ThompsonA New Bedford, nel Massachusetts, a fine ottocento vivevano due uomini: Frederic Thompson, gioielliere per professione e pittore per passione, e Robert Swain Gifford, pittore per professione e basta. I due avevano un elemento in comune, la passione per le passeggiate, che erano abituati a concedersi, lungo la costa. E accadde anche i due si incontrassero, in sole due occasioni. Ma tra i due non ci fu altro che un semplice scambio di cortesi saluti, e la conoscenza non venne mai approfondita.

Nel 1905 Frederic Thompson, di punto in bianco, iniziò ad avvertire un impulso davvero irrefrenabile a dipingere e disegnare. Si svegliava nel cuore della notte, mentre stava dormendo, e si svegliava interrompendo i sogni che faceva. Sogni sempre uguali, a dire la verità: particolari paesaggi marini. Anche di giorno aveva delle visioni: gli passavano davanti bellissimi panorami da dipingere, scene che non aveva mai visto prima, ed erano tutte scene marine.

Iniziò dunque a trasferire su tela le sue visioni, attribuendo qusta sua nuova passione a “mr. Grifford”, dal nome di Robert Swain Gifford, il celebre paesaggista che aveva incontrato nelle uniche due occasioni a New Bedford.

Il mistero dei quadri di Thompson

Poi, un giorno si recò a New York per lavoro, e avendo un po’ di tempo libero decise di visitare una galleria d’arte che si trovava nelle vicinanze, che esponeva una mostra dedicata interamente al pittore Robert Swain Gifford, che era morto da poco. Di fronte alle opere esposte, Thompson rimase decisamente choccato, non solo perchè aveva riconosciuto nel pittore l’uomo che aveva incontrato, ma anche perchè le opere esposte riproducevano moltissime delle scene che lui stesso aveva visto nella sua mente.

Tra i quadri esposti, in particolare, ve n’era uno che ritraeva degli alberi, ed era lo stesso quadro che lui, Thompson, aveva visto nella sua mente, affidando l’immagine alla carta. L’uomo perse conoscenza, e mentre cadeva in terra, una voce gli sussurrò nelle orecchie: “Guarda che cosa ho fatto, ora continua tu l’opera”.

Il quadro di Gifford

Thompson non parlò dell’accaduto con nessuno, ma tornato a casa, si rese conto di essere stato profondamente toccato dall’accaduto: non riusciva più ad eccellere nel suo lavoro di artigiano, non gli riusciva più nulla, ma in compenso le sue doti di pittore continuarono ad aumentare. I suoi quadri miglioravano a vista d’occhio, lo stile si affinava, e i suoi dipinti si ispiravano sempre più allo stile del pittore defunto Gifford. Com’era possibile?

Thompson si stava isolando sempre più, trascorreva i suoi giorni a dipingere marine e altri paesaggi, e alla fine, preoccupato da questo cambiamento, si rivolse al dottor James H. Hyslop, direttore dell’American Society for Psychical Research di New York, per una visita specialistica. Il medico sentenziò che Thompson si trovava sull’orlo di un esaurimento nervoso e gli consigliò di riposare, dedicandosi alla sua nuova passione… ma in cuor suo, Hyslop non era del tutto convinto della sua diagnosi, ed essendo un appassionato di paranormale, decise di portare il suo paziente a fare una visita più specialistica…da un medium.

E non appena Thompson entrò nella stanza, il medium avvertì accanto a Thompson la presenza di un grande artista, un pittore famoso, e arrivò a descrivere il paesaggio che Thompson vdeva spesso nei suoi sogni. Il medium suggerì a Thompson di lasciarsi andare, e trasferire sulla tela le immagini che vedeva, senza alcun freno.

Nel 1907 Thompson mostrò a Hyslop una serie di tele che riproducevano due distinti paesaggi, che non aveva mai visto ma che erano dipinti perfettamente e con dovizia di particolari. Affascinato da quanto stava avvenendo, Hyslop accompagnò Thompson dalla vedova Gifford, sicuro che avrebbe trovato tutte le risposte dalla donna.

E infatti la vedova Gifford, vedendo i quadri dipinti da Thompson, mostrò una tela incompiuta del suo defunto marito: era esattamente il dipinto che Thompson aveva abilmente terminato.

Come questo fosse stato possibile, è e rimane ancora un mistero irrisolto.

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2 pensiero su “Reincarnazione: il caso dei quadri Thompson – Gifford”

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