Dopo aver presentato lo “scenario” nel post dedicato ai misteri del castello di Monselice mi accingo ora a svelarli.

Avevo terminato il racconto parlando dei tre fantasmi che infestano il castello (tre, anche se come avevo detto nel post a lui dedicato, sembra che anche il fantasma di Ezzelino III da Romano si aggiri nella sale del castello).

Chi sono questi fantasmi?

Una sventurata coppia d’innamorati e una donna astuta, passionale e tragicamente scomparsa.
JACOPINO E GIUDITA: GLI SVENTURATI AMANTI

Il sito della Provincia di Padova, nella sezione dedicata al territorio di Monselice, racconta come nella Padova dei Carraresi, il 22 dicembre 1350, il Consiglio di Padova conferì la signoria a Giacomino (Jacopino) e Francesco da Carrara. 

Erano questi gli unici eredi della potente famiglia dei Carraresi, che estese il proprio dominio su tutto il territorio dell’attuale Nordest nell’Alto Medioevo, edificando castelli (quello di Cittadella ne è un ottimo esempio, ma anche lo stesso castello di Monselice) e altre opere grandiose.  

Zio e nipote si trovarono insieme a governare Padova, per volontà del popolo, ma raccontano le cronache che tra i due non correva buon sangue, soprattutto a causa della difficile situazione politica italiana di quel tempo, caratterizzata dalle mire espansionistiche dei Veneziani, degli Scaligeri e degli stessi Fiorentini. 

Francesco  sospettò che Giacomino stesse siglando accordi segreti con la Repubblica di Venezia per spodestarlo dal governo della città e, nel 1355, ordinò che fosse imprigionato in un sotterraneo del castello di Monselice.

La prigionia a quel tempo era cosa davvero seria, e le condizioni di vita di un prigioniero erano veramente difficili. 

L’amante dello sfortunato principe,  Giudita, non si arrese alle disavventure politiche del suo amato, e decise di condividerne le sorti trasferendosi anch’essa nella città. Inutilmente tentò di incontrare in carcere il principe carrarese, perchè il capitano del castello di Monselice negò qualsiasi permesso. 

Disperata, la donna alla fine riuscì a corrompere alcune guardie e con qualche ingegnoso tranello riuscì a vedere, per qualche minuto, il suo sventurato amante rinchiuso in un buio sotterraneo del castello, senza finestre né porte.

Per qualche tempo i due continuarono a vedersi di nascosto: Giudita portava del cibo al suo innamorato e i due trascorrevano qualche ora spensierata in compagnia. 

Ma la felicità a volte dura davvero poco, e ben presto, purtroppo, la donna fu scoperta e rinchiusa nella Rocca che sovrasta Monselice. 

Il signore di Padova Francesco, zio di Giacomino, informato dell’accaduto e sospettando che la donna fosse un agente segreto veneziano, ordinò che il nipote fosse lasciato morire di fame e di sete nella sua buia prigione. 
La stessa sorte, decise, era da riservarsi a Giudita, che però fu portata non nel castello di Monselice, bensì nella cosiddetta Rocca, che sorge a poca distanza, su di un’altura.

L’ordine fu subito eseguito dalle guardie che chiusero con grossi mattoni l’apertura del sotterraneo. Intuendo il suo destino, Giacomino urlò il suo dolore nella speranza di comunicare con la sua amata che condivideva la stessa pena poco lontano. 

Le grida strazianti dei due amanti si udirono per molti giorni lungo le vie che conducono all’antico maniero. Le lamentazioni erano talmente forti che molti monselicensi salirono al castello, chiedendo pietà per i due amanti, ma  oramai il loro destino era segnato e dopo poche settimane la morte li colse entrambi.

Alla fine anche il signore del castello ebbe pietà dei loro corpi e, dopo aver recuperato il corpo di Giudita dalla Rocca, lo portò al Castello, e lo nascose, assieme al corpo dell’amato, dentro le possenti mura del maniero, per evitare che le ossa fossero disperse dalle guardie. Le grida di dolore però non cessarono con le loro morti.

Lo storico Carturan ci informa infatti che ancora nello scorso secolo una leggenda prese a circolare: il vento passando nel castello in rovina, sbattendo gli scuri e ingolfandosi tra le gole dei camini,  portava con se le grida di dolore di Giacomino.

Ancora oggi, si dice che il fantasma di Giacomino vaghi ancora tra le  mura del castello alla ricerca della sua Giudita, mentre il vento, nelle notti di burrasca, porta i suoi lamenti lungo le stanze del castello.

Naturalmente questa è una leggenda, ma durante  i lavori di restauro del castello eseguiti nel 1935 dal Conte Cini, lo storico  Barbantini – che diresse i lavori –  scoprì, nella parte sud ovest del castello, un sotterraneo senza porte d’entrata,  posto in comunicazione con il primo piano tramite un buco sul soffitto dal quale partivano delle scalette scavate nel muro perimetrale. 

A cosa serviva, annotava il Barbantini, quello spazio buio in cui si poteva accedere solo cadendo dall’alto, senza potere più uscire? 
Quel sotterraneo, ora ne siamo sicuri, è stata la tomba di Giacomino, imprigionato  a Monselice per ben 12 anni. 
Forse commosso dalla triste storia, il conte Cini dedicò una sontuosa sala del castello al principe Carrarese, che i turisti possono ora visitare. Per noi invece resta l’amarezza nel ricordare le pietose disavventure di Giacomino  e Giudita e c’è ancora oggi qualcuno che è pronto a giurare di udire, quando il vento soffia forte tra le mura possenti del castello, le grida del principe, diventato oramai un fantasma che cerca invano la sua donna. 

Alcuni testi danno una descrizione molto precisa di quello che viene additato come lo spettro di Jacopino: apparirebbe come un uomo smilzo, dai capelli grigi e spettinati che trascina i suoi passi incerti aiutandosi con un bastone.

E Giudita? Raccontava il vecchio custode del castello che anche il fantasma di Giudita  appare, per chiedere notizie di Giacomino, agli innamorati che salgono alla Rocca; lei per uno strano destino non sa ancora della tragica fine dell’amato e spera di incontrarlo lungo le vie della città.

Secondo un’altra versione della storia, Giudita apparirebbe lungo la via che conduce alle Sette Chiese di Monselice.
La Via delle Sette Chiesette di Monselice costituisce un particolarissimo e suggestivo percorso votivo, composto da sei piccole cappelle che riproducono ciascuna una basilica romana: Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le mura, San Sebastiano, Santi Pietro e Paolo. La salita termina alla Chiesa di San Giorgio, recentemente restaurata.

Compiere la salita e pregare davanti a ognuna delle chiesette equivale all’acquisto dell’Indulgenza Plenaria, in quanto esse riproducono le basiliche cui Papa Paolo V, nel 1605, concesse questo privilegio.

Ecco dunque che Giudita appare, piangente, proprio sull’ultima delle chiesette, quella dedicata a San Giorgio, mentre avvicina i visitatori chiedendo le sorti del suo amato.

In realtà ho da poco scoperto che anche le sette chiesette nascondono un segreto…e ne ho parlato in questo post: https://www.pensierospensierato.net/2011/06/fantasma-sette-chiesette-di-monselice/

Giudita però non appare a chiunque, ma solo agli innamorati che soffrono per amore.

Se siete innamorati e vi capita d’incontrarla nei pressi del Castello, rassicuratela, ma  non ditele della  sorte di Giacomino! Invitatela invece a sperare, perché un giorno la maledizione di Francesco da Carrara terminerà  e i due amanti potrebbero coronare il loro sogno d’amore proprio del castello di Monselice.

Questa storia ricorda per certi versi quella di Ludovico e Melisenda, gli sfortunati innamorati di Castel Nanno, in Trentino, ai quali avevo dedicato un post qualche tempo fa.

C’è poi un secondo fantasma che apparirebbe nel castello, assai diverso dai primi due, dolci e inoffensivi…è Avalda, una donna passionale e sanguinaria, amante di Ezzelino, brutalmente assassinata.
La sua storia è talmente affascinante e particolare che merita un post a lei interamente dedicato

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8 pensiero su “Jacopino e Giudita, spiriti piangenti a Monselice”
  1. Grazie a tutti! sta per arrivare la terza parte del post, l’ultima, conclusiva, in cui presenterò il terzo fantasma del castello!

  2. Una storia molto triste,come erano crudeli anche solo per un sospetto i signorotti di un tempo.(ottimo articolo)

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