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Tituba, la grande accusata. Abbiamo visto nel precedente post come tutta la vicenda di Salem ruotasse attorno alla donna di origine afro-caraibica. E quando Tituba salì sul banco degli imputati, le danze iniziarono. Hathorne le chiese: “Hai mai visto il diavolo?”. La donna rispose: “Sì, il diavolo è venuto a trovarmi e mi ha ordinato di servirlo”. E fu da quel momento che la fantasia di Tituba galoppò, raccontando anche ciò che non era vero, arrivando così a firmare definitivamente la sua condanna.

Raccontò che il diavolo le si era presentato in diverse forme animalesche, assumendo le fattezze di un gatto o di topo o di rospo, anche se la maggior parte delle volte appariva come un uomo alto, vestito di nero e con i capelli bianchi. L’uomo aveva guadagnato la fiducia di Tituba svelandole di essere Dio e un giorno le aveva mostrato un libro, che teneva nascosto sotto al mantello, e le aveva chiesto di scrivervi sopra il suo nome. Tituba aveva obbedito, tracciando una x sulla pagina con il suo stesso sangue. Successivamente, Tituba aveva partecipato a un sabba, dove aveva conosciuto altre streghe, provenienti da Boston, che le avevano svelato di essere le dirette responsabili dell’incendio del 1691… Al sabba aveva poi incontrato due donne, le cui “forme” le avevano ordinato di tormentare le bambine che avevano partecipato agli incontri nella cucina dei Parris… Tutto questo bastò, almeno per il momento, agli abitanti di Salem, felici che la strega avesse finalmente confessato. Ma c’erano altri elementi che non quadravano: chi erano le “forme” di cui aveva parlato Tituba? In un primo momento la donna le individuò in Sarah Osborne e Sarah Good, ma ce n’erano altre che non capiva chi fossero… la gente in un primo momento le individuò nelle altre donne che avevano partecipato agli incontri, ma poi accadde qualcosa di ancora più strano. 

Ann Putnam, la grande accusatrice di Salem

Ann Putnam iniziò a indicare con insistenza una donna del villaggio, Martha Corey, che si era macchiata di una colpa gravissima: non credere alle accuse delle ragazzine e averle additate come false, bugiarde e mitomani. Ann la indicò come una delle “forme” che avevano partecipato ai sabba, e la donna, per il solo fatto di essere stata indicata da una delle ragazzine principali testimoni del processo, venne incarcerata. Ella tentò in ogni modo di testimoniare la sua innocenza, affermando di essere una donna che vive secondo i dettami del Vangelo, ma Ann Putnam prese a sbraitare, seguita in coro dalle altre ragazzina: è una strega del Vangelo! E la condanna per Martha Corey fu bella che firmata.

Poi, una delle ragazzine raggelò tutti i presenti affermando che dalla finestra della Casa delle Adunanze riusciva a vedere benissimo alcune streghe che si erano radunate fuori dalla Casa per fare un sabba, e la gente terrorizzata, che ovviamente non riusciva a vedere nulla, divenne ancora più terrorizzata da quanto stava succedendo. Poi, Ann Putnam identificò in una strega una insospettabile: Rebecca Nurse, una donna anziana, malata, e sorda, madre di otto figli, da tutti considerata una santa donna. Rebecca rispose a tutte le domande che le venivano poste con estrema sincerità, proclamando la sua innocenza, e stava forse per scamparla, quando la madre di Ann Putnam inveì contro la donna, urlando:

“Non ti sei portata appresso l’Uomo Nero? Non mi hai minacciato di strapparmi l’anima dal corpo, ripudiando con parole oscene e orrendamente blasfeme il Signore Iddio benedetto?”

A queste parole la poveretta iniziò a tremare, implorando l’aiuto del Signore, e stendendo le mani come a proclamare la propria innocenza, ma subito le accusatrici presero a replicare perfettamente ogni gesto che la poveretta compiva, dando l’impressione alla folla che avesse stregato le ragazzine. E così la Corte proclamò che Rebecca aveva stregato le bambine davanti ai loro stessi occhi.

Lo schema delle accusatrici era sempre lo stesso: le ragazzine indicavano una persona di Salem che consideravano colpevole di stregoneria, l’accusato veniva portato davanti alla corte, proclamava la propria innocenza, al che le ragazzine si lasciavano andare ai soliti isterismi, e questo costituiva l’inconfutabile prova di colpevolezza per l’accusato, che veniva imprigionato in attesa di giudizio.

Il 4 aprile Mary Warren, una delle tormentate, accusò di stregoneria i suoi stessi padroni, John Proctor e la moglie Elizabeth, probabilmente per vendicarsi delle condizioni di vita in cui aveva sempre vissuto. I beni dei Proctor vennero confiscati, i loro figli incarcerati e uno di essi addirittura torturato, sebbene non fosse stato mai accusato di stregoneria. Poi, John ed Elizabeth vennero condannati a morte per impiccagione, ma Elizabeth si salvò perchè era incinta. Durante il processo, John disse che le ragazzine avrebbero dovuto essere frustate, perchè se fosse continuato il processo, tutta Salem sarebbe stata giudicata di essere composta da diavoli e streghe. Ma nessuno lo prese sul serio, anche se qualche dubbio venne quando, una volta arrestato John Proctor, Mary Warren si staccò dal gruppo delle altre accusatrici, e le accusò di simulazione. Ma la sua accusa cadde nel vuoto, e anzi la ragazza venne a sua volta accusata di stregoneria, denunciata e arrestata.

La stessa cosa accadde anche a Sarah Churchill, che tentò fino all’ultimo di scagionare il suo datore di lavoro, George Jacobs, ma alla fine, spossata dagli interrogatori e dalle contro accuse, testimoniò che Jacobs l’aveva costretta a firmare il libro del diavolo.

In aprile Salem raggiunse livelli di psicosi mai visti, specie a causa di Ann Putnam, che spinta dalla madre nevrotica era ormai diventata la principale accusatrice. Abigail Williams accusò perfino George Borroughs, ex-pastore del villaggio di Salem, che però nel frattempo si era trasferito nel Maine ed era quindi del tutto estraneo ai fatti… ma la Williams lo tacciò di essere uno stregone e di aver direttamente provocato i casi d’isteria che colpivano le adolescenti.

In giugno le ragazze avevano accusato oltre cento persone: le prigioni ormai erano al collasso, ed era giunto il momento di giustiziare alcune delle streghe. Tuttavia, il Massachusetts non aveva un suo governatore addirittura dal 1689 e la legge stabiliva che non si potesse iniziare un procedimento penale senza che vi fosse presente un’autorità ufficiale.

Alla fine del mese di maggio, per volere del re di Inghilterra giunse a Salem il Governatore Sir William Phips, con il compito preciso di dare finalmente avvio alle udienze del processo. La corte era composta da sei membri nominati direttamente da lui e presieduta dal vice governatore William Stoughton, uomo freddo e spietato, che non nutrì mai dubbi sulla correttezza dei processi del 1692, e che aveva un solo obiettivo: far piazza pulita di streghe e stregoni.

Il processo e le condanne

Il 2 giugno entrò in aula la prima sospettata, Bridget Bishop, di professione taverniera, e fu proprio il suo mestiere a decretare la sua condanna: il suo lavoro, sempre a contatto con vino, gioco d’azzardo, uomini, si scontrava con l’etica puritana di Salem, e il fatto che la donna vestisse abiti di pizzo certo non contribuì a renderne un’immagine “positiva”. Molti uomini poi arrivarono a testimoniare di averla sognata, convinta che la donna avesse inviato la propria immagine a disturbare il loro sonno. Non servirono altre accuse: Bridget venne giudicata colpevole, e il 10 giugno venne impiccata per stregoneria su una collinetta fuori città, chiamata poi Collina delle streghe.

Alla fine di giugno toccò a cinque donne, tra cui spiccavano Rebecca Nurse e Sarah Good. La giuria giudicò subito colpevoli le quattro donne che erano con Rebecca, ma quando toccò giudicare la vecchietta, che piangeva, si disperava, e continuava a dire di non aver mai tormentato nessun bimbo in tutta la sua vita, la giuria non riuscì a mettere in dubbio le sue parole. Inoltre, la figlia maggiore di Rebecca, Sarah, aveva colto in flagrante una delle accusatrici mentre tirava fuori dalla tasca della veste alcuni spilli con i quali si tormentava, affermando che la Nurse la stava torturando… questo fu la prova per scagionare completamente Rebecca Nurse, e difatti la giuria la giudicò non colpevole. Ma Stoughton non era affatto di quell’avviso, e pregò la corte di riconsiderare il verdetto. La corte così giudicò Rebecca Nurse colpevole, e la poveretta il 19 luglio fu impiccata insieme alle altre quattro.

Inutile dire che questa nuova ondata di impiccagioni gettò nello sconforto e nel panico tutte le altre persone che ancora attendevano di essere giudicate. Se anche una “santa dona” come Rebecca Nurse era stata considerata colpevole, per coloro che avevano una reputazione non troppo cristallina certamente non c’erano possibilità di salvezza. Così, molte tra le accusate cominciarono a “confessare”, perchè i fatti avevano provato che chiunque avesse ammesso di essere una strega veniva graziato. Così, i racconti fantasiosi ispirati dalla paura iniziarono a riempire le bocche delle sventurate che erano state accusate.

Dissero che il diavolo andava a far loro visita, assumendo le forme dei più svariati animali, e in queste vesti persuadeva le donne a far del male alle vicine di casa, gettando su di loro malocchio e altre fatture. Più tardi, quasi tutte ritrattarono le testimonianze, svelando di averle rilasciate solo per aver salva la vita, ma anche questa ritrattazione non servì a nulla, poichè apparve chiaro che la corte aveva un solo interesse: incriminare quante più persone possibile. Alla fine, vi furono due gruppi di persone: quelle che ammettevano le proprie colpe e venivano “graziate”, e quelle che proclamavano la propria innocenza, e venivano giustiziate.

Ormai, però, diversi abitanti del Massachusetts iniziarono a organizzare manifestazioni in cui mettevano in dubbio la regolarità di quel processo, chiedendo accuse più solide e processi meno imparziali… ma questi movimenti non servirono a nulla, poichè la credenza popolare che vedeva il diavolo padrone assoluto di Salem e dintorni era ben radicata nella mente delle persone, e il processo alle “streghe” non aveva fatto altro che debellare questa problematica. Se poi in realtà erano morti degli innocenti, che importava? Anche Gesù Cristo era innocente, eppure era stato giudicato colpevole ed era morto. Che morissero anche quelle donne, se la cosa fosse servita a salvare Salem!

Al villaggio arrivò infine Cotton Mather, un convinto antagonista della stregoneria, autore di diversi libri sulla stregoneria che erano stati ampiamente letti da coloro che avevano dato avvio al processo si Salem. E Cotton Mather era in particolare interessato al processo contro George Burroughs, l’ex-pastore di Salem. E quando Burroughs venne condotto al patibolo successe una cosa incredibile: Burroughs, già col cappio al collo, iniziò a pregare, recitando il Padre Nostro. La folla ascoltava attenta, sapendo che nessuna strega è in grado di recitare la preghiera senza sbagliarla, visto che durante il sabba la si recita al contrario, ma Burroughs lo recitò correttamente e soprattutto mettendoci così tanto sentimento che la folla iniziò a mormorale, chiedendo poi a gran voce che venisse rilasciato. La prova della sua non colpevolezza era stata presentata lì, di fronte a tutti! Ma Cotton Mather intervenne, sostenendo che tavolta il diavolo poteva camuffarsi da angelo del cielo, e così anche Burroughs venne impiccato.

Il 22 settembre si ebbe l’ultima e più numerosa ondata di impiccagioni, frutto delle condanne inflitte tra il 9 e il 17 settembre, in cui vennero firmate quindici condanne a morte, di cui ne vennero eseguite 8.

Tra le accusate spiccavano Tituba e Martha Cory, più il marito di quest’ultima, di 80 anni, Giles. L’uomo però costituiva un caso particolare: alla domanda di rito: “Vi ritenete colpevole o innocente?”, Giles non rispose, e secondo le leggi inglesi, il rifiuto di rispondere costituiva reato di insolenza contro l’autorità e ribellione alla legge, e comportava una pena: l’imputato veniva steso sotto un enorme peso, e gli si riproponeva la domanda; se continuava nel silenzio, il peso veniva aumentato gradatamente, e a questo punto le soluzioni possibili erano solo due: o il malcapitato, sentendosi soffocare, rispondeva, mettendo fine al supplizio, oppure continuava nell’ostinato silenzio, finchè non sopraggiungeva la morte per soffocamento. E fu proprio questa seconda opzione che Giles Cory scelse, Rimase in silenzio, fino a quando il torace non gli fu schiacciato. Morì dopo due giorni di agonia. Tre giorni dopo sua moglie, assieme ad altre sette condannate, lo seguiva, dopo essere stata impiccata. Le altre persone che avevano subito il processo in contemporanea, tra le quali c’era Tituba, avendo ammesso la propria colpevolezza vennero rimandati in prigione.

Alla fine non era rimasto più nessuno, tra quelli accusate dalle ragazze. Che il circo stesse finalmente volgendo alla conclusione? No, perchè le diaboliche “ragazze del focolare” trovarono un altro espediente per tenere alta l’attenzione. La gente, dopo aver visto così tante persone morire sul patibolo, pensava che le sofferenze delle accusatrici sarebbero presto terminate, e invece le ragazze, a ogni strega che saliva al patibolo, subito trovavano un’altra vittima da accusare… ma alzarono un po’ troppo la posta in gioco, e quando iniziarono a fare dei nomi “pesanti”, la giuria iniziò ad averne abbastanza. Potevano infatti accusare qualsiasi popolano di Salem, ma non potevano permettersi di dichiarare che erano tormentate da Lady Phips, la moglie del Governatore, che in quel momento si trovava sul confine canadese, intento a contrattare con gli Indiani sui loro possedimenti. Quando Phips seppe che anche sua moglie era stata accusata di essere una strega dalle ragazzine terribili di Salem, tornò in fretta e in furia nella cittadina e rimproverò aspramente Stoughton, ordinando che questo processo venisse fermato immediatamente.

La fine del processo

Vennero nominati altri esperti, che dovevano avere il compito di esaminare l’aspetto teologico della faccenda. Venne così nominata una nuova Corte, e fu allora che la prova diabolica non venne più riconosciuta. Apparve chiara la montatura delle ragazzine accusanti, le esecuzioni dei prigionieri vennero sospese, le accuse contro quelli che erano ancora imprigionati caddero e i poveretti vennero rimandati a casa.

Il 14 gennaio 1693 il governatore Phips mise la parola fine a questa drammatica vicenda, concedendo il perdono a tutti coloro che erano stati accusati di stregoneria. Così, con questa ferma presa di posizione, si arrivò alla conclusione che il Massachusetts fosse stato finalmente liberato dall’incubo delle streghe, e la vita riprese normalmente.

Non però a Salem, dove una pagina terribile di storia era stata scritta, indelebile. Le isteriche fanciulle che avevano messo in piedi tutta la vicenda avevano portato dell’arresto di quasi duecento persone, e tra queste, trenta erano state ingiustamente condannate a morte. Diciannove persone furono impiccate, due si salvarono, perchè donne e incinte, e cinque persone riuscirono ad evadere dalla prigione a sentenza emessa, salvando la pelle.

E chi aveva comportato tutto ciò? In primo luogo Tituba, la responsabile di aver praticato magia bianca. La donna fu tra le ultime a essere rilasciata, perché il suo padrone, Parris, si rifiutò di pagare in riscatto. Alla fine, per rientrare dalle spese, Parris la vendette a un altro padrone e di lei non si seppe più nulla. Quanto a Parris, per lo scandalo fu costretto a rassegnare le dimissioni da ministro di Salem, nel 1697.

Le ragazzine che avevano inventato tutta la storia, invece, non furono punite come avrebbero forse dovuto essere. Si stabilì che era stata la magia bianca praticata da Tituba, i suoi incantesimi e le sue predizioni del futuro a creare gravi problemi nelle menti della piccola Elizabeth Parris e delle sue compagne. Cresciute in ambienti puritani, in cui ogni malefatto o superstizione è considerata opera del diavolo, le ragazzine avevano da sempre vissuto con un modo di ribellione in loro stesse, e attendevano il momento propizio per lasciarlo fuoriuscire. Le ragazzine di Salem scoprirono ben presto che le convulsioni e le isterie che manifestavano davano loro la grande opportunità per fuggire a un’educazione fin troppo rigida, lasciandosi andare a comportamenti che in casi normali avrebbero sicuramente causato una punizione. Adesso, la presenza della stregoneria dava loro l’opportunità per evadere, per fare qualcosa di diverso, per rompere gli schemi, per divertirsi, anche se il divertimento era stato accusare gente innocente e mandandola a morte, ingiustamente.

E nessuna di loro pagò mai, per questo! In fondo credo sia questa, l’unica, vera, grande ingiustizia del processo di Salem!

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