Può uno sguardo rapire a tal punto una persona da spingerla a commettere qualche atto sconsiderevole? Probabilmente sì, se gli occhi sono come quelli del mio micio che vedete ritratto qui a fianco (ultimamente va a gatti, lo so! ma sono i miei animali preferiti, adoro il loro musetto tenero, i loro occhi attenti e vado via di testa quando mi fanno il solletico con la linguetta rugosa o le vibrisse).
Ma alle volte anche gli occhi umani hanno questo potere, ed è proprio di uno sguardo che parliamo oggi.


Nei  pressi di campo san Barnaba, a Venezia, si può trovare una stretta calle, chiamata calle delle Turchette, che termina con l’omonimo ponte. L’etimologia del nome deriva dal fatto che alcune prigioniere ottomane, portate a Venezia allo scopo di ottenerne la conversione al cristianesimo, erano state “ospitate” in un palazzo sito in calle.
Nel 1572 arrivò a Venezia una grande nave, con a bordo un centinaio di giovani donne. Esse erano il “bottino” di guerra della battaglia di Lepanto, che erano state portate a Venezia per essere fatte sposare a giovani veneziani. La bellezza delle Turche era infatti proverbiale, e a Venezia erano in molti a sognare un matrimonio da favola, proprio in stile “Le Mille e una Notte”.
Tra quelle donne ce n’era una che spiccava tra le altre per bellezza e intelligenza. Aveva i capelli neri come l’ebano, sempre raccolti in una lunghissima treccia attorno al capo, e i suoi occhi neri e profondi avevano fatto innamorare più di una persona, a Venezia. Il suo nome era Selima.
Molti erano i cuori che Selima conquistò e questo, unito alla sua giovane età, le permise di ponderare con cura la scelta del futuro marito.
Nel frattempo, prese servizio presso una delle case dei ricchi turchi in via di conversione, e fu qui che conobbe Osman, un giovane mercante arabo, bello e ricco.
Osman rimase stregato dagli occhi neri della fanciulla, e in breve i due si innamorarono. Selima giurò fedeltà al promesso sposo, felice di potersi unire in matrimonio per amore e non per convenienza come invece spesso avveniva alle altre giovani donne che come lei arrivavano a Venezia.

Osman prima delle nozze decise però di intraprendere un ultimo viaggio alla volta del suo paese d’origine, per andare dalla famiglia e comunicare loro la sua decisione.
Il viaggio però si rivelò più lungo del previsto, e Selima passò le sue giornate aspettando il ritorno di Osman.

Il tempo però passava inesorabile, e Osman ancora non si faceva vedere. Di lui non giungevano notizie, e Selima ben presto iniziò a temere che lo sposo si fosse scordato la loro promessa, si fosse dimenticato di lei, e una volta in patria si fosse unito con un’altra donna. Così si mise il cuore in pace, e abbandonò il pensiero di Osman.

Essendo molto bella, a Selima certo non mancavano i corteggiatori, e ben presto trovò nel figlio di un mercante della zona di San Barnaba un appassionato corteggiatore. Selima cedette alla sua proposta di matrimonio e i due si sposarono.

Erano trascorse solo poche settimane dalle nozze quando Osman finalmente fece ritorno a Venezia, e immediatamente andò in cerca della fidanzata.
Venuto a conoscenza delle nozze di Selima, Osman non confidò a nessuno la sua delusione e la sua rabbia, ma mandò invece a dire alla fanciulla che desiderava rivederla almeno un’ultima volta, per rivedere quegli occhi che l’avevano stregato…

Selima in principio rifiutò l’invito, ma poi l’antico amore si riaccese e la fanciulla acconsentì a rivedere Osman.
Indossò un bellissimo abito bianco, si recò all’appuntamento e e da quel momento si persero completamente le sue tracce.
Tutti cercarono in ogni casa, in ogni calle e in ogni campiello della città, ma Selima sembrava essere svanita nel nulla, assieme al bel Osman. Il marito e i conoscenti, amareggiati e delusi, si convinsero che fosse fuggita assieme all’antico amore e interruppero così le ricerche.
 

Qualche anno dopo la vicenda, nella cantina di una casa appartenente a una famiglia ottomana, venne ritrovata una scatola di legno finemente intarsiata. Aprendola, i padroni di casa trovarono la testa di una donna con una lunga treccia nera.
Inorriditi dalla terribile scoperta, e immaginando che quella testa appartenesse alla giovane scomparsa tempo prima, iniziarono subito delle ricerche più approfondite, e scavando nel pavimento della casa emerse lo scheletro di una donna avvolto in una finissima veste bianca di seta.

Cos’era successo? che la sventurata Selima, giunta all’appuntamento con Osman, era stata uccisa dall’uomo in preda alla rabbia e alla gelosia.
Osman aveva tagliato la testa alla ragazza, per riporla in quella scatola di legno pregiato e tenerla per sempre con sè. Lo spirito di Selima aveva però continuato a perseguitarlo, tanto che Osman, impaurito, aveva deciso di riportare la testa al suo posto e aveva riposto la scaola nello stesso luogo in cui aveva ucciso la sua amata.

Ma il rimorso per le azioni malvage, si sa, condanna gli spiriti a vagare senza pace, elemosinando il perdono delle persone verso cui tali azioni erano state rivolte.
Si narra infatti che di notte un barcaiolo, nelle vicinanze di calle delle Turchette, vide nell’ombra una figura nascosta. Pensando che si trattasse di qualcuno che chiedeva aiuto, l’uomo gli si avvicinò, e vide una figura oscura avvolta in un ampio mantello.

Quando il barcaiolo gli si fu avvicinato, il fantasma scostò il manto, e mostrò sotto il braccio la testa di una donna dalla lunga treccia nera.
Prima che il poveretto potesse riprendersi dallo spavento, l’uomo era già sparito.

Da allora, solo quella volta lo spirito di Osman si manifestò a Venezia. Quanto a Selima, invece, di lei non si vede nessun fantasma, ma si odono dei canti soavi provenire da calle delle Turchette: sono quelli che la fanciulla rivolgeva alla Luna mentre cantava il suo amore e la sua sofferenza per il suo amato che l’aveva abbandonata…

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9 pensiero su “La magia di uno sguardo”
  1. @Ww. mi sono persa alla cellula eucariota……

    @Nick&Eddy: le cose non sempre sono quel che sembrano 😉 non state ad ascoltare K., si diverte a farmi incavolare…mi sono innamorata….di un pensiero spensierato 😉

  2. Bella l’idea, ma io non so scrivere, o meglio non così! Poi sinceramente per ora postrei scrivere una storia sulla vuta di una cellule eucariote e penso che non ho spazio per altro nel cervello!

  3. si l’avevo intuito che fossi tu…l’unico rompiballe che mi commenta ogni post con la faccia a palla 😉 cmq NO, non è Razvan, e non nominare quel nome che mi viene l’orticaria alle gengive.

  4. solo per la foto di Giò ti meriti un “mi piace”…e brava la mia…come posso chiamarti…orsacchiottapulciosadiunavicinadicasaterrificante?
    P.S.Io ero su skype, ma non ti ho vista…ancora l’hombre tenebroso? com’è che si chiama? Razvan? ;o)

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