Pellestrina è probabilmente l’isola più grande della Laguna veneta, ed è conosciuta per la presenza del santuario dedicato all’Apparizione e ai Santi Vito e Modesto, meglio conosciuto come santuaruio della Madonna della Neve.

Il motivo per cui questo santuario è chiamato così è molto noto, ma voglio ugualmente riportarlo.

Il 4 agosto 1716 la Madonna apparve a un giovane pescatore, muto, che si chiamava Natalino Scarpa, annunciando che quel giorno i veneziani avrebbero trionfato sui Turchi. L’evento, realmente avvenuto, fu seguito da un’intensa nevicata. Questo fatto miracoloso colpì profondamente la comunità di Pellestrina, che decise pertanto di costruire un tempio dedicato alla Madonna che aveva profetizzato il tutto.
Ancor oggi, il 4 agosto a Pellestrina si festeggia l’avvenimento con processioni e una regata su caorline dei quattro sestieri.
Ma Pellestrina è nota anche per un fatto leggendario che avvenne in un tempo non meglio precisato: la vendetta dell’annegato.

Pellestrina, isola di pescatori e marinai. Isola di uomini di mare avezzi alle tempeste. Isola di gente temeraria ma timorosa, e rispettosa, del mare e delle sue leggi.
Gnuche era un proprietario di barche da trasporto, che facevano la spola da Pellestrina all’Istria, trasportando legna e la tipica pietra bianca usata per abbellire le facciate dei palazzi veneziani o per rifare le rive della Serenissima.
Gnuche era bravo, ma era molto avaro. E poco rispettoso del mare e delle sue regole, scritte e non scritte.

Una sera, uscì in mare con una delle sue imbarcazioni, e il caso volle che s’imbattesse in un violento fortunale. Solo il coraggio, l’astuzia e la perizia dell’equipaggio fecero sì che gli uomini salvassero la vita, la nave e il suo carico.
Mentre l’imbarcazione procedeva verso la sua rotta, in mezzo alla Laguna fu avvistato il corpo di un annegato che galleggiava a pelo d’acqua: sicuramente l’uomo era morto durante il violento fortunale che si era appena abbattuto. Gli uomini chiesero a Gnuche di poter issare il cadavere a bordo, portarlo in terraferma e dargli adeguata sepoltura. Ma il vecchio comandante, sordo e senza pietà, fece valere la propria autorità e diede ordine di continuare la navigazione, chè il fortunale aveva fatto perdere abbastanza tempo, c’erano delle merci da consegnare e non c’era tempo da perdere in inutili convenevoli.

Il viaggio fu liscio come l’olio: l’equipaggio scaricò i prodotti che trasportava in istria, fece carico di pregiata pietra e poi girò, facendo rotta verso Venezia. Tutto sembrava andar bene: le correnti erano favorevoli, il vento spingeva la barca nella giusta direzione, ma non appena l’imbarcazione fu in procinto di entrare nelle acque di competenza della Serenissima, quindi nella Laguna, ecco che il vento si alzò contrario, soffiando impetuoso e sospingendo l’imbarcazione di nuovo in mare aperto.
Si decise allora di entrare in Venezia attraverso un’altra bocca di porto, quella di Malamocco, ma una fortissima onda quasi fece rovesciare l’imbarcazione.

I poveri marinai, che iniziavano a disperarsi, tentarono inutilmente di entrare a Venezia attraverso le bocche di porto esistenti, ma non riuscivano nemmeno ad avvicinarsi, a causa dei venti che spiravano, inspiegabilmente, sempre contrari. Solo allora capirono che quella doveva essere la vendetta dell’annegato che il padrone non aveva voluto issare a bordo, e tutti i marinai si gettarono in acqua, guadagnando la riva a nuoto.

Gnuche rimase solo sulla barca, a gridare e imprecare. Fu allora che, sul pelo dell’acqua, vide affiorare il braccio del morto annegato che non aveva voluto salvare, e sportosi per issarlo a bordo, e dargli quindi sepoltura, si accorse invece che non di un braccio si trattava, ma di un ramo avvolto da alghe.

Fu allora che Gnuche capì di essere stato dannato. La barca si arenò nel frattempo in una secca, e Gnuche fu portato in salvo, ma i suoi occhi spalancati e immobili ben riflettevano il terrore che aveva passato a bordo della barca, in balia del mare e della vendetta dell’annegato. Gnuche decise che mai e poi mai avrebbe rimesso piede in mare, e decise pertanto di vendere la sua flotta.

Tuttavia, ciò non bastò a scongiurare la maledizione dell’annegato.

Nessuno volle infatti comprare la flotta che il vecchio armatore aveva messo in vendita, dal momento che tutti sapevano che era maledetta. Non trovò più nessuno disposto a salire su una delle sue navi.
In breve tempo perse tutti i suoi averi. Alla fine, paron Gnuche morì, in completa miseria e solitudine.

Ora sì, la vendetta dell’annegato era finalmente compiuta.

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16 pensiero su “La maledizione del fantasma di Pellestrina”
  1. Ah, non posso più sentire la parola “neve” senza che mi venga l’orticaria! 😛
    Interessantissima la maledizione dell’annegato, così impari Gnuche!

  2. Mi sembra giusto…gli esseri umani sono più importanti di ogni affare, anche dare una degna sepoltura è un atto di pietà….inderogabile.
    Un abbraccio
    Angie

  3. Sei una fonte, a cui mi abbevero in lunghe sorsate.
    Speriamo non ghiacci, oppure se sì, che lo faccia quest’estate.
    Un caro saluto.

    1. Gattonero, non mi ghiaccerò a meno che non siano altri che facciano di tutto per chiudermi la possibilità di sgorgare acqua 🙂

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