Campo san Giovanni e Paolo (Wikipedia)

Quante cose si potrebbero scoprire di Venezia, se solo il viaggiatore uscisse dai “percorsi” prestabiliti e la girasse seguendo itinerari lontani dalla folla e dalla calca!
Spesso potrebbe capitare in autentiche isolette di mistero, luoghi bellissimi, densi di storia e suggestione.


Uno di questi luoghi così particolari di Venezia è campo San Giovanni e Paolo, situato nel cuore della città, nel sestiere di Castello, al confine con quello di San Marco.

Al centro del campo si apre una splendida chiesa gotica, dedicata a san Zanipolo (santi Giovanni e Paolo in veneziano), che è la più grande di tutta Venezia e contiene le tombe di vari dogi ed eroi della Serenissima, tra cui Marcantonio Bragadin, eroe di Famagosta del quale resta solo la pelle, e Sebastiano Venier, trionfatore a Lepanto.
Accanto alla chiesa sorge uno splendido monumento equestre, dedicato a Bartolomeo Colleoni, che come già abbiamo avuto modo di vedere qui sul blog qualche tempo fa, racchiude un segreto.

Costeggiando la chiesa si arriva poi in una calle, detta della Cavallerizza. In quella stessa calle, in casa della signora Pozzo, la sera del 25 luglio 1755 Giacomo Casanova fu arrestato e rinchiuso nei Piombi di Palazzo Ducale.
La calle vanta un’altra particolarità assai inquietante: sembra infatti che ogni notte, nelle ore più scure e solitarie, vi si svolga un rito spettrale, e la storia si ripete fin dal lontano 1355.

Secondo la leggenda, il doge Marin Falier si riuniva in quella zona con un gruppo di persone disoneste, per organizzare una congiura contro il governo della Repubblica di Venezia, che in quel periodo era in grave crisi economica e sociale e per di più era logorato dalla lunga guerra con Genova. Falier voleva, con un colpo di Stato, assumere il controllo della città, diventandone il padrone assoluto.

I compagni di congiura però, temendo forse delle rappresaglie da parte del legittimo governo, tradirono Falier e lo denunciarono alle autorità, le quali misero fine alla miserabile sua vita sulla scala dei Giganti di Palazzo Ducale.  
Tanta era l’onta di cui il doge si era macchiato in vita che, dalla galleria dei ritratti esposti nella sala del Maggior Consiglio, che ripropone tutti i ritratti dei dogi che hanno guidato Venezia nel corso dei secoli, nel 1366 fu rimosso per decreto quello del Principe traditore, e sullo spazio vuoto vennero incise parole pesanti come macigni: Hic fuit locus ser Marini Faletri, decapitati pro crimine proditionis. Dopo l’incendio che nel 1577 devastò il Palazzo Ducale, tra i nuovi dipinti restaurati, al posto del ritratto di Falier fu riproposta su un drappo nero la seguente iscrizione Hic est locus Marini Faletri, decapitati pro criminibus.
Il cadavere fu seppellito con la testa mozzata posta tra le gambe, come eterno scherno della sua azione. E proprio questo corpo acefalo, non sapendo dove sia la sua testa, vaga ancora oggi, ogni notte, alla sua ricerca.

Sono in molti a giurare di aver visto un corpo evanescente e sfuggevole muoversi disperatamente, con le mani legate dietro la schiena, frugare in tutti i posti dove era stata ordita la congiura, emettendo un lamento costante e lancinante.

Ma Falier non è il solo fantasma a popolare quell’angolo così suggestivo di Venezia. 

C’è infatti un altro corpo che lo insegue, per procurargli un perenne castigo, quello del doge Enrico Dandolo, conquistatore di Costantinopoli, vittoria ottenuta nel 1192 durante la quarta crociata con atroci massacri.
Ora vaga vecchio e completamente cieco, con due tizzoni al posto degli occhi, impugnando la spada per la lama, così le continue dolorose ferite che si procura gli ricordano l’innocente sangue versato.
Nessuno è in grado di udire le sue urla disperate, è condannato ad inseguire il doge Falier per recuperare l’onore della città e riparare al suo peccato di superbia.
Per una strana ironia della sorte, l’incontro tra i due non è ancora avvenuto, anche se alcuni spettatori di questo tragico inseguimento assicurano di averli visti avvicinarsi molto l’uno all’altro, senza però mai essersi visti.

C’è però un terzo fantasma che popola quello spazio così misterioso di Venezia, ed è il doge Tommaso Mocenigo, definito da molti “il doge profeta” per certe sue attitudini a prevedere il futuro.
Nel 1423, sul letto di morte, annunciò la rovina militare ed economica di Venezia se dopo di lui fosse stato eletto Francesco Foscari:

“E se voi, Dio non voglia – furono le sue ultime parole – lo farete doge, vi troverete ben presto in guerra; e chi ha diecimila ducati se ne ritroverà mille soltanto, e chi ha dieci case ne avrà solo una, e chi ha dieci vestiti, mantelli o camicie avrà difficoltà a trovarne una”.

Foscari divenne doge, e la Serenissima visse una grave crisi, sia in campo militare che economico.

Chi lo ha visto in questi secoli afferma che questo grande vecchio si muove, a passi lenti e lunghi, in campo san Zanipolo e nelle calli vicine, senza dire una sola parola.
Soltanto gesticola vistosamente, ed estrae dalla bocca un lungo cartiglio sul quale è ripetuta molte volte la parola veritas.
Rosso in viso, capelli arruffati, lungo le guance rugose scendono le lacrime; inoltre cade continuamente, inciampando nei cartigli che si arrotolato intorno alle sue gambe. Se qualcuno, incontrandolo, lo aiuta a rialzarsi e gli libera le gambe dagli intoppi, lui riconoscente ringrazia e sorride, per poi riprendere, mestamente, il suo consueto vagabondare.

 

 

Vedi di più su Misteri di Venezia di Alberto Toso Fei (StudioLT2 Edizioni, 2012)

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4 pensiero su “Tre fantasmi in giro per Venezia”
  1. @ML: buona settimana anche a te!
    Estenderò le mie ricerche anche al Centro e al Sud, quando le ferie mi consentiranno di viaggiare e documentarmi sui luoghi di cui parlerò. Dietro ogni post c’è infatti un lavoro di documentazione e visite sul campo 😉

  2. Sempre più interessante…ma perché non estendi il tuo campo di “ricerca fantasmatica” anche al centro e sud Italia?
    Buona settimana

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