No, non sto per parlarvi di Caronte di dantesca memoria. La sua storia è notissima e certo non voglio tediarvi.
Ho però riscoperto, con grande piacere devo ammetterlo, che pure a Venezia e dintorni c’è la storia di un traghettatore infernale, una sorta di Faust made in Veneto.

Questa storia però è una leggenda, ma così simpatica che ho deciso di rispolverarla e riproporla. C’è da dire che qualcosa di vero in questa leggenda c’è, insomma è presente un fondo di verità, e tutto la rende veramente interessante e coinvolgende.

Burano, famosa per i merletti e..le case multicolori!

Questa è la storia di Bepi, un marinaio che di professione faceva il traghettatore di persone, da Burano a Treporti.

Sempre la stessa strada, decine e decine di volte in un giorno, pioggia o sole, vento o neve. Sempre quella strada. Finchè Bepi, un giorno, così si espresse, rivolto alla laguna:
“Ah, se per una volta, una volta sola, io potessi cambiare questa vita…sarei anche disposto a vendere la mia anima al diavolo!”.
La mattina seguente, era una fredda mattina di novembre, nebbiosa e triste, Bepi si trovava come sempre all’imbarcadero, in attesa dei primi passeggeri. Ma stranamente non c’era nessuno in attesa del traghetto. Nessuno a parte un distinto signore vestito interamente di nero, il quale gli si fece vicino e gli disse:
“Sono venuto a ricordarle la sua richiesta”.
Bepi lo guardò, sorpreso, e l’altro, intuendo che Bepi non aveva capito, continuò:
“Sì, la richiesta che fece giusto ieri, di vendere l’anima al diavolo in cambio di una vita migliore”.

Lì per lì Bepi credette a uno scherzo di cattivo gusto, tanto più che il suo interlocutore non sembrava affatto sano di mente. Ma quando questi iniziò a parlargli, descrivendo i vantaggi che Bepi avrebbe potuto godere se avesse accettato il patto, tutte le certezze del giovane marinaio vacillarono, infrangendosi poi quando l’uomo vestito di nero gli porse un sacchetto colmo di monete d’oro, dicendogli che se avesse accettato, quel denaro sarebbe stato suo.

Bepi non ci pensò su due volte, prese il denaro e accettò il patto, firmando con il sangue la pergamena che gli era stata srotolata davanti. La sua anima era stata venduta al diavolo.
“Prenderò la tua anima allo scadere di…” fece per dire l’uomo vestito di nero, ma Bepi con un cenno gli disse di tacere: non gli importava quando il diavolo fosse venuto a reclamare la sua anima. Lo facesse anche subito, se voleva: non gli importava. Aveva ottenuto quel che voleva.

Di lì a poco il tenore della sua vita cominciò a cambiare radicalmente: alcuni investimenti fatti tempo addietri, fino ad allora assolutamente sbagliati, iniziarono a fruttare, e a fruttare decisamente bene. In breve tempo, Bepi ebbe tanto di quel denaro che potè acquistare un terreno e quindi fabbricare una casa.
Rilevò la barca sulla quale vogava, e mise un giovanotto a faticare al suo posto, ben deciso ora a fare la vita da signore.
Cambiò anche professione, e iniziò a prestare denaro a chi ne aveva bisogno. Lo faceva però con tassi da usuraio, perchè il suo cuore stava diventando malvagio, e ben presto i suoi amici si staccarono da lui, i genitori morirono, lasciandolo solo, e anche la moglie lo piantò.

Passarono così diversi anni, e Bepi si dimenticò completamente del contratto che aveva firmato col diavolo.

Un giorno il giovane traghettatore che aveva assunto al suo posto si ammalò, e Bepi, un po’ per nostalgia del suo vecchio lavoro e un po’ per non perdere il guadagno che quel lavoro gli portava, ne prese il posto.

Era una serata fredda di novembre, e la nebbia standeva le sue lunghe dita sulla Laguna.

Gli ultimi viaggiatori erano scesi dal traghetto, e Bepi stava apprestandosi a tornare a casa, quand’ecco un distinto signore vestito di nero si presentò all’imbarcadero, chiedendogli di essere trasportato con urgenza a Treporti. Bepi obiettò che stava per andarsene a casa, che non poteva proprio accontentarlo, ma l’altro gli promise paga doppia. Bepi accettò.

Il vecchio marinaio vogava tranquillo, ma in cuor suo sentiva una certa ansia, un certo malessere, una certa paura…

Il viaggiatore lo distolse dai suoi pensieri:
“Bepi, sono venuto a ricordarti il tuo patto!” disse l’uomo, agitando davanti agli occhi dell’atterrito traghettatore una pergamena. Bepi si avvide solo allora degli zoccoli di capra che spuntavano dagli eleganti pantaloni del viaggiatore.

Il giorno seguente la barca di Bepi fu ritrovata alla deriva, vuota. Di Bepi nessuna traccia. Ma una stranezza c’era in quell’imbarcazione, ben impressa sul legno della prua: due impronte di zoccolo marchiate a fuoco.

Ed ecco la parte di verità di questa leggenda: il pezzo di legno con le due impronte fu tolto dalla barca, e portato in una chiesa veneziana, conservato, ancor oggi sembrerebbe, nella sacrestia. Ma il nome di questa chiesa è purtroppo avvolto dal mistero, e per quanto io abbia cercato e chiesto informazioni, nessuno è stato in grado di dirmi dove si trovano le impronte del diavolo che rapì Bepi, il traghettatore infernale.

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22 pensiero su “Il traghettatore infernale”
  1. Questa bellissima leggenda sembra la metafora della vita e di come si sia costretti a scendere a patti, per poter continuare a mantenere un certo tenore sociale.I marchi a fuoco li abbiamo sui nostri animi.
    Complimenti per aver scovata questa storia: è molto interessante e istruttiva.

    Un abbraccio.

  2. Ecco perchè io quando penso di vendermi al diavolo scaccio subito il pensiero, quello ci sente troppo bene… e io sono una fifona per rischiare 🙂 Interessante

  3. ciao ladyghost, anche questa storia è affascinante.
    ti mando un saluto, qua da me nevica.
    alla prossima

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