Anatra nel laghetto: Ladyghost secondo Gattonero 🙂

Effettivamente, come ha scritto Gattonero nel commento al mio ultimo post, mi trovo a “sguazzare come un’anatra nel laghetto” nelle notizie che hanno popolato il blog a partire dal 20 maggio scorso, quando dopo la terribile scossa di terremoto che ha originato lo sciame sismico emiliano, mi sono occupata prevalentemente di notizie riguardanti terremoti, eruzioni vulcaniche, fenomeni di liquefazione delle sabbie, tsunami, faglie e storia sismica dei luoghi interessati dal terremoto.

TERREMOTI COME SEGNO DELLA FINE DEL MONDO?
Non ho dimenticato i miei fantasmi, anche se li ho un po’ trascurati, ma ammetto di essere estremamente curiosa e di desiderare ardentemente scoprire cosa si nasconda dietro ogni fenomeno che accade. Per cui, dopo la comprensibile paura causata dalle continue scosse sismiche che ho avvertito distintamente e in più di un’occasione, ho cercato tutte le informazioni possibili su questi terremoti e sulle cause che li scatenano, vedendo se ci fossero correlazioni tra questi eventi naturali e fenomeni che potrebbero andare etichettati come “misteriosi”. Insomma, non voglio dire che il terremoto del 20 maggio sia stata un’avvisaglia della fine del mondo predetta dai Maya, sebbene quello stesso giorno oltre all’eclisse di luna, sia stato osservato un altro fenomeno di cui però parlerò più avanti perchè sto ancora raccogliendo informazioni.

Non voglio nemmeno dire che il terremoto sia stato un “segno divino” che preannuncia l’arrivo di tremende catastrofi, sebbene molte persone abbiano letto nel terremoto una ripresa di alcuni passi biblici dell’Apocalisse che vedono cinque “segni” come annunci della fine del mondo. I cinque segni, un terremoto di grandi dimensioni, la trasformazione del sole in una stella nera, la luna rossa come il sangue, la pioggia di meteoriti sulla Terra, e per finire l’arrivo di Satana sotto forma di un serpente gigante, secondo alcuni sarebbero già iniziati proprio nel 2012, quindi la fine del mondo sarebbe vicina.

Ecco, io non credo che si debba lasciarsi prendere da simili catastrofismi, per cui quello che a me interessa non è fare un collegamemnto tra gli eventi naturali che sono avvenuti e la possibile fine del mondo, ma mi piace scoprire cosa si nasconde dietro, o meglio dentro, i singoli fenomeni che ogni giorno accadono. Ecco dunque le mie ricerche su terremoti vulcani e affini.

E per fare un esempio, non avrei nemmeno lontanamente immaginato che giovedì 12 luglio potesse verificarsi uno tsunami nel mar Tirreno.

ONDE ANOMALE NEL TIRRENO. TSUNAMI IN ITALIA?
Proprio così. Due giorni fa, esattamente nella mattinata di giovedì 12 luglio, una serie di piccole onde anomale hanno interessato molte spiagge del mar Tirreno, dalla Liguria alla Sicilia. Un fenomeno misterioso, soprattutto perchè non riconducibile a eventi sismici e vulcanici, nè a fenomeni franosi, che infatti i sismografi e gli altri strumenti di rilevazione non hanno individuato.
Marsilii e affini non hanno nessuna colpa, ma resta il fatto che il funzionario dell’Ingv, Salvatore Barba, ha detto di aver ricevuto un certo numero di segnalazioni che consideriamo attendibili, da cui pare che sia stato un piccolo tsunami, ma di sicuro non è stato un fenomeno provocato da eventi sismici o vulcanici.
L’Ingv ha così incaricato la Protezione Civile di studiare il fenomeno e si attendeva che la stessa emanasse un Comunicato Stampa per spiegare le cause di questo strano e inusuale fenomeno, ma finora, nel sito della Protezione Civile, nessun comunicato in merito è stato pubblicato. Intanto, per evitare inutili allarmismi, il dipartimento s’è limitato a inviare un avviso alle varie Capitanerie di Porto segnalando il fenomeno e invitando a fare attenzione e monitorare le coste. Ma sono passate più di 48h, e non è successo nient’altro. Fenomeno isolato dunque? Miraggio? Non stando a quanto ha affermato il Capo Servizio Operativo della Capitaneria di Porto di Gaeta, Marco Guzzon, che dopo aver confermato quanto accaduto, ha spiegato però che non è stato nulla di grave, che si è trattato solo di una piccola onda isolata, che è entrata in spiaggia per qualche metro oltre la battigia. Nulla di particolare. S’è verificato solo sulla spiaggia di Sant’Agostino, quella esposta a ovest, la più occidentale, e non sulle altre zone del nostro comprensorio. Siamo in allerta e stiamo monitorando da due giorni quello che succede, ma è tutto regolare. In un primo momento sembrava che anche il Crotonese fosse stato interessato dal fenomeno, ma iil Capitano di Fregata della Capitaneria di Porto di Crotone, Michele Maltese, ha assicurato che proprio in coincidenza di quello che succedeva nel Tirreno, giovedì mattina abbiamo ricevuto una serie di segnalazioni da turisti e bagnanti sulle spiagge del crotonese, che vedevano in lontananza un muro d’acqua come se fosse uno tsunami. Ci siamo allertati subito, abbiamo fatto verifiche e spedizioni, ma si trattava solo del fenomeno della fata morgana, un effetto ottico di riverbero che determinava una sorta di illusione visiva nei bagnanti. Qui, nelle zone joniche, non c’è stato niente“.

Cos’è successo, allora?

TSUNAMI+METEO=METEOTSUNAMI!

Interpellati anche l’ISPRA e l’Aeronautica Militare, gli studiosi provano a dare una spiegazione al fenomeno parlando di effetto di marea di origine meteorologica, causato forse da una particolare intensificazione dei venti sinottici legati alle condizioni meteo ad ampia scala nel Mediterraneo centrale.

Gli esperti parlano di “tsunami like”, cioè una piccola onda anomala simile a un maremoto. Un po’ quello che successe il primo giorno d’estate del 1978, in quello che viene comunemente definito come il “mistero di Vela Luka”. 
 
METEO-TSUNAMI: IL MISTERO DI VELA LUKA. Si tratta di uno fra gli eventi più controversi nella storia degli tsunami italiani al punto che, per certi aspetti a lungo ignoti, è stato definito come “misterioso”. Teatro l’Adriatico centro-meridionale, tra Giulianova e Bari, anche se gli effetti più rimarchevoli si sviluppano sulle coste dell’allora Jugoslavia (oggi Croazia e Montenegro), in particolare sull’isola dalmata di Korcula, nella cittadina di Vela Luka. Qui alle 5.15 del 21 Giugno 1978 la popolazione è svegliata da un potente rombo: il mare ha invaso il porto, danneggiandolo parzialmente, con onde alte fino a due metri e mezzo. Le condizioni meteo però non sembrano adatte a provocare una mareggiata ed inoltre poco dopo il mare si ritira. Lo sconcerto della popolazione aumenta quando, verso le 8, arriva un’altra ondata, ben più potente della precedente, con run-up di almeno tre metri, in certi punti perfino di sei. L’acqua, per circa tre ore, entra prepotentemente nelle vie della cittadina, inondando i piani terreni delle abitazioni e provocando danni ingenti, senza però creare vittime in quanto tutti gli abitanti erano già stati fortunatamente messi sull’avviso dall’onda precedente. Viene stimata un’ingressione marina di circa 650 metri, tutto il paese è allagato: mai accaduta una cosa del genere, nemmeno con le mareggiate più violente. Uno tsunami in piena regola, avvertito chiaramente, sia pure in misura minore, pure a Dubrovnik (con run-up fino a 3-4 metri) e Spalato ma anche dall’altra parte dell’Adriatico, sulle nostre coste, interessate per oltre 200 km di litorale. 
In Italia però le onde arrivano più tardi, lo sviluppo massimo si ha in piena mattinata, tra le 9 e le 10. A Giulianova si assiste al ritiro e poi al ritorno del mare, con oscillazioni di circa 60 cm. A Bisceglie l’ingressione è di circa 200 metri, a Molfetta e Ortona le variazioni di livello sono meno accentuate ma comunque visibili. A Vasto l’ingressione, dopo un ritiro di un centinaio di metri, è di una trentina di metri; a Fossacesia di venti. A Termoli, verso le 9.30, situazione analoga: il mare regredisce per 100 metri, il porto rimane quasi all’asciutto, poi le acque ritornano ed il fenomeno si ripete più volte, per circa un’ora. A Bari stessa cosa: nel porto numerosi gli ormeggi danneggiati, sul litorale rimangono molti pesci morti. A Vieste le onde trascinano via gli ombrelloni sulla spiaggia, con qualche turista che rimane pure ferito lievemente. 
La devastazione del meteotsunami di Vela Luka
Dunque, un fenomeno ampio e di una discreta potenza (intensità 4), ben registrato ed avvertito chiaramente dalla popolazione. Eppure, è un fenomeno misterioso, nella causa e nell’origine. Innanzi tutto, non esiste una scossa sismica correlabile all’evento: l’unica riscontrata, verificatasi la sera prima, ha magnitudo 6.4 ma epicentro nei pressi di Salonicco, troppo lontano (inoltre in Grecia nessuno ha avvertito la benchè minima oscillazione marina).
Alcuni autori (Bedosti, 1980) ipotizzano allora una frana sottomarina, posizionata tra Vasto e Termoli ma le indicazioni batimetriche al riguardo non sembrano confortare questa eventualità. 
Solo nel 2008, a 30 anni esatti dall’evento, si parlò di meteotsunami, ovvero di un evento originato da particolari condizioni meteorologiche e da un raro processo atmosferico. 
Fenomeno raro, ma comunque non rarissimo, riscontrabile in tutto il mondo (dal Giappone alla Nuova Zelanda, dalle isole Azzorre alle Kurili, dall’Irlanda ai Grandi Laghi americani) ed anche nel Mediterraneo, sia pure in situazioni molto particolari. 

METEOTSUNAMI IN ITALIA. LA STORIA CI INSEGNA…
In Sicilia il fenomeno, che si verifica soprattutto in primavera e autunno, sia pure in dimensioni più limitate, è noto da tempo, col nome di “marrobbio”: a Mazara del Vallo ed a Lampedusa nell’ultimo decennio più volte il mare si è abbassato e poi tornato con una certa violenza in porto, danneggiando talora barche ed infrastrutture, con oscillazioni anche superiori al metro. Evidentemente il 21 Giugno 1978 in Adriatico si svilupparono le condizioni ottimali per il verificarsi di un meteotsunami (a cominciare dalla presenza di una perturbazione che viaggiava da sud-ovest a nord-est alla velocità di 22 m/s) e la baia di Vela Luka, a causa anche delle sue caratteristiche geomorfologiche, ne ha amplificato a dismisura la potenza, pagandone le conseguenze. 
Il litorale italiano invece è risultato meno soggetto al fenomeno per due motivi: la direzione di propagazione della perturbazione e soprattutto la sua geomorfologia, caratterizzata molto raramente da baie incuneate verso l’interno tipo fiordi. Ciò, in qualche senso, ha “salvato” le nostre coste. L’aspetto particolare di questo meteotsunami del 1978 sta però probabilmente nelle sue dimensioni geografiche, molto ampie e non certamente locali, visto che ha interessato almeno 200 km di litorale da entrambi i lati dell’Adriatico, sia pure con effetti ben diversi. Il mistero dunque appare brillantemente risolto, grazie anche ai numerosi studi del dott. Ivica Vilibic (Istituto di Oceanografia di Spalato) al quale va il nostro sentito ringraziamento per aver cortesemente approfondito le nostre conoscenze al riguardo.

LA GENESI DEL METEOTSUNAMI
Insomma i maremoti provocati dalle condizioni meteorologiche avverse sono più frequenti di quanto ci si possa immaginare. I meteotsunami, solitamente, si verificano solo in determinate situazioni e quando vanno a sommarsi una lunga e complessa serie di fattori. Fondamentale è il passaggio di grandi turbolenze, associate ad onde atmosferiche di gravità che si trasmettono nei medi e bassi strati della troposfera. Senza queste particolari “disturbance” atmosferiche il fenomeno non potrà mai formarsi e svilupparsi. Sovente queste grandi turbolenze atmosferiche sono indotte da consistenti perturbazioni annesse a linee di groppi temporaleschi, fronti freddi e sistemi convettivi che esplodono rapidamente nella media-bassa troposfera producendo brusche variazioni della pressione atmosferica in mare aperto o in mezzo all’oceano. Questi repentini sbalzi di pressione spesso riescono a generare delle cosiddette “onde barotropiche” le quali, attraverso complessi meccanismi di risonanza, trasmettono l’energia dall’atmosfera al mare.
Per ottimizzare questo passaggio, è necessario che la velocità di propagazione del fronte atmosferico sia analoga a quella di spostamento del moto ondoso che tende a distendersi verso le aree costiere, esaltando ulteriormente il fenomeno. Inoltre si devono avere dei venti molto forti nell’alta troposfera, quasi sempre da sud ovest (dove si inseriscono le onde gravitazionali), davanti a una profonda depressione in spostamento da ovest ad est.  
I luoghi più soggetti ai meteotsunami

Nei bassi strati invece le correnti devono rimanere piuttosto deboli, favorendo l’avvento delle turbolenze nella bassa troposfera. A questo punto entrano in gioco la batimetria e la morfologia della costa: laddove i fondali marini si impennano bruscamente e il litorale è costituito da baie strette e lunghe (in gergo scientifico significa “alto fattore Q”), si ha ulteriore risonanza e l’onda si espande, diventando minacciosa e distruttiva.

Esattamente quello che è successo nel Tirreno. Effetti ancora più dannosi si esplicano quando la direzione di propagazione della “disturbance” atmosferica è coincidente con la direzione di allungamento della baia: più le due direzioni sono equivalenti, più forte è il fenomeno. Dunque, un insieme concomitante di parecchi fattori: da qui la rarità dell’evento e la difficoltà di identificazione. Anche perché gli effetti e le caratteristiche di sviluppo dei meteotsunami sono del tutto simili a quelli degli tsunami propriamente detti: i periodi delle onde e le proprietà dinamiche sono sostanzialmente uguali; molte volte si assiste al ritiro del mare, fino a lasciare scoperto il fondale, prima del loro arrivo violento sulla costa. 
CHICAGO. Ci sono luoghi in cui i meteotsunami si sono verificati maggiormente e con esiti molto disastrosi. Il meteotsunami che ha causato più vittime è probabilmente quello di Chicago del 26 Giugno 1954. Quel giorno, un sabato, una forte perturbazione si sviluppò nel mezzo del Lago Michigan, generando (per risonanza) onde che raggiunsero la sponda orientale del lago, nello stato dell’Indiana, nei pressi di Michigan City, senza però creare gravi danni. Queste onde, alte poco più di un metro, “rimbalzarono” contro la sponda e, per riflessione, proseguirono la loro corsa verso la parte opposta del lago. Viaggiando ad una velocità di circa 50 km/h (molto più bassa dunque di uno tsunami vero e proprio), videro la loro altezza raddoppiare per effetto della batimetria dei fondali e per l’ulteriore risonanza tra le onde e la costa. Alle 9.30 raggiunsero, totalmente inattese, la spiaggia ed il molo di North Avenue Beach a Chicago: numerosi pescatori e turisti vennero travolti dall’onda alta quasi tre metri. Otto persone morirono annegate. Fu certamente l’evento più potente degli ultimi 60 anni nei Grandi Laghi americani, spesso teatro di questi fenomeni sia pure a scala minore.
CIUTADELLA, SPAGNA. Il luogo però dove i meteotsunami sono più noti e studiati è Ciutadella, nell’isola di Minorca, nelle Baleari. La baia sembra fatta apposta per esaltare gli effetti del fenomeno: lunga un km e larga 100 metri, profondità sui 5 metri. Come si dice in gergo scientifico, un “fattore Q” di primo livello. Quando a ciò si aggiunge una marea di qualche decimetro e soprattutto una perturbazione che arriva con direzione E-W (la stessa in cui è allungata la baia), abbiamo le condizioni ideali per lo sviluppo del meteotsunami. Come il 15 giugno 2006 quando dapprima il mare si ritirò, lasciando il porto praticamente asciutto e poi tornò con violenza, con onde alte almeno 5 metri: una cinquantina le barche distrutte. Eventi analoghi si svilupparono nel 1984, nel 1989 e nel 1998. Proprio per questa periodicità, qualche autore suole indicare i meteotsunami col termine di rissaga, vocabolo che indica appunto il fenomeno nell’idioma locale delle Baleari.

ADRIATICO. Ma anche l’Adriatico sembra mare privilegiato per i meteotsunami che vi si esplicano con regolarità e violenza. In particolare sulla costa dalmata, in Croazia, il fenomeno è noto e ben studiato grazie ad un team di scienziati tra cui spicca l’oceanografo Ivica Vilibic, particolarmente attivo negli ultimi anni.
Il meteotsunami più noto dell’Adriatico si sviluppò nel 1978 a Vela Luka, come abbiamo visto.
Il 27 Giugno 2003 invece toccò a Stari Grad e Mali Ston, due cittadine dalmate poste alla fine di una baia allungata in direzione NordOvest-SudEst, con onde che raggiungono i 3 metri di altezza: si segnalano danni a diversi negozi ed infrastrutture sul litorale.
Il 22 Agosto 2007 analogo fenomeno si registra a Siroka Bay, sull’isola di Ist, con onde di 4 metri e parecchi danni sui viali a mare ed a barche ormeggiate: da segnalare la particolarità che il mare dapprima si ritira, lasciando praticamente asciutto il porto. Il 15 Agosto 2008, in piena stagione turistica, è la volta di Mali Losinj, con onde di 2 metri. Infine l’ultimo episodio registrato è del 19 Febbraio 2010, ancora a Stari Grad dove viene allagato il viale a mare, con alcune auto e container trascinati dalla furia delle acque. Dunque il litorale della Dalmazia sembra particolarmente soggetto a questi fenomeni che, se violenti come nel 1978, possono svilupparsi eventualmente pure sul nostro lato dell’Adriatico, sia pure in maniera più limitata.

LE RISPOSTE. Dunque i meteotsunami sembrano più comuni di quanto si pensasse soltanto una decina di anni fa, anche perché il loro studio sta progredendo costantemente e rapidamente. Rappresentano probabilmente una tra le sfide più intriganti per gli scienziati del secondo millennio: come abbiamo visto, pur sviluppandosi con caratteristiche similari agli tsunami propriamente detti, si differenziano sostanzialmente per la loro origine. Proprio da questo, dagli aspetti più prevedibili delle cause che li scatenano, nasce una consapevolezza fondamentale: possono essere previsti con leggero anticipo grazie alla meteorologia e ad un buon sistema di monitoraggio. Gli studi sono ancora in corso ma sembrano bene avviati: la prevenzione (e quindi la salvaguardia della vita umana) in questo caso pare possibile. Mai come stavolta possiamo imparare dal passato ed affidarci fiduciosamente alla scienza.

FONTE: METEOWEB.EU

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6 pensiero su “Quando il meteo causa un maremoto”
  1. Se la “meteorologia” che dovrebbe salvarci è la stessa che ci dà più volte nella giornata le previsioni del tempo, siamo fritti.
    Per risparmiare i polpastrelli, sull’articolo copio-incollo quanto detto da Tim, poiché non saprei cosa dire di più sinteticamente chiaro e giusto.
    (Mangiarti non sia mai, troppo bella; ma, pensando ai gatti dell’Egizio di Torino imbalsamati da millenni, una imbalsamatina sarebbe un bel modo di renderti pressoché immortale. Parlo dell’anatra, ovviamente, che un ghost è già eterno di suo, e comunque non credo sia facilmente imbalsamabile).
    Ciao, abbracciao.

  2. che spettacolo di articolo: per semplicità, completezza e chiarezza! veramente interessante e da far paura. Come siamo piccoli davanti alla natura, altro che film horror con eruzioni, scioglimento del nucleo terrestre e cose varie! qui si fa sul serio e c’è da aspettarsi di tutto.

    1. forse piu’ di una settimana apparve notizia che ,se ricordo,il mare in calabria si era sollevato di 30 centimetri.sarebbero seguite spiegazioni.

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