Oggi è una di quelle giornate piovose e fredde che mi spingono a desiderare di prendere il treno e dirigermi a Venezia.
Venezia, non c’è bisogno che lo dica io, è una città magica, in tutti i sensi. Provate a immaginare come dev’essere passeggiare per le calli, riparati da un ombrello, mentre la sera scende e le ombre si allungano sulle stradine strette e trafficatissime di frettolosi studenti e incantati turisti; fermarsi sulla riva di qualche canale, guardando la Laguna che lambisce le antiche mura della città Immortale adagiata sull’acqua…

Osservare i riflessi dei lampioni su quei canali, simili a mille brillanti che danzano nella pioggia. Vedere il sole che tramonta sulla Serenissima, spandendo il suo colore rossastro su tetti, calli e campielli, evocando l’arrivo di una notte che potrebbe far rivivere l’ars amatoria di Giacomo Casanova…
Magari girare per la città, ed esser costretti a cambiare più volte strada perchè l’acqua non cade solo dal cielo, ma sale anche dalla terra per quel fantastico fenomeno che è l‘acqua alta a Venezia.
Annusare l’aria, che ha quel profumo di antico, di pioggia salmastra, di fumo e di muffa che solo a Venezia si può sentire…
E poi infilarsi in qualche locale poco illuminato, e sorseggiare una tazza di cioccolata fumante magari accompagnata dai baicoli, tipici dolcetti veneziani, e poi riprendere il cammino, mano nella mano con la persona che fa battere il cuore come un tamburo…

Ok, basta divagazioni!

Oggi parliamo di una storia d’amore, tanto per cambiare, ma nella quale troviamo spunti di morte e miracolo come è nel DNA di Liber@discrivere, che per una volta tanto ha voglia di lasciarsi trasportare dal sentimento, pur senza perdere il contatto con la sua vera essenza di cacciatrice di fantasmi…e che mi definiscano pure “pazza”…che c’è di male ad amare il mistero?

Di fronte al ponte della Fava, che a sua volta confina con la calle omonima, sorge una bella chiesa, nota ai veneziani con il nome di “Santa Maria della Fava“, ma che in realtà è dedicata a Santa Maria della Consolazione.

L’etimologia del toponimo è avvolta nel mistero: forse si riferisce all’antico commercio delle fave che poteva aver avuto luogo in quell’area della città, oppure potrebbe essere attribuito a un pasticcere che, nel giorno dei morti, aveva l’abitudine di preparare le “fave dolci” (che altrove si chiamano anche “ossa di morto”) ed erano i tipici dolcetti  veneziani che venivano preparati proprio in occasione della commemorazione dei defunti, il 2 novembre.

Ancora oggi, nelle case dei veneti, il 1 novembre, giorno di Ognissanti, si preparano questi dolcettini deliziosi che vengono poi lasciati sul tavolo, nella notte tra l1 e il 2 novembre, accompagnati da un bicchiere di vino rosso, affinchè i defunti che vengono a fare visita ai loro cari in quella notte abbiano di che sfamarsi.

Ma torniamo alla chiesa. L’attuale edificio fu eretto nel 1711, mentre la storia che stiamo per raccontare è di poco anteriore.
Esisteva una piccola chiesa, che si affacciava direttamente sulla riva del canale e, dove sorge l’attuale edificio, esisteva un cimitero, quello dell’antica chiesetta non più esistente.
I protagonisti di questa storia sono due giovani veneziani, Maria e Gregorio.

Maria era la figlia di un ricco commerciante veneziano; la fanciulla si era innamorata, ricambiata, di un giovane, senza che la sua famiglia fosse però d’accordo. Gregorio, questo il nome dell’innamorato, era un pittore di immagini sacre; da tre anni i due si amavano clandestinamente, quando un brutto giorno il padre di Maria decise di far sposare la giovane con un altro giovane. Si trattava di un uomo molto più vecchio di Maria, ricco e di ottima famiglia, a differenza dello squattrinato pittore.

Maria dovette così ubbidire alla famiglia, e a malincuore dovette sposare l’uomo che il padre aveva scelto per lei. La vita della poveretta fu infelice e breve: dopo soli tre anni si ammalò di polmonite e morì. Fu sepolta nel cimitero della piccola chiesetta di fronte al ponte della Fava.

La leggenda vuole che, durante una nevicata invernale, nel piccolo cimitero accadesse un miracolo. Improvvisamente, dalle tombe ricoperte di candida neve, si levò una figura. Era Maria che, per grazia di una Volontà superiore, era tornata in vita.

La ragazza andò subito dal suo sposo, ma questi la cacciò come fosse il demonio in terra.

Andò dai genitori, che non riconoscendola come loro figlia la ripudiarono, esattamente come fatto dal marito.

Allora, la notte della vigilia di Natale, Maria andò dal suo antico amore. Quando gli si accostò, Gregorio era chino sul suo tavolo da lavoro: stava dipingendo l’immagine della Madonna da donare alla chiesa, e certo mai si sarebbe aspettato una simile apparizione! La ragazza però subito lo tranquillizzò, temendo che anch’egli potesse cacciarla, ma appena ebbe detto a Gregorio di non aver paura, subito lui la prese tra le braccia e la strinse forte.

I due innamorati decisero che era giunto il momento di far rientrare Maria nella società veneziana, e così Gregorio, dopo aver vestito di tutto punto la sua amata, la condusse in chiesa, al proprio fianco, quella stessa notte della vigilia di Natale.

I due fecero il loro ingresso nella chiesa, tra lo stupore generale, e vi furono molti tra i presenti che, riconoscendo nella giovane che camminava mano nella mano con Gregorio proprio la giovane morta tempo prima, gridarono al miracolo.
Anche i genitori di Maria, riconoscendo alla fine la propria figlia, acconsentirono al matrimonio con Gregorio, ora che la morte l’aveva separata dal primo sposo e la stessa morte l’aveva riportata dal suo primo amore.

L’immagine che Gregorio stava dipingendo quella notte in cui Maria riapparve fu donata alla chiesa, e considerata da tutti come miracolosa. I parrocchiani subito chiesero a gran voce che venisse eretta una nuova chiesa, molto più grande della precedente, e suggerirono che l’edificio venisse dedicato alla Madonna della Consolazione, proprio in virtù di quel sentimento che aveva riunito le sorti dei due amanti e ricondotto a più miti consigli i genitori della ragazza.
Fu creata una piccola nicchia sul muro della chiesa, e qui venne appesa l’immagine della Madonna che Gregorio stava realizzando.
Grande era stato lo stupore dei veneziani per questa bellissima storia d’amore, che si decise che l’intera storia venisse ricordata, attraverso la realizzazione di due statue che dovevano rappresentare Maria e Gregorio, i due amanti separati dalla Morte e della Morte riuniti.

Sulla facciata della chiesa vennero così create due nicchie, per contenere le statue di legno dei due giovani innamorati.

Tuttavia, il mistero che aleggia intorno alla vicenda non è concluso. Pare infatti che un giorno, mentre si stavano ultimando i lavori di costruzione della nuova chiesa di Santa Maria della Consolazione, sia l’immagine della Madonna che le statue di Gregorio e Maria scomparvero nel nulla.
Si cercò ovunque, si ipotizzò un furto, uno sgarbo fatto dai parenti del primo sposo, ma delle statue e dell’immagine miracolosa nessuna traccia. Ancor oggi però, ai lati dell’ingresso della chiesa, si possono notare due nicchie vuote, prive delle statue. Il ricordo dei due amanti, però, è rimasto ben vivo nella mente dei veneziani.

Un’altra curiosità è poi legata alla facciata della chiesa della Consolazione.

Osservando il portale d’ingresso, infatti, si può notare una conchiglia in marmo che apparteneva all’edificio preesistente.

La leggenda vuole che il pittore Botticelli, di passaggio a Venezia, abbia visto una donna bellissima uscire dalla chiesa della Consolazione, e vedendo sulla testa di questa donna la conchiglia di marmo ne sia rimasto talmente colpito da aver preso spunto da quel fatto per la realizzazione del celebre quadro della Venere, immortalata proprio su una conchiglia, uguale a quella che il pittore vide sopra il portale di Santa Maria della Consolazione.

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17 pensiero su “Un amore speciale”
  1. Bella questa leggenda, adoro le storie in cui l’amore trionfa sulla morte. L’Italia è piena di questo tipo di aneddoti, ed è bello che qualcuno li faccia conoscere!

  2. @Klod: to santola imbriaga (che so mi)! ha una latente crisi d’identità a quanto pare,non sa chi è…e poi diamine,hai visto che cacchius di nome s’è messo?prima linear,poi NoNsIcApIsCe, poi…vabbbbbbbbeneeeeeeeeeeeeee…ghghghgh

  3. L’italiana è immerso nelle tette rifatte, la rumena non è una harley quindi. Ma a ogni modo non è più passato per di qua ho visto. Contatore a 13 in 3 parti, blog con le ragnetele. Che coionazzo.

  4. @Angie: tu sì ke mi capisci! 😉

    @Nick: nn solo l’autunno zio Nick,pure priavera,estate,inverno…ogni stagion ea xè quea bona!

    @Occhio: “diverse entità” prevedi? Ok mi vido della tua proverbiale preveggenza.

    @Ariano: sttt! nn dirlo troppo forte o potrebbe sentirti!

    @Klod: frate tu sì che sai cm va la vita eh! Ocio che parte ‘na gamella in direzione terzo piano.

    @Andy: sì i veneziani nn sono molto simpatici,almeno gli isolani…sulla gnocca…dipende dai gusti ^__^

    @Melinda: eh già l’amour… grazie stella!

  5. Non conoscevo questa storia (non farla leggere a Stephanie Meyers o siamo rovinati: nuova saga con 27 romanzi sui fantasmi 😉
    Riguardo la parte introduttiva, ovvero il fascino del passeggiare dentro Venezia, beh, è indiscutibile. Io ci ho scritto addirittura una novella, figurati un po’.

  6. A te l’autunno ti fa male, fidanzati e vai a Venezia con lui. Anzi facciamo le selezioni per un nuovo concorso: PENSATE A PENSIEROSPENSIERATO. Il vincitore avrà in premio un fidanzamento con liber@.
    Ricchi premi e cotillon. E così i fantasmi potranno essere lasciati tranquilli… LOL
    Anzi il primo figlio chiamatelo Nick
    Naturalmente scherzavo… o forse no. Del resto Nick è o non è un bel nome per un figlio?
    E poi non dire che non faccio niente per te. LOL

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