Mi sono occupata più volte sul blog della terribile pestilenza che si abbatté su Venezia a più riprese. Ho parlato del Pozzo di san Sebastiano, della Basilica della Madonna della Salute e del suo terribile segreto, ho parlato del luogo miracoloso che non venne toccato dalla peste. Ho parlato anche di due isole, Poveglia e Sant’Ariano, dove venivano portati gli appestati, o i loro cadaveri.

Oggi invece parliamo di un altro luogo di Venezia, dove la peste si abbattè con particolare ferocia, mietendo centinaia di vittime. Ma stranamente, in questo luogo, erano solamente i bambini a morire, per un oscuro disegno che non trovava soluzione.

Ci troviamo nell’antico Ghetto di Venezia, luogo già di per sè magico, per la sua storia tormentata che sembra scritta su ogni pietra e ogni calle che ci trova.
E quando ho appreso questa storia, leggendola da quella che si può considerare la “bibbia” del mistero di Venezia, che è la bibliografia vastissima e ricchissima di Alberto Toso Fei, non ho potuto fare a meno di raccontare questa vicenda.



Nel 1576, nel Ghetto ebraico di Venezia si era avuta una terribile disgrazia: la peste.
Ma se altrove la terribile malattia non faceva alcuna distinzione tra le sue vittime, qui le prescelte erano sempr e esoltanto i più indifesi, i bambini. Il rabbino capo della comunità ebraica Jacob Sterchel, per quanto indagasse, non riusciva a capire il perchè di queste morti che colpivano solo ed esclusivamente i bambini.

Inutilmente egli cercava nei suoi libri e nella sua vasta conoscenza una risposta alle tante domande che assillavano la comunità, preoccupata per questa strana incidenza, ma per quanto cercasse, non trovava nulla.
Una notte però, mentre stava riposando, ecco che gli apparve in sogno il profeta Elia, che gli disse di alzarsi subito, senza perder tempo, e di seguirlo. In men che non si dica, il rabbino si alzò, si vestì alla meno peggio e uscì fuori, seguendo l’apparizione del Profeta che lo condusse, fluttuando nell’aria e sopra l’acqua della laguna, fino al Lido.
Qui ha sede il beth-chaim, il cimitero ebraico di Venezia.
E nel cimitero ebraico il rabbino vide gli spiriti dei bambini morti di peste che correvano di qua e di là, giocando e danzando tra le tombe, avvolti nel tachrichim, il tradizionale telo funebre.

Il rabbino di fronte a quella visione così strana avrebbe certo voluto chiedere al profeta Elia cosa significasse, ma in quel momento si svegliò.
Rimase fermo per qualche istante, chiedendosi cosa mai potesse voler dire quel sogno, ma decise, senza perdere altro tempo prezioso, di rivolgersi a un suo fido discepolo.
Gli disse che, se avesse voluto risolvere il problema della peste, avrebbe dovuto recarsi a mezzanotte al cimitero, dove avrebbe visto ballare i piccoli defunti.

Avrebbe poi dovuto strappare a un bambino il telo mortuario e portarglielo immediatamente.

Il discepolo, pur spaventato, obbedì. Quella stessa notte si recò al cimitero, si mise in attesa e, come gli aveva preannunciato il rabbino, a mezzanotte vide i bambini che uscivano dalle tombe e si mettevano a giocare. Allora, facendosi coraggio, il discepolo uscì dal suo nascondiglio, si avvicinò a un bambino che giocava davanti a lui e gli strappò di dosso i teli mortuari, fuggendo poi a casa del rabbino.

Nella notte, mentre stava a letto ben sveglio, quasi aspettandosi qualcosa, il rabbino sentì un flebile ticchettio alla finestra della sua camera da letto.

Guardò fuori, e vide il bimbo che implorava con voce flebile di restituirgli subito il telo fumebre: “Maestro, restituiscimi il mio tachrichim! Senza di esso non posso fare ritorno!”.

Ma il rabbino rispose: “Non te lo restituirò fino a quando non mi dirai perchè sono solo i bambini a morire di peste, qui in Ghetto”.

All’inizio il piccolo non volle rispondere, ma poi, vista la fermezza del rabbino, rispose che la causa di tutto era una madre, che aveva ucciso il figlio appena nato. Poi, riavuti i suoi veli, tornò al cimitero per coricarsi con gli altri piccoli e guadagnare il sonno eterno.

Avendo finalmente chiaro il problema, l’indomani il rabbino convocò i capi della comunità e ordinò che gli fosse condotta la donna che aveva commesso l’infanticidio. La donna confessò il terribile delitto, e fu quindi affidata alla giustizia. Da quel momeno cessò la misteriosa moria dei bambini ebrei, e fino alla fine dell’epidemia sembra che nessun altro abitante del Ghetto morì di peste.

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25 pensiero su “I fantasmi dei bimbi appestati”
  1. Semplicemente affascinante!
    Chissà che leggende verranno fuori, fra secoli e secoli, per descrivere gli infanticidi di oggi. Ogni giorno uno, e non sono meno atroci di quelli, che perlomeno avevano l’attenuante delle malattie.
    Un bacio e un saluto.

    1. Buonpomeriggio Granduca, hai ragione, è una storia vecchia ma molto attuale, purtroppo…grazie per il commento, un abbraccio!

  2. Povero bimbo svestito, mi ha fatto una tenerezza incredibile…non c’era un altro modo per farselo dire?
    Comunque attendevo trepidante questa storia e, come prevedevo, non mi hai delusa affatto!
    Brava Donata!

    P.s. Stanotte sognerò di sicuro di giocare con i bimbi al cimitero 😀

    1. Ciao Ndina! Forse c’è stato un malinteso, non era questa la storia che avevo promesso alla fine del post dedicato all’isola di Campana… quello è in arrivo, prossimamente…ne ho talmente tanti da scrivere guarda.,…..un baciottto, e non farmi sogni così spaurosi!

    1. Ciao Salomon! Le hanno contestato solo la morte del figlio, gli altri bambini morivano per la peste, la donna ha pagato unicamente per il delitto sul figlio.

  3. Questa leggenda è veramente fantastica anche se triste.. te l’ho già scritto ma se ti interessa prova a fare una ricerca sulla stradella della diavolo vicino a S.Giorgio dietro alla Chiesa di Monte Berico. Potreste esserci qualcosa d’interessante!
    Comunque come sempre bellissimo post!
    A presto.. Sibilla

    1. Ciao Sibi, ho fatto quella ricerca e ho scovato diverse cose interessanti, devo andare a fare un giro da quelle parti e non appena avrò le foto, pubblicherò qualcosa 😉

    1. Ciao Angie, questa è una leggenda tramandata a Venezia da tempo immemore. Il periodo della peste è stato uno dei peggiori, e attorno a quel periodo sono sorte centinaia di leggnde, che ho riportato qui sul blog. Un abbraccio

    1. Pauroso!!!! Eddai su, hai nascosto la testa sotto il piumino?! Lo so che il my blog lo leggi comodamente spaparanzato sul divano con il piumino di Superman e la birretta fresca in mano 😉

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