I dati dell’INGV mostrano chiaramente come lo sciame sismico in Emilia si stia lentamente esaurendo. I terremoti registrati nelle ultime 24 ore sono stati in tutto 11, e il più forte è stato di magnitudo 3.1 con epicentro a Finale Emilia, registrato alle ore 22.18 ora italiana.

Parlando dei terremoti, mi viene quasi naturale collegare questo fenomeno con un altro che potremo quasi definire “collaterale”, poichè in determinate condizioni, quando si verifica un terremoto, può verificarsi anche un maremoto, uno tsunami, e mi sono chiesta se in Italia, oltre a quello tristemente noto di Messina del 1808, ci siano stati maremoti di una certa rilevanza.
E grande è stata la mia sorpresa nel scoprire che terremoti, maremoti e il fenomeno di liquefazione del suolo che avevo già trattato in precedenza, beh sono collegati.


LIQUEFAZIONE DEL SUOLO: IL CASO DI ARGENTA
Il fenomeno della liquefazione del suolo, che è sembrata una novità clamorosa, in realtà tanto novità non era:  nel 1624 un terremoto di magnitudo 5.5 distrusse molti edifici di Argenta per l’onda di uno tsunami “interno” e per la liquefazione delle sabbie. Tre fatti ben precisi poi associano quel terremoto del 1624 a quello di oggi: la magnitudo similare (stimata 5.5), l’epicentro posizionato in piena Val Padana (a nord di Argenta, una cinquantina di km ad Est di Finale Emilia!) e la presenza di sabbie geologicamente “recenti” con falda acquifera in prossimità del piano campagna.
Argenta non è una località sconosciuta: ne avevo parlato in un recente post, perchè era stata epicentro di un sisma di magn. 2.2 lo stesso giorno in cui la terra ha tremato a Ravenna…e poi, sempre ad Argenta, si erano registrati altri sismi.

Se due sono gli tsunami marini più importanti del Seicento, lo stesso numero rappresenta la quantità di tsunami “interni” (ovvero coinvolgenti acque non marine) che colpiscono l’Italia nello stesso periodo. Si tratta di fenomeni poco noti e studiati ma accertati, anche tramite testimonianze storiche locali, visionate direttamente grazie alla collaborazione del Comune di Argenta e della dott.ssa Bolognesi in particolare. Anticamente, fino al XVII Secolo, era chiamata Valle Padusa un’ampia zona paludosa, caratterizzata da stagni ed isolotti di varie dimensioni, che si estendeva dal Delta del Po fino ad Argenta ed oltre: dopo un’ampia bonifica, l’intero territorio subì profondi mutamenti e oggi il residuo della Valle Padusa è rappresentato dalle famose Valli di Comacchio.

Dall’ottobre del 1623 questa zona fu interessata da una serie di eventi sismici, inizialmente di bassa portata, che rappresentarono una sorta di “scosse preparatorie” ad un evento ben più importante, sviluppatosi alle ore 19.45 del 18 marzo 1624. Questo terremoto, stimato di magnitudo 5.5 e con epicentro posizionato immediatamente a Nord della cittadina di Argenta (intensità Scala Mercalli VII-IX) portò, data la conformazione geologico-geomorfologica del territorio, a due fenomeni ben distinti e particolari che amplificarono gli effetti del sisma.

SABBIA MISTA AD ACQUA BOLLENTE
Data pure la falda acquifera in prossimità del piano campagna, i terreni superficiali, prevalentemente sabbiosi, furono soggetti al fenomeno della liquefazione, e nei testi dell’epoca si fa riferimento al terreno che divenne “sabbia mista ad acqua bollente”.
Il sommovimento tellurico provocò l’aumento della pressione nel terreno fino ad eguagliare la tensione soprastante: in questo modo si annullò la resistenza al taglio ed i terreni, per così dire, si fluidificarono, cioè si comportarono allo stesso modo di un fluido o comunque di un liquido pesante. Molti edifici, trovandosi a galleggiare improvvisamente in una sorta di fluido, affondarono o si ribaltarono proprio perché il terreno non fu più in grado di opporre resistenza alla spinta dall’alto. Su internet spopola un video che riproduce esattamente il fenomeno, e sebbene sia un video “di fortuna” è ugualmente interessante e vi consiglio la visione per capire bene di cosa si parla.

Il fenomeno della liquefazione trova la sua massima esplicazione in situazioni ben precise quali appunto quelle della Valle Padusa o, ad esempio, nelle spiagge della Versilia: terreni prevalentemente sabbiosi (o sabbioso-limosi), geologicamente recenti ed abbastanza potenti (spessore di qualche metro), caratterizzati da una granulometria piuttosto uniforme, normalmente consolidati e saturi o comunque con la falda freatica in prossimità del piano campagna, rappresentano le condizioni ideali per lo sviluppo della liquefazione se soggetti ad un sisma di particolare intensità.

In secondo luogo, le acque delle aree paludose furono scosse ed agitate dalle onde telluriche. Nell’intera area delle Valli di Comacchio e soprattutto nella zona del Po di Primaro si registrarono onde anomale, di entità ed altezza difficilmente valutabili, ma tali comunque da abbattere argini e invadere le campagne. Fino a tutto il Cinquecento, il Po di Primaro era un vero e proprio ramo deltizio del Po che partiva da Ferrara, si dirigeva a sud-est, transitava da Argenta per terminare la sua corsa in Adriatico a sud del Lido di Spina.

I lavori successivi di bonifica dell’intera area videro questo ramo del Po scomparire, interrarsi ed essere sostituito nella sua parte finale dall’attuale fiume Reno. Per questo, più opportunamente, oggi ci si riferisce a questo ramo col termine Po morto di Primaro. Furono i suoi argini ad essere abbattuti dalla furia delle acque in movimento a seguito del sisma. In quel periodo ad Argenta vivevano circa tremila persone e la cittadina possedeva una conformazione urbanistica tipicamente medievale, con tanto di mura e torri. Circa il 30% delle costruzioni andò distrutto o lesionato gravemente dal sisma mentre le acque, pur “allagando le vie”, non provocarono gravi danni.

LA MADONNA FERMA LO TSUNAMI
E siccome a noi di PensieroSpensierato piace parlare di leggende, visto che siamo nati parlando di questo (e presto torneremo a farlo!), c’è una bella diceria che riguarda lo tsunami emiliano di Argenta.

Era il 19 marzo 1624 quando, a partire dalle 2 del mattino, forti scosse di terremoto interruppero drasticamente il sonno degli Argentani. Alla gravità del sisma si aggiunse la violenta forza devastatrice delle acque del Po di Primaro che ruppero gli argini. In mezzo a tanta devastazione accadde qualcosa di inverosimile. Infatti una così grande violenza sembrò fermarsi davanti al santuario della Beata Vergine della Celletta che rimase illeso. Si contarono solo 25 vittime. Per questo gli abitanti con le pubbliche autorità civili e religiose si recarono in processione alla Celletta ringraziando la Vergine Maria di averli salvati e fecero voto di andarvi ogni anno nel medesimo giorno. È per questo che ogni anno, il 19 marzo si rinnova il rituale del pellegrinaggio al santuario che, con la sua forma ellittica è uno dei monumenti più rappresentativi della città di Argenta. FONTE: ilrestodelcarlino

Quello di Argenta rimane dunque uno dei rari tsunami “di acque interne” registrato nel nostro paese.

FONTE: meteoweb.eu

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2 pensiero su “Terremoti e tsunami: il caso dell’Emilia”

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