Una nuova storia molto particolare ci porta nuovamente ad occuparci di una casa situata nella Val di Fassa, ma in questo caso non parliamo di fantasmi e spiriti, quanto di una leggenda che vede protagonista una strega e gli abitanti di un villaggio.
Nulla di simile alla storia della povera Similde di cui avevo parlato qualche tempo fa, fortunatamente in questo caso non si verificò nessuno spargimento di sangue.
Tutto ebbe inizio agli inizi del Novecento, quando una donna, che era da tutti considerata una strega, venne allontanata dal villaggio in modo che non arrecasse danno alla popolazione.

Piccola premessa.
Nella Val di Fassa la mitologia governava il popolino, e si credeva che i boschi fossero avvolti da un alone di mistero e di paura nel quale albergavano quattro differenti tipologie di esseri mitologici.

Vi erano le Vivenes, creature femminili dai monti e delle acque, che i racconti mitologici descrivono come donne bellissime e di buona indole. Vivevano nei boschi, da dove proteggevano i pascoli e gli alberi, ma si avvicinavano spesso volentieri agli uomini per consigliarli sul tempo, sul periodo più adatto per la semina, per la mietitura e l’aratura. Alle donne insegnavano come usare la cenere dell’abete bianco per ottenere un bucato bianco come la neve, e insegnavano come districare e acconciare bene i capelli. I loro suggerimenti erano preziosi perchè sapevano predire il futuro e quindi potevano evitare possibili disgrazie. Avevano una dote particolare, che consisteva nel saper comprendere perfettamente il linguaggio delle civette: da loro apprendevano le notizie che provenivano dal mondo.

Il corrispondente maschile delle Vivenes era un Uomo selvatico, che rispondeva al nome di Salvan. Viene descritto nelle tradizioni antiche come la divinità delle selve e dei raccolti, una sorta di eroe civilizzatore che insegnava agli uomini i segreti della caseificazione e a lavorare il latte. Purtroppo però il suo aspetto bifronte si riversava anche nel suo carattere: certe volte era buono, altre cattivo, e vendicativo. Viene descritto com un uomo rozzo, perennemente rivestito di foglie, e ai piedi calzava rudimentali scarpe realizzate con rami intrecciati. Lo si vedeva spesso con un bastone nodoso in mano, che serviva sia a rompere la cagliata quando aiutava a prerparare il formaggio, sia a bastonare chi gli stava accanto nei momenti d’ira.

Altri personaggi mitologici che popolavano boschi e selve della Val di Fassa erano le cosiddette Bregostenes, che a differenza delle Vivenes erano selvagge e predatrici. Vivevano nei boschi e nelle montagne e si diverticano a far di tutto per danneggiare l’uomo nelle sua attività. Rubavano qualsiasi cosa, spaventavano le pecore e le mucche, buttavano al vento i covoni di paglia faticosamente ammucchiati nei prati e, soprattutto, rubavano i neonati dalle culle per sostituirli con i propri, esserini brutti e deformi che però agli occhi della gente assumevano i connotati del neonato rapito, e si insediavano nella famiglia come parassiti. Avavno però paura dei cani, e difatti ogni famiglia della Val di Fassa ne aveva almeno uno in casa per impedire alle Bregostenes di avvicinarsi.

Accanto a questi personaggi, che appartengono alla sfera mitologica, non scordiamo però l’esistenza di un altro essere, che però viveva a stretto contatto con gli uomini: Erano le Stries, le streghe, donne perfide e malvage che vivevano tra gli uomini e con l’aiuto del demonio si adoperavano in ogni modo per far loro del male.
Era per questo motivo, infatti, che ogni evento negativo che si abbatteva sulla comunità era attribuito a loro.
Secondo le credenze comuni, le streghe provocavano temporali violenti per distruggere irriparabilmente il raccolto, oppure lanciavano maledizioni affinchè il pane, il formaggio e il burro non non riuscissero nel migliore dei modi.
C’erano però dei rimedi anche contro le streghe: arrampicarsi ad esempio sui rami degli abeti rossi, il solo albero che gli spiriti maligni temevano; portare al collo dei mazzetti di erbe benedette; lanciare un coltello con il segno di nove croci contro un temporale affinchè questo perdesse d’intensità e non facesse danni. E, soprattutto, allontanare le streghe dal villaggio e impedire che vi facessero ritorno.
Proprio quest’ultimo passaggio è l’oggetto della storia di oggi.

 Come avevo preannunciato, in un villaggio della Val di Fassa, viveva nei primi anni del Novecento una donna che era da tutti considerata una strega. Era malvagia, perfida, traeva piacere nel provocare dissidi tra i compaesani, e ciò che più la divertiva era scatenare liti tra due persone amiche e assolutamente pacifiche, e poi osservare i due litiganti darsele di santa ragione, senza ben sapere il motivo per cui questo avveniva.
Un giorno però, gli abitanti del villaggio, stanchi di doverla sopportare, decisero di escogitare uno stratagemma per liberarsi della donna una volta per tutte.
Allontanarono con una scusa banale la strega dal villaggio, e in fretta e in furia attaccarono un crocifisso di legno all’esterno dell’ultima casa del villaggio, perchè la tradizione voleva che, se un crocifisso chiudeva al male la via, nessun Male sarebbe più potuto passare da quella via.

Il bel crocifisso venne dunque posizionato sulla parete esterna della casa, e tutti gli abitanti del villaggio attesero trepidanti il momento in cui la strega si fosse trovata davanti il crocifisso.
La donna, ripercorrendo la strada del ritorno come se niente fosse, non si era minimamente accorta del Cristo ligneo che con la sua sola presenza le impediva di entrare in paese, ma quando la strega cercò di oltrepassare il confine tra il bosco e il paese, rappresnetato dalla casa sulla quale era stato appeso il crocifisso, una forza misteriosa glielo impedì.

Non riusciva a muoversi in avanti, verso il paese. Solo lateralmente e all’indietro, e per quanto corresse avanti e indietro cercando una falla nella protezione divina, non riuscì a entrare in paese.
Alla fine si arrese, e gli abitanti esplosero in inni di lode e canti di gioia per essersi finalmente liberati del pericolo.

La donna si allontanò, ma prima di scomparire oltre il bosco, lanciò una maledizione: sarebbe tornata, e con lei tutte le sue sorelle, radendo al suolo il villaggio, quando quel crocifisso fosse stato tolto dal luogo in cui si trovava.
Ma il crocifisso, oggi, è ancora lì.

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7 pensiero su “Un crocifisso speciale”
  1. Storia davvero interessante e ricca di spunti. Se può interessarti hanno trovato la tomba di una presunta strega del 1200 a Piombino. Ho segnalato l’articolo del ritrovamento sul blog.
    A presto.

  2. @Nick: grazie zietto!! eh sì, ho notato, e la cosa nn può che farmi piacere!

    @Artemisia: grazie cara! la cosa è reciproca, ti leggo sempre anche se ultimamente i miei commenti latitano,e mi spiace ma presto tornerò cm prima!

    @WW: ollllla!! ciao bella! bentornata! a me mancavano i tuoi commentini!

    @Angie: ciao amica mia,sei smpr mlt gentile e cara cn me,grazie di cuore!

  3. Un altra bellissima storia, anzi per me è la migliore tra quelle che hai narrato.
    Ciao, continua così.
    Però aspetta un attimo! Ho appena notato che sono il commentatore più commentato della storia di Pensiero Spensierato, accidenti! Una notizia spettrale. 🙂

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