso la testa: «No, non sei una mia amica vera. Non sei come me. Tu sei viva, io sono…morto!». Stella non aveva più detto nulla.

Adesso che la sua amica era ammalata, Nino aveva fatto il possibile per tenerle compagnia. Giocava con il sole, filtrandone i raggi attraverso il suo corpo trasparente e proiettando le ombre sulla parete davanti al letto di Stella. Raccoglieva le foglie secche e girava vorticosamente attorno a esse per sollevarle in mulinelli. Si posava delicatamente sulla fronte della bambina per alleviare il calore della febbre. Insomma, cercava di farla stare meglio. Ma Stella non migliorava, anzi peggiorava sempre di più. E Nino era molto spaventato.

Una mattina aveva udito Stella chiedere ai genitori se per quell’anno anche Nino avesse potuto partecipare ai loro festeggiamenti. Gli Smith non erano affatto contenti del nuovo amico di Stella, e quando seppero che per tutto il giorno quel fantasma si aggirava attorno alla loro bambina, temendo che Nino potesse farle del male, chiamarono il reverendo a benedire la loro casa, per cacciare definitivamente il fantasma del bambino.

Da quel momento a Nino non fu più permesso avvicinarsi nemmeno alla proprietà che un tempo era appartenuta alla sua famiglia. Stella pianse e si disperò, dicendo che Nino era suo amico e che non voleva che se ne andasse, ma i genitori non l’ascoltarono, e la rinchiusero in stanza, in castigo.

Nino si adirò molto, e passò un’intera notte a correre avanti e indietro per la strada, sollevando la neve che gli spazzaneve avevano accumulato ai bordi, rovesciando i bidoni delle immondizie e spargendone il contenuto, staccando i fili delle luci colorate con cui gli uomini avevano decorato le loro abitazioni, prendendosela addirittura con le pecore in polistirolo che una famigliola aveva posizionato nel loro giardino per ricreare la scena del presepe. Alla fine, stremato, Nino si era addormentato nella mangiatoia dello stesso presepe. E così non aveva potuto vedere che, per tutto il tempo delle sue scorribande, la piccola Stella l’aveva osservato, le manine giunte a pregarlo di smettere, in piedi affacciata alla finestra.
20130512_172905Il mattino seguente, la vigilia di Natale, Nino si era svegliato, e aveva subito notato un via vai da casa Smith. Subito era volato alla finestra della stanza di Stella e aveva osservato la bambina, pallida, stesa a letto, avvolta in almeno tre coperte, con i genitori seduti ai piedi del letto e un uomo barbuto che la osservava. Nino aveva letto preoccupazione nei volti degli adulti, e aveva tentato di udire la conversazione che avveniva in quella casa. Ma poiché non gli era più permesso entrare, aveva ascoltato i discorsi attraverso il comignolo, da dove, con molta fatica, aveva appreso una triste situazione.

Stella aveva passato la notte alzata, al freddo, e la sua situazione, già grave, era notevolmente peggiorata. Aveva la febbre alta e soffriva tremendamente. I genitori rimasero tutto il giorno a vegliarla, maledicendo il fantasma per il male che aveva fatto alla loro unica figlia. Nino, piangendo, era scappato via e si era rifugiato sulla sua tomba, dove giurò sarebbe rimasto per sempre, perché se Stella si era ammalata ancor più era solo a causa sua.

Venne la sera della vigilia di Natale. Stella si svegliò. La febbre era passata e la bimba si sentiva molto meglio. Guardò dalla finestra e il suo primo pensiero corse a Nino. Non vedendolo gironzolare attorno alla sua finestra com’era solito fare, Stella si spaventò. Corse giù dal letto e indossò i suoi stivaletti, mise il cappottino e uscì fuori a cercare il suo amico. Fuori nevicava e faceva molto freddo, ma a Stella non importava. Doveva trovare Nino.

Girò tutta la notte, e finalmente giunse al cimitero. Vide Nino, seduto sopra la lapide della sua tomba. Gli si avvicinò. Ma il freddo era davvero intenso per lei, povera bimba già gravemente ammalata, e Stella cadde riversa sulla neve. Subito Nino le fu accanto, e cercò di coprirla come poteva con il suo corpo, che però non poteva scaldarla, essendo lui un fantasma. Stella aprì gli occhi, vide Nino e gli disse: «Ora…ora sì…che sono…tua amica…vera…sono…come te…».

La gente che usciva dalla messa di mezzanotte vide una strana sagoma su una tomba. Si avvicinarono. Con le torce illuminarono quel povero corpicino che era riverso lì, proprio sulla tomba del bambino morto la notte della vigilia di Natale di tanti anni prima. La gente vide, riconobbe la piccola Stella Smith, la bambina che era diventata amica del “fantasma del Natale”. E la gente vide anche, soprattutto, quelle due paia di piedini impresse sulla neve fresca, piedini che si allontanavano dalla tomba, verso chissà quali luoghi. Due paia di piedini. I piedini del bambino che odiava il Natale e della sua amica. Della sua amica vera.

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4 pensiero su “Nino…e Buon Natale!”

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