Dopo lo spauracchio preso ieri quando il blog era sparito dalla circolazione, stiamo lentamente tornando alla normalità, sebbene qualche problemino si sia verificato anche stamattina, quando ho scoperto che ancora una volta il file robots.txt proposto di default da blogger non mi indicizzava i file (mi ero scordata ieri di modificarlo!).

Problemi di poco conto però, nulla in confronto a ieri, quando il blog era irraggiungibile…per fortuna però, adesso è tutto ok, e dopo una sistemata alle questioni tecniche, siamo di nuovo pronti per metterci in marcia.

Lo facciamo con un racconto, che avrei voluto/dovuto pubblicare ieri, a corollario degli altri tre dedicati alla Commemorazione dei defunti, ma gli eventi passati hanno leggermente rivoluzionato la mia scaletta delle pubblicazioni, per cui lo pubblico oggi.

Il racconto proviene direttamente dalla bocca di mia nonna, che mi narrò una sua esperienza, vissuta, come vedrete, quand’era molto giovane, e si adatta bene alla festa appena conclusa.

Non so come abbiate festeggiato voi la ricorrenza dei defunti…ma dalle mie parti c’è una tradizione, che prevede, la notte tra il 1° e il 2 novembre (altro che Halloween!), di lasciare sul tavolo della cucina dei biscotti e del vino, per i defunti che la notte dei Santi si risveglieranno e verranno sulla terra a far visita ai propri cari, sebbene la Bibbia neghi con forza questa possibilità.

Però, lo sappiamo bene, le tradizioni culturali e leggendarie, specie delle zone di campagna, sono dure a morire, e questo racconto che mi appresto a pubblicare lo dimostrerebbe.

Mia nonna mi raccontò come, la sera del 2 novembre, lei e le sue zie presero un colossale spavento…Il 2 novembre, la giornata dedicata al ricordo dei defunti. Di per sè in questa giornata sarebbe dedicata alle preghiere. La tradizione popolare prevede inoltre che, in rispetto delle persone che non ci sono più, sia auspicabile tenere un comportamento rispettoso nei confronti dei defunti. Il che, tradotto, significa: non andare a ballare, non festeggiare, non fare nulla di gioioso.

Mia nonna invece, con le zie, decise di andare ugualmente a ballare quella sera, nonostante la mamma (cioè la mia bisnonna), le avesse sconsigliato un simile atteggiamento, soprattutto visto che da pochi giorni era venuta a mancare una signora che viveva nella casa vicino alla loro, che era stata sempre considerata una specie di strega, per i suoi modi burberi e soprattutto per strani intrugli che realizzava e che, stranamente, facevano guarire le persone meglio che i tradizionali metodi medici. Questa donna, che si chiamava Martina, era però una “spina nel fianco” per tutte le giovinette, perchè lanciava spesso invettive e offese nei confronti delle ragazzine dispettose che sovente le facevano i dispetti. Tra queste dispettose, sembra, ci fossero anche le zie di mia nonna.

Così, la sera del 2 novembre, le ragazze di ritorno dalla sala da ballo, stavano per incamminarsi lungo la strada che portava a casa loro, quand’ecco udirono un forte rumore proveniente da dietro le loro spalle.

Premetto che, dalla strada principale alla casa dove abitava mia nonna, la distanza era di circa un chilometro e mezzo, da coprire tramite una stradicciola che s’infilava in mezzo a due campi e terminava poi nell’aia, il grande spiazzo che si trovava davanti alla casa.

Immaginatevi la scena: notte, novembre, le nebbie fitte della pianura padana, queste ragazze stanche per aver ballato tutto il pomeriggio...e quel rumore dietro le spalle, che mia nonna descrisse come un fruscio di qualcosa che transita in mezzo alle pannocchie di granoturco…ma a novembre non ci sono pannocchie nei campi!

E poi quella sagoma scura che esce dalla nebbia e avanza verso le ragazze, una sagoma che aveva le fattezze della vecchia Martina morta pochi giorni prima…Mia nonna mi disse che lei e le ragazze corsero a perdifiato verso la casa, per salvarsi dal fantasma della Martina…corsero come ossesse verso la casa,perdendo per strada anche le scarpe, dalla furia della corsa, mentre quella sagoma le inseguiva attraverso i campi.

Una volta arrivate, tutte si appoggiarono sfinite al muro, lasciandosi scivolare a terra…e dello strano figuro, nessuna traccia.
Dalla casa padronale uscì fuori il nonno di mia nonna, che chiese cosa fosse accaduto, e le ragazze con un filo di voce dissero: “Ghemo visto ea Martina!” (Abbiamo visto la Martina).

La cosa strana è che il nonno Battistin (da Battista, come si chiamava) non rise, ma anzi, fattosi serio, le rimproverò, dicendo: “gavì fato mae a ‘ndare balare, el xè el dì dei morti, casa dovivi stare!” (Avete fatto male ad andare a ballare, è il giorno dei morti, dovevate stare a casa).

Da quel giorno, mai più mia nonna e le altre ragazze uscirono più il giorno dei morti, per la grande paura presa…tutto perchè avevano disonorato la memoria di Martina, e degli altri defunti.

 

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8 pensiero su “Nella nebbia della pianura padana”

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