Forse non tutti sanno che il grande Marco Polo, dei quasi 25 anni che trascorse in Oriente, ben 17 li trascorse lavorando a stretto contatto con l’imperatore, e mentre si trovava a corte si innamorò perdutamente di una delle figlie più giovani e avvenenti di Qubilay Khan.

Marco ne era rimasto folgorato dopo averla udita cantare, una sera, mentre se ne stava al balcone della sua stanza da letto.

La fanciulla sedeva sulla sponda di un laghetto artificiale nei giardini imperiali, e la sua voce era così bella e suadente che Marco Polo non seppe resisterle e volle a tutti i costi prenderla in moglie. La bella principessa si chiamava Hao Dong.


Di indole dolce e molto riservata, per lungo tempo Hao Dong ricambiò con il suo amore quello del compagno, e ne seguì le vittorie con molta pazienza, attendendo sempre il ritorno dell’amato, quando questo se ne stava lontano anche per mesi. Quando poi Marco Polo dovette far ritorno a Venezia, Hao Dong, per amor suo, rinunciò al suo amato Oriente, e seguì il marito nella Serenissima.

Ma la sua vita a Venezia fu in qualche maniera una vergogna per la città, e infatti le cronache non ricordano volentieri quei fatti: invisa al resto della famiglia Polo per questioni di gelosia e avidità, additata per strada dal popolino a causa della sua evidente diversità, malgrado la sua inalterata bellezza la povera principessa si adeguò, per amore del marito, a vivere quasi segregata in casa, per non creare problemi né a sé né al consorte, che nel frattempo era stato diffidato anche dalla Chiesa per quella sua unione “irregolare” con una donna che cristiana non era.

L’unico svago che Hao Dong si concedeva nei lunghi giorni della sua “prigionia” era il canto.
Non era affatto raro infatti, transitando sul ponte nelle serate più calde dell’anno, che molte persone si fermassero ad ascoltare, rapite, quel canto così bello, in una lingua sconosciuta, che ammaliava e commoveva.
Se avessero capito cosa Hao Dong cantava, avrebbe inteso che ella piangeva lacrime amare per la sua terra lontana, luogo in cui un intero impero la onorava, mentre lei viveva felice con suo marito nelle lontane terre del Kathay. Qui a Venezia, invece, solo offese, tristezza e grande malumore.
Per qualche mese la situaizone si trascinò così, fino a quando giunse a palazzo Polo la notizia dell’imprigionamento di Marco da parte dei genovesi.

Una delle sorelle salì per avvisare la cognata, ma invece di riferirle la verità sulle sorti del marito, per ferirla ulteriormente gliene annunciò la morte.
Hao Dong non disse nulla, ma quella stessa notte, dopo essersi data fuoco alle vesti, si lanciò da una delle finestre nel canale sottostante, mettendo fine, come una stella cadente luminosa e bella, alla sua breve e triste esistenza a Venezia.

Da quel giorno, nelle belle sere d’estate, stando sul ponte è ancora possibile sentire un canto debole, indistinto, di cui non essendo possibile stabilire con esattezza la provenienza, non si può far altro che rimanere incantati ad ascoltarne la dolcezza.
Si dice che sia Hao Dong, che canta ancora il suo amore per Marco, sapendo di essere riamata. E certe notti non è affatto impossibile, anche se purtroppo avviene sempre più raramente, scorgere un’eterea figura che dalle alte finestre del palazzo si lascia fluttuare nel cielo, tra le altre case affacciate sul canale.

La figuretta tiene le mani a coppa, e dalle mani si sprigiona una piccola fiammella azzurra: la principessa con quel lumicino viaggia di notte, per ricongiugersi al resto della sua famiglia, rimasta dall’altra parte del mondo, a Oriente.

C’è di più.

Recenti lavori si ristrutturazione delle fondazioni di casa Polo, e del teatro Malibran, dove sorgevano le proprietà della famiglia del mercante, hanno portato alla luce dei vecchissimi resti umani, appartenenti a una donna, forse di razza asiatica, sepolta in quel luogo con un corredo di oggetti di foggia orientale. Tra di essi vi era un preziosissimo diadema imperiale, che reca un simbolo inconfondibile: lo stemma di Qubilay Khan. Si tratta forse dei resti della bella Hao Dong, principessa senza impero morta per amore?

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18 pensiero su “Hao Dong, il fantasma che canta a Venezia”
  1. Affascinante. E come le racconti tu le leggende non le racconta nessuno. Solo 11 post a gennaio, il che è un vero peccato perchè sei brava a scrivere!

  2. Ammetto tutta la mia ignoranza per quanto riguarda Marco Polo; non mi ero mai posto il problema della sua vita coniugale. Evidentemente a tanta fama non corrisponde altrettanta felicità. Chissà come sarebbe oggi il mondo se Marco Polo avesse deciso di restare per sempre in Cina con la sua Hao Dong .

    Un abbraccio.

    1. Franz e chi lo sa, sicuramente migliore, almeno credo, ma non è dato sapere come sarebbero andate le cose se…un abbraccio

  3. Che meravigliosa storia amica mia, tanto che la tentazione di riportarla sul mio blog è immensa, ma vorrei il tuo permesso…prima
    Un bacione
    Angie

    1. Grazie Nick, sono davvero contenta che tu l’abbia apprezzata, ne scriverò molte altre, ultimamente sono in vena 😉

  4. che brividi questo racconto………..ci credo alla’altra dimensione e alla vita oltre la vita…..si puo’ essere lei tormantata ancora dalla sua vita terrena….

    ciao serena serata a presto!!

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