La presenza dei Mori, a Venezia, è un elemento costante. Ce ne sono moltissimi, sparsi in tutta la città, perchè la loro stessa presenza fisica nel territorio della Serenissima è stata ampiamente documentata, dando origine a numerose leggende.“Mori” sono chiamate le due statue di bronzo che battono le ore, situati in cima all’orologio di piazza san Marco, anche se in questo caso si chiamano “mori” solo per il colore scuro dovuto all’ossidazione del materiale di cui sono fatti.
Curioso, riguardo l’orologio, è il fatto che la campana suoni ben due volte: la prima due minuti prima dell’ora esatta, e a suonarla è il Moro barbuto, (che rappresenta il tempo passato), mentre l’altro Moro suona l’ora esatta, per rappresentare il tempo che verrà.“Mori” però sono comunemente detti i Tetrarchi, cioè le quattro statue di porfido rosso poste sul lato sud della Basilica di San Marco.

I veneziani li ricordano come i “quattro ladroni“, messi a guardia del muro esterno del Tesoro di San Marco: sono le statue di quattro ladri, appunto, che vennero fulminati e pietrificati da San Marco, perchè colti nell’atto di profanare i beni preziosi del Tesoro all’interno della Basilica.
Si dice che siano stati posti in quest’angolo esterno della Basilica proprio per scoraggiare eventuali malintenzionati a compiere nefandezze simili.

C’è poi notizia di schiavi “mori” che venivano usati nelle galee o come servitori, per indicare gli Arabi e i Turchi resi schiavi dai Veneziani nelle loro conquiste a Oriente.
E poi, c’è un luogo a Venezia che prende il suo nome proprio dai Mori: il campo dei Mori, dove sorge la chiesa della Madonna dell’Orto (sulla quale esiste una splendida leggenda).

Molto probabilmente in campo dei Mori era presente un fondaco, o magazzino, andato poi distrutto nel corso del tempo, ed è da qui che parte la nostra storia.

Tenete presente che a Venezia ci sono mille leggende, riferite a mille e più luoghi, apparentemente scollegati gli uni dagli altri….mentre invece, un sottile filo lega tutte queste vicende, come a voler unificare l’intera Venezia. Ma andiamo con ordine.

 

In campo dei Mori, al civico 3381, sorge Palazzo Mastelli, detto del Cammello, bella costruzione risalente al sec. XIV. Il palazzo fu la residenza della famiglia Mastelli, mercanti di origine greca che si distinsero per avere partecipato alla quarta Crociata. Su questo palazzo esiste anche una curiosa leggenda… L’edificio è caratterizzato da una bella facciata con archi e colonnine, davvero bello, facciata che dà direttamente sul rio della Madonna dell’Orto, e al palazzo si accede, come spesso accade a Venezia, direttamente dall’acqua.

Se osservate la facciata, vi accorgerete subito di un altorilievo, sulla parte destra, raffigurante un cammello guidato da un mercante.

Ed é proprio questo rilievo a dare il nome al palazzo, conosciuto appunto con il nome di Palazzo del Cammello.

Restando sempre in Campo dei Mori, il turista potrà poi ammirare, in vicinanza dei civici 3397 – 3384/B, quattro famose statue scolpite nella pietra d’Istria e incastrate nel muro, che raffigurano i Mori di Ca’ Mastelli.

 

Il più noto di questo Mori è sior Antonio Rioba, posto sull’angolo del campo sopra un basamento d’epoca romana (il nome è inciso sul peso che porta sulle spalle) e che fu il Pasquino di Venezia durante il 1800: molti buontemponi infatti scrivevano poemetti e storielle contro la nobiltà e affiggevano al collo delle statue i foglietti, firmandosi coi nomi delle statue.

Tanto famoso era Rioba che nel 1848 nacque un periodico satirico a lui intitolato, L’ombra de Sior Antonio Rioba, e con le vicende che conteneva contribuì non poco alla diffusione della popolarità di Rioba in tutta Venezia e anche fuori. Damiano Cattaneo, un mio lettore, mi ha segnalato, nella mia pagina di Facebook dedicata al blog, che nelle giornate d’inverno, quando il freddo è più pungente e sembra entrare nelle ossa, se una persona di animo puro accosta l’orecchio al petto di Rioba potrà sentire un flebile e quasi impercettibile battito di cuore…

A Venezia si considera Rioba come un vero e proprio portafortuna: è prassi comune strofinare il naso di Rioba come portafortuna. Questo gesto ha portato allo sgretolamento del naso primitivo, che infatti è stato prontamente sostituto con uno di ferro, ma non per questi i veneziani, e i turisti soprattutto, si astengono dal toccarlo.

Si dice che toccare il naso a Rioba sia come toccare i piedi della statua di Mosè nella Basilica di San Pietro a Roma: si auspica sempre un ritorno nella magica città.

Molto scalpore fece, nel maggio 2010, la notizia, riportata da tutti i media, del furto della testa della statua di Rioba. Furono creati addirittura dei gruppi su Facebook per ritrovare la statua, cosa che fortunatamente avvenne pochi giorni dopo.

Gli altri “mori” ritratti sono noti con i nomi di Alfani e Sandi, e la tradizione vede in essi i fratelli di Rioba. Esiste poi un altro “moro”, un quarto mercante orientale con un grande turbante, che fronteggia il Rio della Sensa, sulla facciata della casa del Tintoretto.

Chi sono questi “Mori”?
Bisogna considerare storia e leggenda: la prima dice che le statue ritraggono effettivamente i tre proprietari di palazzo Mastelli, che parteciparono alla crociata condotta da Enrico Dandolo nel 1202. I tre fratelli Rioba, Sandie e Afanie, che provenivano dalla Morea (da qui il nome Mori) spesero tutti i loro averi per costruire Palazzo Mastelli, e poi iniziarono un fiorente commercio di spezie, ponendo sul palazzo l’insegna del cammello a rappresentare il loro Paese d’origine e il loro essere commercianti. La storia si sofferma anche sul nome di questa famiglia, “Mastelli”, e lo fa risalire a un curioso retroscena tutto veneziano. Furono infatti proprio i veneziani ad affibbiare questo soprannome, prendendo spunto dai mastelli (catini) pieni di soldi che questi possedevano.

LA LEGGENDA
La leggenda invece è assai più colorita: i ”mastelli” dei tre fratelli traboccavano, come detto, di ricchezze, ma essi, non paghi della propria fortuna o forse troppo attenti a difenderla e aumentarla, si sarebbero un giorno approfittati di una povera donna, rimasta vedova da poco tempo, che si era recata un giorno dai tre fratelli per acquistare delle stoffe.  Il marito le aveva lasciato in eredità un negozio di tessuti, e lei voleva continuare a tenere nel suo negozio merci di alta qualità.

«Avete delle belle stoffe, pregiate e ricche, per il mio negozio?» aveva chiesto la donna a Rioba.

«Certamente!» aveva risposto questi, strizzando l’occhio al fratello Sandie.
«Altrochè!» aveva rincalzato il fratello, rivolgendo alla donna un gesto di benvenuto e facendola accomodare nel magazzino. «Queste sono le nostre stoffe più pregiate e costose!» aveva detto, srotolando sul bancone pezze colorate di pessima fattura, spacciandole per seta pura ed elogiandone le ottime qualità.

Il giochetto andò avanti per un bel po’, fino a quando la vedova, che non solo di stoffe si intendeva, e per di più era dotata di un’immensa fede in Dio, vedendosi imbrogliata, pronunciò ad alta voce il nome del Signore ed allungò ai tre avidi commercianti altrettante monete d’oro per pagare la merce che i tre le stavano vendendo. Nell’attimo stesso in cui i tre avidi toccarono il denaro, questo si tramutò in pietra, e come una sorta di pietra filosofale, trasformò in pietra Rioba, Afanie e Sandie che avevano toccato il denaro…

Il servitore, l’indomani, trovò la bottega deserta: nessuna traccia dei tre padroni. C’erano solo quelle tre statue in mezzo alla bottega. Il servitore si avvicinò e le osservò: erano così simili ai padroni, avevano perfino lo stesso sguardo avido e imbroglione! Ma dov’erano finiti i tre mercanti? E di chi erano quelle statue? Il servitore le prese e le incassò nel muro esterno la bottega.

Da allora i tre mori sono ancora lì.

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4 pensiero su “Il mistero dei Mori di Venezia”
  1. La statua dei tetrarchi rappresenta in realtà la divisione dell’Impero Romano in quattro tetrarchie(cioè in quattro parti)all’epoca del padre di Costantino,
    Molto bella la leggenda.

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