Da piccola, uno dei miei giochi preferiti era il domino. Ma ci giocavo in modo strano, mettendo in fila tutte le tessere, creando disegni e forme circolari, e poi abbattendo con un dito la prima tessera, osservando divertita come la caduta di quella prima tessera provocasse la caduta di tutte le altre. Nulla a che vedere con i meravigliosi disegni e coreografie che vengono realizzate in questo modo, ma anche io, nel mio piccolo, creavo un effetto a catena, un “effetto domino”.

UNA SCOSSA TIRA L’ALTRA?
Mi sto chiedendo se anche per il terremoto non si possa parlare di “effetto domino“: una scossa ne provoca un’altra, poi un’altra e un’altra ancora…eventi collegati o scollegati tra di loro? Beh non è semplice rispondere a questa domanda. Del resto, noi stessi poggiamo i piedi su qualcosa di assolutamente mobile, mutevole, instabile e in continua evoluzione, per cui è quasi naturale che qualcosa sotto i nostri piedi si muova, e che noi, quassù, avvertiamo questi movimenti, i movimenti della terra, che è un pianeta VIVO nonstante tanti parlino di essa come qualcosa di morto, o morente. No, la Terra è viva e ce ne sta dando piena risposta con i movimenti che sta manifestando in questi ultimi tempi. Qualcosa che c’è sempre stato, sempre ci sarà, e col quale dobbiamo ormai abituarci a convivere, che ci piaccia o no.


SCOSSE IN TUTTO IL MONDO: EVENTI COLLEGATI?
Però mi sono sempre chiesta se un terremoto possa essere strettamente in collegamento con un altro, magari che si verifica dall’altra parte del mondo.
Abbiamo sotto gli occhi quello che sta avvenendo in questi giorni in Emilia, e abbiamo appreso che il 6 giugno alle 08:58 locali (le 09:58 italiane) c’è stata una scossa di terremoto di magnitudo 4.0 che ha colpito, con soli 3km di profondità, le acque al largo dell’Irlanda nord/occidentale, lì dove le scosse sismiche sono rarissime. Di quel terremoto, un sismologo britannico aveva affermato trattarsi di un fenomeno “assolutamente inaspettato, sul quale i geologi si pongono domande molto interessanti“.
Ancora, tutto il mondo sembra al centro di numerosi terremoti: giusto ieri notte, alle 23 ora italiana (5a.m. ora locale), un sisma di magnitudo 6.0 ha colpito Taiwan, e poi ancora le isole Fiji, l’Indonesia, le Filippine, il Nepal, con magnitudo tra 4 e 5, per non parlare dei due sismi a distanza di due ore l’uno dall’altro che hanno colpito la Russia, con magnitudo 5.1 e 5.3. O ancora quello di magnitudo 6.0 che ha colpito le isole Dodecanese in Grecia alle 14.44 ora Italiana.

I dati che sto riferendo li reperisco dal sito http://earthquake.usgs.gov/earthquakes/map/, dal quale ho estratto anche la figura qui a sopra che mostra i terremoti mondiali registrati negli ultimi 7 giorni: in tutto, ci son stati 1390 eventi mondiali, e si vede bene come questi siano concentrati nelle zone a più alto rischio sismico, cioè alla confluenza delle placche terrestri.

Cosa sta succedendo?

Giusto ieri parlavo del comunicato emesso dalla Commissione Nazionale per la Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi relativo al terremoto e di come la presentazione di questo rapporto abbia suscitato grande scalpore per il tono “allarmistico” che manifesterebbe. In realtà Luciano Maiani, presidente della nuova Commissione Grandi Rischi, afferma ancora una volta che nel Rapporto non c’è alcun tono allarmistico, ma si cerca piuttosto di mettere in guardia la popolazione su quello che potrebbe succedere.
Il documento, in sostanza, come prima cosa, a scanso di equivoci esclude che ad oggi esista un metodo, scientificamente validato, che permetta di fare previsioni sui terremoti. Ciò che viene proposto nel documento altro non è che una serie di orientamenti in merito alla possibile evoluzione del terremoto in atto.

Viene da chiedersi però che differenza ci sia tra previsioni e orientamenti evolutivi. Allo stato attuale delle cose non possiamo sapere se ci sarà una nuova scossa né possiamo dire dove e nemmeno quando, però non si può certo essere così ciechi davanti a questo terremoto e quindi qualche cosa, nel merito della sua potenziale evoluzione, la si può dire, ad esempio studiando le migliaia di dati e schemi che in questi anni la comunità scientifica ha accumulato in merito alle strutture nascoste nel sottosuolo e alle dinamiche con cui i terremoti si manifestano. Si tratta di informazioni che permettono di fare alcune valutazioni che possono aiutare molto a gestire l’emergenza in atto, ma soprattutto a prevenire i danni di altre che arriveranno in futuro.

L’ARCO DI FERRARA E I SUOI SEGMENTI: ALTRE SCOSSE, DOVE?
Secondo Maiani, il terremoto dell’Emilia ha interessato una struttura sismica lunga circa 45 chilometri tra Ferrara e Mirandola, il famoso Arco di Ferrara nominato più e più volte e oramai considerato da tutti gli esperti come il motore di questi sismi. le due scosse più importanti del sisma si sono verificate in due distinti settori: nel settore centrale, nella zona di Finale Emilia, con la scossa del 20 maggio (magnitudo 5.9), e in quello occidentale, nella zona di Medolla, Mirandola e Cavezzo il 29 maggio con le scosse di 5.8, 5.3 e 5.2.
Altro elemento constatato e messo in luce nel rapporto è che l’attività sismica in questi due settori della faglia – da Finale Emilia a Mirandola – si sta riducendo. Gli esperti hanno poi valutato che, nel caso in cui dovesse esserci nella zona una ripresa dell’attività sismica nella zona, è significativa la probabilità che si attivi il segmento compreso tra Finale Emilia e Ferrara con eventi paragonabili ai maggiori eventi registrati nella sequenza e cioè di magnitudo di circa sei. Inoltre, anche se con minore probabilità, è stato spiegato che non si può escludere che l’attività sismica si possa estendere ad aree limitrofe a quelle attivate fino ad ora.
Una di queste zone potrebbe ad esempio essere quella di Ravenna dove si è verificato un terremoto di magnitudo 4.5 il 6 giugno scorso? Oppure quella di 4.5 avvenuta alle 4.04 del 9 giugno al confine tra Veneto e Friuli?
Il terremoto avvenuto in Veneto, tra l’altro, è abbastanza inusuale, poichè pur essendo stato un sisma di una certa violenza (4.5 di magnitudo non è poco!) non ha fatto registrare alcuna replica, cosa che invece è successa, ad esmepio, per il sisma di Ravenna che repliche, come vedremo dopo, ne ha avute. Dunque il sisma del Veneto già di per sè è strano, così isolato…c’è qualche correlazione tra i due sismi e lo sciame emiliano?

Gli esperti su questo punto affermano che i due eventi NON SONO collegabili tra loro.

SISMI IN EMILIA E VENETO: FENOMENI NON COLLEGATI
Secondo il Mattino di Padova, l’Alpago, il Cansiglio, Vittorio Veneto e dintorni costituiscono l’area più pericolosa del Veneto dal punto di vista sismico. Il terremoto, dunque, rientra nella normale attività tellurica della zona ed è quasi normale che possa verificarsi uno sciame. Pierluigi Bragato, sismologo del Crs-Ogs di Udine, afferma che i terremoti di Emilia e Veneto sono fenomeni distinti, autonomi, ancorché originati nella stessa placca adriatica, che scende dalle Alpi e risale verso gli Appennini. Il presidente della Commissione Grandi rischi, Luciano Maiani, aggiunge: «Questa scossa registrata tra il Veneto ed il Friuli Venezia Giulia non è direttamente collegata alla stessa struttura sismica dell’Emilia, ma sembra far parte di quella ripresa di attività in Val Padana che già seguiamo da gennaio: da mesi stiamo tenendo questa regione sotto la lente di ingrandimento».

Il rischio sismico in Veneto. Cartina tratta dal sito internet de Il Mattino di Padova

«Non si tratta, comunque, della stessa faglia», precisa Paolo Messina, direttore dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Cnr di Roma. La placca Adriatica costituisce la punta più settentrionale di quella Africana, che comprende la costa orientale dell’Italia e l’Adriatico. La placca africana spinge verso Nord, contro quella Eurasiatica, e in questo movimento l’Adriatica scende sotto le Alpi. Bragato spiega che anche questo terremoto è di tipo compressivo. L’energia accumulata costringe una delle due placche (in questo caso quella Africana) a piegarsi, inclinandosi verso il basso, e ad infilarsi sotto l’Eurasiatica. Questo movimento generale può generare terremoti che fra loro sono indipendenti.

LA ZONA DI RAVENNA E I SUOI TERREMOTI
Parlando del terremoto di Ravenna, osservando i dati dell’INGV, si scopre un’altra cosa: sono stati ben 5 i terremoti che hanno colpito la zona di Ravenna, come dimostrano le immagini sotto, tratte dal INGV.

E Ravenna, lo ricordiamo, è esattamente il punto più a Est dell’Arco di Ferrara, finora rimasto tranquillo in silenzio. La profondità dei sismi è abbastanza notevole (tranne il terremoto di ieri alle 4: 13 ora italiana di magnitudo 2.3 e profondità 7,2 km), ma può bastare per essere tranquilli? Secondo me no, se si considerano poi altri dati, ciò quelli che parlano dei terremoti avvenuti a Ferrara e dintorni nell’ultimo periodo, e basta guardare il sito per farsene un’idea.


“NATURE”: BARNOSKY, LA TERRA VICINA AL PUNTO DI NON RITORNO
Insomma, i terremoti continuano…e a complicare le cose, ecco un articolo apparso sul blog di Focus che riporta uno studio pubblicato su Nature da Anthony Barnosky, un biologo dell’Università della California. Secondo Barnosky la Terra è vicino al punto di non ritorno e si sta preparando ad affrontare i cambiamenti più drammatici e radicali da 12.000 anni a questa parte, da quando cioè i ghiacci hanno inziato a ritirarsi alla fine dell’ultima glaciazione. Secondo Barnosky e i suoi colleghi il problema è causato dall’eccesiva pressione alla quale stiamo sottoponendo il pianeta: a un certo punto, impossibile da prevedere, qualcosa si rompe scatenando una serie di reazioni a catena i cui effetti devastanti si amplificano un passaggio dopo l’altro. L’articolo (disponibile all’indirizzo linkato sopra), fa riferimento più che altro allo scioglimento dei ghiacci, ma mi viene da chiedermi: il punto di non ritorno della Terra, i cambiamenti radicali e drammatici di cui si parla, possono essere considerati anche i terremoti in atto? Un pericoloso EffettoDomino che una volta messo in moto è difficile, se non impossibile, arrestare?

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