Avevo scritto questo pezzo in coppia con Mathias, il “puglioferrarese” che per qualche giorno (!!) ha condiviso il mio blog…e che è sparito per alcune vicende che non sto qua a dire.

Era venuta fuori una cosa molto carina, e siccome non è mia abitudine cestinare qualcosa di bello solo perchè mi sono battibeccata con la persona con cui l’ho scritta, ho pensato fosse il caso di rispolverarla dalle bozze, rileggerla e decidere se fosse o meno il caso di pubblicarla.

Ammetto, dopo averla riletta, di averla trovata davvero simpatica, e quindi, deposta per un momento (solo un momento!!!) la faretra colma di strali avvelenati che ci siamo lanciati, si è comunque deciso di comune accordo di pubblicare il nostro scritto, che era, per l’appunto, una cosa simpatica e assai divertente che avevamo fatto assieme.

Spero vi piaccia questo piccolo “esperimento letterario” che si era fatto assieme, e del quale conservo dei bei ricordi al di là della persona con cui è stato scritto.

«Spingi Mathias, spingi!». La sua voce squillava in quella notte fredda di metà novembre, e non riuscivo a fare altro che obbedire alla sua volontà.
Ma era più semplice a dirsi che a farsi.
I suoi occhi, che fino a poche ore prima erano di un colore a metà strada tra il marrone screziato d’oro e il verde scuro, ora non si vedevano, in quell’oscurità, e brillavano solamente come due perle scure, lì davanti a me. Chiusi gli occhi, strinsi i denti, e spinsi di nuovo, con più forza, mentre il fiato mi cominciava a venire meno e la forza nelle braccia mi stava lasciando. Ma sapevo che per farla felice avrei dovuto mettercela tutta, spingere più forte, più forte di come stavo facendo, perchè così lei voleva e così dovevo fare.

Di nuovo quella richiesta di spingere, di nuovo il mio desiderio di accontentarla, di nuovo non essere in grado di farlo.
«Non ci riesco!» dissi, e lei mi guardò interrogativa, poi scoppiò a ridere.
La sua risata mi fece imprecare e pensai di sbottare: «Cara ladyghost, se non ce la faccio, chiedi a tuo cugino di darti una mano!». Ma ovviamente sapevo che non era possibile, e dovevo riuscirci da solo.

Però non ce la facevo proprio se lei non mi aiutava! Finalmente lei se ne rese conto, capì che doveva darmi una mano, e accelerò. Finalmente. Si stava muovendo. Se la stavamo facendo, strinsi i denti più che potevo, puntai bene i piedi e feci forza con le gambe, sulle braccia, un ultimo sussulto, le vene del collo che quasi mi scoppiavano per lo sforzo che stavo compiendo, ma sentivo che si stava muovendo, guardai i suoi occhi, lei mi guardò a sua volta, con uno sguardo dolcissimo e nello stesso tempo arrabbiato e scontento, e ne aveva tutte le ragioni del mondo…poi chiuse gli occhi, di certo per concentrarsi meglio, o forse li tenne aperti e io non me ne accorsi perchè chinai la testa, posandola su quella superficie fredda sotto di me, la sentii imprecare e finalmente riuscimmo nel nostro intento. Lei lanciò un gridolino soddisfatto, io qualcosa di simile a un grugnito e mi abbandonai su quella superficie fredda che mi aveva sorretto fino a poco prima. Ansimando per lo sforzo, guardai i suoi occhi e la vidi sorridere, soddisfatta e compiaciuta. Finalmente.

La macchina era fuori dal fango.

Che pappamolla di uomo, figuriamoci, neanche in grado di spingere un’auto fuori dal fango…e li chiamano uomini! Non ci sono più gli uomini di una volta!!

Ti mangio! Ho fatto tutto da solo, mentre tu invece di accelerare frenavi! E tuo cugino era troppo occupato a rincuorare la fidanzatina infreddolita e seccata…c’era un uomo in più, ma a chiedergli di dare una mano….

Certo, perché se chiedi a Matteo di darti una mano a spingere una macchina gli viene l’ernia al disco solo a pensarci!

Lasciamo perdere. A chi era venuta la brillante idea di imbarcarci in una simile avventura? A te, ovviamente. Tutto il giorno a parlarne, a pensarci, a progettare, tu come una bambina a spiegarci perché dovevamo andare proprio lì, proprio quella sera, proprio in macchina e poi salire a piedi. «Vedrete, sarà una cosa da togliere il fiato. Si sale fino lì, c’è il parcheggio del ristorante, si lascia giù la macchina e si procede a piedi. La strada è ampia, non sono che un paio di chilometri, con le torce elettriche non ci saranno problemi, arriveremo lassù e vedrete che panorama magnifico».
Queste erano state le tue parole, ma che cosa avessi in mente nessuno lo sapeva. 

Certo, perchè se vi dicevo dove avrei voluto portarvi di sicuro sarei andata da sola!

Ma mi pare ovvio, nessuna persona sana di mente avrebbe mai potuto avere una simile idea!  

Mi stai dando della pazza? è_é

Non mi permetterei mai! Sto raccontanto come ci avevi sorpresi tutti, a cena: «Ho in mente qualcosa di veramente eccitante per questa sera», avevi annunciato.

Matteo a fissarla come se avesse visto un fantasma, mia sorella idem, io….compiaciuto e spaventato nello stesso tempo. L’avevo guardata in un modo che sottintendeva molte cose…

Appunto. Sottintendeva.

….e le avevo fatto un sorriso che poco lasciava all’immaginazione, preludio forse a qualcosa di veramente eccitante, ma lei subito mi aveva frenato, con una risposta secca e acida: «Non quello che pensi tu bellezza».

Logico, per chi mi hai presa?! Galletto… XD

… Tralasciamo. Mi avevi completamente spiazzato. La guardai con un’espressione tra il deluso, il meravigliato e l’interrogativo.

Interrogativo? No no, avevi proprio un’espressione ebete, a metà strada tra una triglia e uno stoccafisso.

Bel paragone, e poi io sono sempre una triglia per te?! Lo stesso sguardo che avevi tu, comunque! Poi iniziò a spiegare…Ma lascio a lei il piacere di continuare questo post.  

Eccerto, il blog è mio! Dunque, la mia intenzione era portare i miei ospiti a visitare un luogo tremendamente bello che avevo scoperto da poco tempo e che mi ingrippava parecchio, e non c’era sera più perfetta di quella per farlo. Una serata in perfetto stile Liber@discrivere, cioè visita a luoghi misteriosi possibilmente infestati in compagnia di persone scettiche e agnostiche per farle, nel limite del possibile, convertire.

Che significa, “nel limite del possibile”?

Significa evitare per quanto possibile di far morire dalla paura le persone in questione. Dunque avevo deciso di accompagnare i miei ospiti, il mio adorato cugino Matteo, la di lui fidanzata e relativo fratello di lei a visitare le rovine di un antico monastero sperduto tra i colli euganei, appena fuori Padova. Una cosa meravigliosa, che mi ero ripromessa tante volte di visitare ma che non avevo mai avuto il piacere di farlo. Ora finalmente il mio sogno si sarebbe tramutato in realtà.

Ci avviammo dunque verso il monte Venda, sulla sommità del quale si ergono ancora maestose le rovine dell’antico monastero degli Olivetani.
Cos’è questo luogo? Le notizie storiche del monastero le ho estratte da Medioevo di Clelia Agnan, il cui intervento relativo proprio al monastero degli Olivetani utilizzo per fornire ai lettori un migliore inquadramento storico:
Una prima menzione di un luogo, o di una presenza stabile sul Monte Venda è contenuta nel testamento di un canonico della cattedrale di Padova, Almerico, datato 3 aprile 1197. Una leggenda, invece, tratta da un manoscritto del XIV secolo di autore ignoto, vuole che i primi passi siano stati compiuti da un monaco della basilica di S. Giustina da Padova, Adamo da Torreglia, che giunse in questi luoghi spinto dal desiderio di vita eremitica. Egli si recò sulla cima del monte, in compagnia di un servo, vivendoci per anni, prima di morire in una caverna. Adamo apre la strada ad altri monaci alla ricerca di solitudine eremitica, tra cui i sacerdoti Gerrado e Drago che, assieme al monaco Villano di Maserà, erigono l’oratorio dedicato a San Michele Arcangelo e consacrato nel 1212 dal vescovo di Padova. Ma la svolta avviene con l’arrivo, verso il 1204, di due monaci di S. Giustina, Stefano, ex abate della basilica, e Alberico, che intraprendono la costruzione di una chiesa dedicata a San Giovanni Battista, e che lasciano, in conseguenza dei mutati bisogni dovuti alla presenza permanente di un piccolo gruppo di monaci, i primi segni di rilievo di una comunità religiosa, passando di grado in grado da una vita eremitica a una cenobitica.
L’insediamento progressivo della comunità benedettina sulla cima del Monte Venda è collegato a un incremento territoriale ed economico, registratosi soprattutto sotto la protezione dei signori da Carrara, che, a partire dal 1305, controllano la politica di Padova insidiando, di fatto, la vita religiosa del territorio. La sua rilevanza spirituale è nota e si manifesta essenzialmente durante la festa di San Giovanni Battista, in cui i monaci accolgono i fedeli con offerte di pane e vino.
Nella metà del 1300, la crisi del monachesimo benedettino è risentita in pieno nel territorio padovano. Nella sola diocesi di Padova, si estinguono 33 dei circa 60 monasteri esistenti alla fine del Duecento. Il monastero visse allora un periodo di crisi spirituale ed economica che portò il vescovo Raimondo, con l’appoggio dei Carraresi, a ordinare la sua unificazione alla congregazione di Monte Oliveto (presente a Padova dal 1348), affiliazione sotto la quale il cenobio rimarrà stabilmente fino alla sua definitiva soppressione, per decreto della Serenissima, il 10 settembre 1771.
La vicenda del monastero degli Olivetani racchiude in sé tutta la storia di un territorio. Passando, oggi, attraverso le rovine di quello che ne è rimasto non si può non restare colpiti dalla pace e serenità di un tale luogo. E, a rendere giustizia alla scelta dei primi eremiti, passeggiando tra queste pietre, rammentiamo le parole di un manoscritto di Cittadella «Con altre comodità è in sì bella vista, in parte terminata dai vicini monti, che ivi, dopo uscita l’alba dalla magione celeste con la fronte di rose, come suoi dirsi, e coi piedi d’oro, quando dall’oriente il cielo torna sereno e luminoso, si discoprono valli, selve, dirupi, antri et aperture di colli, e abbassando gli occhi si vedono poggi piacevoli pieni di vigne e frondi con varie maniere a’ suoi tempi di frutti e belli prati herbosi e fioriti da camminarvi e sedervi sopra, partiti delli suoi cespugli ombrosi […]».
Ebbene, questo monastero è attualmente in rovina, come si può vedere bene dalle foto postate in quest’articolo, che sono state tratte dal sito 
http://www.magicoveneto.it/Euganei/Venda/Olivetani.htm.
E mi era giunta voce che al suo interno, proprio lì fra le rovine, potessero trovarsi dei fantasmi…
Eccola, sempre con i fantasmi! Era questo infatti quello che a Donata interessava, trascinare tre poveri innocenti in una scorribanda notturna alla ricerca di fantasmi! Altro che serata eccitante! Per lei solo i fantasmi sono eccitanti… Così siamo partiti e…

Racconti tu adesso? 

Sì, un po’ per ciascuno. Così siamo partiti e ci siamo diretti verso questo benedetto monte. Solo che poi la macchina si è impantanata e ho dovuto sudare sette camicie per toglierla da lì, e quando alla fine ce l’ho fatta, ecco che lei dice che tanto siamo arrivati, da lì non si può proseguire in macchina e dobbiamo andare su a piedi. Così, torcia alla mano, i nostri eroi si mettono in cammino nella notte, quattro torce a batteria che sembravano uscite dalle merendine, che sì facevano luce, ma non abbastanza da illuminare la punta delle scarpe, e via, nell’oscurità, dietro a quella pazza scatenata che voleva andare avanti. Continui tu?  

Silenzio. Si è offesa, dunque continuo io. Passiamo oltre le antenne, le luci sono sempre più fioche, e lei sempre più scalmanata che vuole continuare a salire. Ma non si vede nulla, mia sorella e Matteo giustamente si lamentano. La chiamiamo, le diciamo di aspettarci. Lei, avanti ormai di una buona decina di metri, si vede solo il piumino rosso fuoco che indossa, una macchiolina che si ferma in mezzo al sentiero, uno sbuffo di fumo in corrispondenza di una massa di capelli neri al vento, due perline brillanti illuminate dalla torcia. Donata sta sbuffando come una locomotiva.
La raggiungiamo. Come ogni uomo che si rispetti, il mio istinto di protezione verso una donna si fa sentire, e tento, imitando la coppietta che ci segue, di rincuorare la donna che è con me. Allungo la mano per prendere la sua, e subito i suoi occhi mi squadrano. «Guarda che cammino benissimo da sola, e non mi serve prenderti per mano. Anche perché hai le mani sudate». Di nuovo mi ha spiazzato.

Sì, avevi le mani umidicce, e poi eravamo a caccia!

Ok. Fatto sta che lei di nuovo vuole correre avanti, imprudente e pazza come sempre, così la afferro per il cappuccio e a momenti Ladyghost cade a terra. «Voglio andare avanti! La strada è tranquilla, c’è mezza luna che illumina anche se non è piena, ci sono le stelle e le luci della città lì in fondo, abbiamo le torce, e abbiamo fatto neanche 50 metri oltre il parcheggio. Andiamo!!». Frenare quella ragazza è praticamente impossibile. O la soffochi, o la leghi a un albero, ma anche così riuscirebbe a sradicare la pianta e portarsela appresso come zaino, pur di andare dove il suo cuore la spinge.  

Non il mio cuore, ma la mia passione!

Appunto, la sua passione per i fantasmi… e cosa ci sarebbe stato mai in quel monastero?

Dunque, è solo una leggenda che ho appreso come al solito, nello stesso identico modo in cui apprendo tutte le altre che mi portano a investigare. Questa leggenda dice che in questo monastero si trova il fantasma di un monaco, morto suicida intorno al 1530. Era un monaco un po’ particolare, anziano, osservante della Regola di San Benedetto in maniera davvero esemplare e ferrea…qualcosa di simile al venerabile Jorge del Nome della Rosa.

Che?

Il libro di Umberto Eco. E il film con Sean Connery. Quel vecchio cieco che ne combina di tutti i colori. Ecco, questo monaco fantasma dovrebbe essere qualcosa del genere. ma in più la leggenda si arricchisce di un particolare interessante: sembra infatti che questo monaco si sia inflitto una punizione pesantissima…Tu sai che i monaci fanno ordine di castità, e fanno di tutto per rispettarlo. Però a quanto sembra questo monaco ha avuto qualche tentazione, e per evitare di infrangere il suo voto ha fatto a se stesso ciò che fecero ad Abelardo…

Si è tagliato….?

Sì, si è evirato. E per il terribile dolore provato, per la gravità delle ferite riportate e perchè oramai stava morendo, abbia deciso di gettarsi giù dalla torre del monastero, cadendo delle rocce che si trovano sotto. Ma pare che il suo fantasma non abbia mai abbandonato questi luoghi, e da allora vaghi tra le rovine del monastero agitando una specie di fiaccola, che dovrebbe rappresentare la luce di Dio che illumina la mente degli uomini… Si dice che appaia vestito di bianco, come è l’abito di chi appartiene all’Ordine degli Olivetani, con la tonaca macchiata di sangue, questa fiaccola in mano e gli occhi rossi e spalancati, un’aria molto arrabbiata e feroce. Ecco, questo è quello che si dice, e volevo vedere se la cosa è vera oppure no, approfittando del fatto che non sono sola a investigare…

Ecco, queste sono le motivazioni che hanno spinto questa dannatissima donna senza paura ad addentrarsi nella notte per andare alla ricerca di un monaco senza attributi!

Che poetico…!

Sì, ma Ladyghost non è poi così ferrea nei suoi propositi…

Ci siamo….sbuffo e mi prendo il viso tra le mani.

Improvvisamente, mentre stavamo camminando, vincendo ogni più timida resistenza (perché quando Ladyghost ci si mette è dura da farle cambiare idea!), ecco un rumore nella boscaglia che costeggia il sentiero. Lady, che cammina fianco a fianco con me, si ferma. Mi guarda, guarda la coppietta che ci segue, osserva di nuovo la boscaglia, punta il fascio della torcia verso le foglie e fa qualcosa di simile a un passo in avanti, restando però col piede stranamente in bilico. Non lo posa al suolo, non lo muove. Sta così, ferma, immobile. Sembra una statua di gesso. Le punto la torcia addosso, illuminandole il viso. Pur nell’oscurità, vedo che le sue guance che fino a poco prima erano rosse per l’eccitazione e il gran ridere sono diventate improvvisamente pallide. I suoi occhi sono spalancati come quelli di un gufo reale, ma anzichè muoversi con sicurezza, scrutano la presunta origine di quel fruscio con un’espressione quasi buffa.

Buffa un corno…!

Sì, eri davvero buffa! Allora, quella che si fa chiamare “LadyGhost” si volta, fa qualche passettino rapidissimo, si raggomitola dietro la mia schiena, mi infila la manina tremolante sotto il braccio e, con un sorriso molto strano, dice…  

Caron dimonio, con occhi di bragia…

Lo so che cosa ho detto…infieritore! T_T 

«Forse è meglio tornare domani con il sole, che dite?».

E scappa in direzione della macchina che se avesse corso i 100 metri sarebbe arrivata prima, lasciandoci da soli in balia del monaco fantasma. E noi lì a ridere, perché in fondo l’idea di raggiungere quel monastero cominciava a piacerci… Anche se, forse, l’idea di trovarci di fronte a questo monaco fantasma con gli occhi di brace come Caronte non sarebbe stato molto attraente…

E proprio LadyGhost, la cacciatrice di fantasmi, spaventata da un fantasma?  

Non era un fantasma, sarà stato un topo, e io i topi li odio. E poi era davvero meglio tornare con il sole, almeno così vedevamo dove mettevamo i piedi…

Dicono tutte così…E così si è conclusa quella notte in compagnia di Ladyghost.

E, per la cronaca, l’indomani ci siamo nuovamente recati al monastero. La distanza ipotizzata dalla “cacciatrice fantasmica” era più che approssimativa….tanto per dire, aveva ipotizzato pochi minuti di strada mentre alla fine c’è voluto moooolto più tempo…comunque, una visita meravigliosa…

…………………………tralasciamo i dettagli………………………..


Vero, ho rischiato che LadyGhost mi trasformasse in un Ghost, ma ne è davvero valsa la pena, visti poi i recenti sviluppi……….

…………………….stendiamo un velo pietoso anche su questo……………………..

ma….del monaco fantasma, nessuna traccia!

Mathias&Donata

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10 pensiero su “Una notte con Ladyghost”
  1. Ma per quale motivo non avete continuato insieme?
    Questo resoconto è incredibile e troppo interessante.
    Mi è piaciuto moltissimo, anche se non avete trovato alcun fantasma…
    Ciao Un bacione
    Angie

  2. @Melinda: grazie! in effetti è stata una bella esperienza,e abbiamo deciso di condividerla 😉

    @Soffio: grazie!

    @Nick: mi mancavi zietto!! che te ne pare di questo pezzo?

    @Mathias: grazie,nonostante tutto,grazie di cuore.

  3. Sì è davvero stato molto divertente questo esperimento,rileggendolo ho riso parecchio..che gran bella coppia eravamo! Buon 8 dicembre,spero tu stia bene,nonostante tutto,non è cangiato niente…La cap nan serv’ askitt a spart l’ recchiè! 😉

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