Cercando su internet foto di fantasmi, mi sono imbattuta in una serie di fotografie inspiegabili.

Ne avevo già affrontata qualcuna, parlando del mistero (risolto) dell’ultima fotografia di Charlie Noonan, oppure della storia della fotografia del cadavere di casa Cooper….

Oggi invece voglio presentarvi la foto che venne pubblicata sull’Atlanta Constitution, un giornale georgiano, nell’agosto 1935.

Una foto che ritrae il fantasma di Viola Peters che osserva il suo stesso assassino.

Viola Peters aveva all’incirca 50 anni, non si era mai sposata e viveva da sola nella cittadina rurale di McCaysville, in Georgia. Era la terza di sette figli, e la sua famiglia le lasciò in eredità abbastanza denaro per poter vivere in pace e tranquillità. Di indole buona e mansueta, la donna aiutava spesso i suoi compaesani, impegnandosi in lavoretti utili: filava, cuciva, raccoglieva frutta e cucinava.

Sovente prestava piccole somme di denaro ai bisognosi, ma non chiedeva nulla in cambio e soprattutto non voleva mai essere pagata per i lavori che svolgeva dai suoi compaesani. In fondo gli abitanti di McCaysville erano quasi tutti contadini o persone semplici, che vivevano dei frutti del loro lavoro, e Viola non se la sentiva di approfittare della generosità delle persone cui ella stessa faceva del bene…

Viola Peters, dolce benefattrice

Era molto benvoluta da tutta McCaysville, anche perchè una grossa somma del denaro che aveva a disposizione, lascito della sua famiglia, Viola l’aveva elargito a favore della chiesa Battista, alla quale era molto devota, oppure comprando libri e molto materiale scolastico per l’orfanotrofio locale, sua tappa fissa: Viola si recava spesso all’orfanotrofio, portando vestiario, libri e giocattoli ai bambini che vi erano ospitati.

Nel periodo 1929-39, in piena crisi economica, le istituzioni di McCaysville erano in grave perdita, e riuscirono a sostentarsi e a superare la crisi solo grazie all’estrema generosità di Viola… tuttavia la sua generosità attirò molti occhi, anche indiscreti, e contribuì a decretare la sua fine.

Nell’ottobre 1934 a McCaysville arrivò un vagabondo di nome Tom Cullin, che dopo aver cercato in qualche modo di guadagnarsi da vivere commerciando alcol, si ritrovò praticamente sul lastrico dopo aver dilapidato tutti i suoi (miseri) averi nei bar e nelle scommesse.

Venne assunto nella raffineria di rame del paese, e qui sembrò finalmente avre ritrovato la retta via, fino a quando non venne a sapere di Viola Peters e della sua ricchezza. Seppe che era zitella, e nonostante Viola non fosse proprio così avvenente, Tom pensò bene di corteggiarla, per farla innamorare di sè, sposarla e vivere di rendita (e bevute) per il resto dei suoi giorni.

Tom Cullin allora iniziò a seguire Viola Peters ovunque lei andasse: all’orfanotrofio, in chiesa, nei negozi, dalle famiglie che la donna frequentava, ma Viola più volte lo respinse, fermamente, dicendogli che non aveva alcune intenzione di maritarsi, nè tantomeno di cedere ad avventure galanti. Tom prese molto male il rifiuto di Viola, non tanto perchè non era abituato a sentirsi rifiutato da una donna (anche se questa aveva quasi il doppio dei suoi anni), ma anche perchè in questo modo vedeva allontanarsi sempre più la possibilità di mettere le mani sui soldi di Viola.

Non ci fu verso: per quanto Tom facesse il galante, Viola non ne volle sapere, e alla fine, esasperata, gli intimò di lasciarla in pace, altrimenti lo avrebbe denunciato.

La morte di Viola Peters

Nel luglio 1935 Tom Cullin tentò il tutto e per tutto: entrò in casa di Viola durante la notte, la violentò brutalmente e alla fine la uccise strangolandola con una corda. Poi, per non destare sospetti nei vicini, Cullin rimase nella casa di Viola e riferì a quelli che erano passati a trovare la benefattrice che Viola aveva dovuto allontanarsi per qualche giorno per andare ad Atlanta a far visita alla sorella malata e che aveva chiesto proprio a lui di tenere d’occhio la casa in sua assenza.

Così Tom rimase per 17 giorni in casa di Viola, e alla fine mise ogni cosa di valore che aveva trovato in casa in grossi sacchi di iuta e si preparò ad andarsene. Venne però fermato dalla polizia proprio mentre, di notte, si apprestava a lasciare il paese, e quando la polizia trovò nei sacchi di Tom molti oggetti personali di Viola, il terribile sospetto che alla donna fosse accaduto qualcosa di terribile si fece sempre più strada…

Trovato il cadavere di Viola, Tom venne arrestato e immediatamente processato: l’uomo venne condannato davanti a tutto il paese a 15 anni di prigione, ma la folla esplose in un boato di proteste e insulti, giudicando troppo mite una pena del genere per l’uccisore della loro amata Viola, e chiedendo a gran voce la pena di morte.

Tom venne dunque riportato in carcere, da due giorni dopo la sentenza un drappello di abitanti inferociti assaltò la prigione della contea, catturò Cullin, e lo uccise sul vecchio ponte del fiume Toccoa, di fronte al paese di McCaysville al completo. Tom venne impiccato, e Garrett Killian, un testimone del linciaggio, decise di immortalare l’esecuzione dell’assassino di Viola Peters scattando numerose fotografie, perché tutti venissero messi al corrente di quanto accaduto e del fatto, soprattutto, che giustizia era stata fatta e che l’assassino di Viola era stato ucciso.

La foto in questione venne pubblicata pochi giorni dopo sull’Atlanta Constitution, e fece grosso scalpore nell’opinione pubblica: com’era possibile che il popolo avesse agito di testa sua, scavalcando la legge e facendosi giustizia da sè?

Ma, a guardar meglio la fotografia, c’era un altro particolare decisamente più inquietante: chi era la figura in piedi, di fianco alla costruzione di legno da cui penzolava il cadavere di Tom Cullin?

Tutti erano concordi nel riconoscere in quella sagoma proprio Viola Peters, o meglio il suo fantasma, che aveva assistito fino all’ultimo alla morte del suo assassino.

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